Vök – Vök
È sempre un gran piacere poter spendere due parole su gruppi che pur non avendo raggiunto una eccessiva popolarità, ad ogni loro uscita riescano comunque a destare interesse per chi ami dedicarsi principalmente ad un ascolto di ricerca verso novità inconsuete (eh sì, esistono anche queste). Nel caso del trio islandese dei Vök (vincitore di un contest musicale in terra madre), che dopo i due interessanti Ep TENSION e CIRCLE (rispettivamente del 2012 e 2015 ed entrambi su Record Records) che hanno permesso loro di muovere i primi passi nell’industria discografica, giunse anche il momento del primo album FIGURE del 2017. Un esempio di elegante dream pop in grado di attirare un buon interesse anche nel continente, dove a giudicare anche da quell’imprescindibile termometro del gradimento che oggi è lo streaming, IN THE DARK (via Nettwerk Music come il precedente) e di soli due anni dopo, forse reo di aver strizzato maggiormente l’occhio al synth pop di matrice eighities, ricevette palesemente un’accoglienza più tiepida,
Margrét Ràn la vocalist che oggi risulta essere l’unica sopravvissuta della primissima formazione insieme a Einar Stef (bass & vocals) e a Bergur (drums), da seguito a quest’avventura con un terzo ed omonimo capitolo sul mercato proprio in questi giorni. Senza dubbio la possibilità di fare tour promuovendo i lavori pubblicati ha dato modo di assorbire quel che si respirava nell’aria, cimentandosi su atmosfere soft e meno abrasive degli esordi. Una consapevolezza delle proprie capacità che ha preso piede pian piano e che il trio ad oggi, pur non sventolando ai quattro venti una naturale propensione verso atmosfere rivoluzionarie, esprime sempre con competenza, capacità compositive ed esecutive verso suoni che riescono ad essere un punto di incontro tra il sogno e la realtà.
Facendo partire il tasto play, con Vök ci si immerge in atmosfere profonde ed oscure dall’impatto sonoro narcotizzante e languido in cui melodie suadenti e ritmica da accompagnamento fanno da contorno ad un linguaggio cantato che va dritto dall’anima al microfono. Un humus armonico trasognante ed evanescente che scorre piacevolmente senza intasamenti di sorta e dove un beat mai invadente, si fa strada verso sentieri emozionali in grado di far prendere forma ad orizzonti espressivi, mistificando la percezione dell’ascoltatore. Una vena pop pur se talvolta rischia di migrare nell’eccesso sempre presente, che contraddistingue brani come la soffusa “Cold” o la mitigata vivacità di “Headlights”, pur se volendo andare a colpo sicuro,una perfetta sintesi di quanto esprime il disco la si può trovare nella riuscita quasi completa dell’ammaliante “Something bad” e della suggestiva “Illuminating”.
Undici tracce pervase da un gusto dolce/amaro contrastante, dove atmosfere soffuse ed obnubilanti si alternano a suoni vivaci e sintetici facendo confluire il tutto in un mood a tratti festaiolo senza mai cadere nel generare artifici preconfezionati. Quaranta minuti della vostra giornata spesi al meglio che affermano l’importanza di un equilibrio tra musica e immagini, che favorisce al meglio l’esperienza dell’ascolto.
CLAUDIO CARPENTIERI
Tracklist:
Intro
Something bad
No coffee at the funeral
Cold
Lose control
Headlights
Skin
Stadium
Illuminating
Confidence
Lost in the weekend
Running wild
Credits:
Etichetta: Nettwerk Music Group, Bertus
Pubblicazione: 23 settembre 2022
VOTO
Band:
Margrét Rán (vocals)
Einar Stef (bass/guitar)
Bergur (drums)
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Nasco Ia Ferrara nel 1966 ma dopo alcuni anni per questioni di lavoro il mio papà si trasferisce a Roma dove attualmente vivo. Cresciuto come in molti della mia generazione con lo Zecchino D’Oro dell’indimenticato Mago Zurlì (in pancia però già scalciavo al ritmo di (I Can’t Get No) Satisfaction) muovendo i primi passi verso un ascolto di massa con trasmissioni come Discoring (ispirato al Top of the Pops inglese) e successivamente mi mostravo affascinato all’iperspazio dell’innovativo Mister Fantasy(condotto da Carlo Massarini). I primi amori? Dire Straits, The Police, Deep Purple e Supertramp. Ma nel mio bel mobile ove ancora oggi continuo a custodire ed a collezionare Lp e Cd l’eterogeneità regna sovrana e c’è sempre stato spazio per tutti! Al fianco di un disco di Dylan è facile trovare un album dei Duran Duran, come subito dopo i Van Halen trovare inaspettatamente i Visage, ma anche trovare come “vicini di casa” Linkin Park e Nirvana. Sì, la musica è bella perché varia e Tuttorock incarna al meglio un luogo magico dove la disuniformità del mondo delle sette note, non può non attrarre chi alla musica non ha mai posto confini. Keep the faith…