YES – The Quest
“Heaven & Earth” del 2014 non mi aveva molto convinto, si sentiva una band stanca e priva di idee fresche, riciclando ciò che gli Yes hanno seminato in più di 50 anni di carriera e anche i concerti a supporto di quell’album ripetevano quanto detto ad inizio recensione. Tornano con un contratto con l’Inside Out Music e creano un album che non fa urlare al miracolo, ma che piace e ci fa nuovamente parlare ad alta voce degli Yes. Sicuramente Billy Sherwood ha tenuto le redini in mano ma con uno Steve Howe che ha ricordato a tutti quali sono i passaggi armonici che piacciono ai fan della band inglese e ha ripreso a suonare la sua chitarra con passione oltre che con professionalità. Il risultato? “The Quest” piace e appassiona ad ogni ascolto e sembra che la band voglia puntare a quel sound di “Tormato” (1978) e “Drama” (1980). “The Ice Brige” parte con un intro di tastiere che può essere paragonato più agli Asia che agli Yes, ma di Yes c’e tanto nel proseguo del brano, si sente la chitarra di Steve Howe e il suo tocco particolare, il basso di Billy Sherwood lavora sodo e cerca di ripetere lo stile del mai troppo compianto Chris Squire e le tastiere di Geoff Downes sono più presenti e cercano di ricalcare le fantasiose atmosfere di Rick Wakeman e viene voglia di urlare ‘Bentornati Yes!!’.
Atmosfere più dilatate e romantiche in “Dare To Know”, brano che ha anche lunghe divagazioni strumentali anche tecniche e un forte gusto per il symphonic rock, con una parte orchestrale che ci riporta i primi due album degli Yes, “Yes” (1969) e “Time And A Wortld” (1969) e la voce di Jon Davison si avvicina sempre di più a quella di Jon Anderson (a volte anche fastidiosamente) e “Minus The Man”, dove la componente sinfonica è più marcata e la chitarra di Howe fa del tutto per non farci scordare gli Yes dei seventies. A seguire c’è “Leave Well Alone”, altra ottima song che unisce gli Yes di ieri e quelli di oggi e che ha una lunga e avvolgente parte strumentale che porta alla fine del brano e “The Western Edge”, dove nuovamente il connubio band/orchestra dà buoni frutti e grandi soddisfazioni. C’è anche “Future Memories”, con la chitarra acustica di Howe che accompagna la voce di Davison per la parte più acustica e folkloristica degli Yes.
“Music To My Ears” continua con momenti acustici e sinfonici e “A Living Island”, che chiude il primo CD e il sound rimane su momenti intimisti, acustici e di quel progressive rock che gli Yes hanno sempre fatto loro anche nei momenti più pop e alcune melodie mi hanno ricordato il miglior Al Stewart e il finale è Yes al 100%, emozionante con armonie vocali e un meraviglioso Steve Howe alla chitarra elettrica. Il secondo CD racchiude solo tre brani, “Sister Sleeping Soul”, che ripete un po’ le atmosfere di alcuni brani del primo CD e in questo caso con momenti più folk e pop, “Mystery Tour”, brano leggero, beatlesiano (penso intenzionalmente) ma piacevole e “Damage World”, forse il brano meno interessante e più scontato. Ora non so quale sarà il futuro degli Yes, se ci sarà un futuro, ma con “The Quest” confermano il significato del loro nome e dell’importanza che ha avuto nella storia non solo de progressive rock, ma anche del rock in generale. Dimenitcavo!! La meravigliosa copertina è sempre opera di Roger Dean.
FABIO LOFFREDO
Tracklist:
CD 1:
- The Ice Bridge
- Dare To Know
- Minus The Man
- Leave Well Alone
- The Western Edge
- Future Memories
- Music To My Ears
- A Living Island
CD 2:
- Sister Sleeping Soul
- Mystery Tour
- Damage World
Label: Inside Out Music/Sony Music
Genere: Progressive Rock
Anno: 2021
VOTO
Band:
Jon Davison: Voce
Geoff Downes: Tastiere
Billy Sherwood: Basso, voce e cori
Steve Howe: Chitarra elettrica e acustica
Alan White: Batteria, percussioni e cori
www.yesworld.com
https://www.facebook.com/yestheband
https://twitter.com/yesofficial
https://www.instagram.com/yesofficial/
Appassionato di musica sin da piccolo, ho cercato di esplorare vari generi musicali, ma è il metal, l'hard rock ed il rock progressivo, i generi musicali che più mi appassionano da molti anni. Chitarrista mancato, l'ho appesa al chiodo molto tempo fa. Ho mosso i primi passi nello scrivere di musica ad inizio anni 90, scrivendo per riviste come Flash (3 anni) e Metal Shock (ben 15 anni), qualche apparizione su MusikBox e poi il web, siti come Extramusic, Paperlate, Sdangher, Brutal Crush e Artists & Bands. I capelli mi si sono imbiancati, ma la passione per la musica è rimasta per me inalterata nel tempo, anzi molti mi dicono che non ho più speranze!!!!