TETA MONA – Mad woman
Teta Mona è il nome d’arte di Teta Colamonaco nasce nella provincia di Bari. Giovanissima insieme a due giovani intraprendenti giapponesi come Koichi (basso e voce) e Niyan (chitarra e voce) dà vita al progetto indie-rock degli Screaming Tea Party, un trio che pubblicherà tra il 2006 ed il 2008 due validi Ep come Death Egg e Golden Blue. Dopo quattro anni vissuti a Londra ed essersi dedicata con tutte le proprie forze agli STP, nel 2007 si trasferisce a New York con il convinto intento di calcare le scene in veste solista, che prenderà definitivamente piede solo nel 2012. Dopo la collaborazione con il chitarrista degli Earth, Dylan Carlson, Teta Mona decide di riprendere contatto con la sua terra d’origine liberando quel desiderio di espressione per sonorità roots-rock e dub che negli ultimi anni è sembrato prevalere.
Mad Woman esce a distanza di quasi due anni dalla collaborazione con il conterraneo Prince Jaguar (vero nome Paolo Clementi) che ha dato vita all’interessante Ep Sheena. Un discorso musicale che attinge a piene mani dalla cultura giamaicana e che lascia scivolare senza fraintendimenti, un’aria comunicativa i cui riverberi mediterranei impattano dolcemente, non senza mescolarsi – evitando però di rifarsi al mero citazionismo, – ai seducenti odori che si respiravano nella Birmingham degli UB40. La musica è istinto e non è difficile scorgere tra le canzoni, sonorità in grado di rivelare inaspettatamente ascolti dedicati ai dondolii swing di mostri sacri quali Count Baisie o Lester Young, pur se in grado di compiacere un gusto tutto europeo. Una pacata successione di note e melodie capaci di racchiudere un ampio arco temporale in cui brani ed interludi, appaiono come forzatamente confinati in un dominante roots reggae che smaliziato sì, sembra però fuoriuscire dal guscio solo se accortamente diluito con suoni meno minimali. A chi risulteranno piacevoli le sfumature vocali di “Alibi” gradirà anche l’esoterica “Abracadubra” che insieme ai richiami ai Clash (era-“Sandinista“) di “Kaya“, sarà incuriosito dall’inaspettata versione di “Whiskey” (in prestito dalla nostra Mina ed uscito come singolo) in cui Teta Mona non nasconde quanto appreso dagli ascolti (magari sporadici), dedicati ad un’altro talento italiano seppur solo di origine: Gwen Stefani.
Una buona mezz’ora che fa di MW (scritto a quattro mani con il fido Prince Jaguar), un ‘appetibile lasciapassare per un atipico ma accattivante melange sonoro tra le esperienze assorbite dall’artista pugliese sulle due sponde dell’Atlantico, ma che non sarebbe stato così singolare senza il nutrimento e l’ispirazione a cui le Murge sembrano aver contribuito non poco.
CLAUDIO CARPENTIERI
Tracklist:
1.Intro (Stronger)
2.Mad Woman
3.Alibi
4.Wicked (Interlude)
5.Kaja
6.Rootical Love
7.Orologio
8.Interlude(Please be Kind)
9.Abracadubra
10.Interlude (Iamu)
11.Whiskey (Mina Cover)
12.Last Worls is Mine
Label: Garrincha Go Go
Pubblicazione: 2016
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Nasco Ia Ferrara nel 1966 ma dopo alcuni anni per questioni di lavoro il mio papà si trasferisce a Roma dove attualmente vivo. Cresciuto come in molti della mia generazione con lo Zecchino D’Oro dell’indimenticato Mago Zurlì (in pancia però già scalciavo al ritmo di (I Can’t Get No) Satisfaction) muovendo i primi passi verso un ascolto di massa con trasmissioni come Discoring (ispirato al Top of the Pops inglese) e successivamente mi mostravo affascinato all’iperspazio dell’innovativo Mister Fantasy(condotto da Carlo Massarini). I primi amori? Dire Straits, The Police, Deep Purple e Supertramp. Ma nel mio bel mobile ove ancora oggi continuo a custodire ed a collezionare Lp e Cd l’eterogeneità regna sovrana e c’è sempre stato spazio per tutti! Al fianco di un disco di Dylan è facile trovare un album dei Duran Duran, come subito dopo i Van Halen trovare inaspettatamente i Visage, ma anche trovare come “vicini di casa” Linkin Park e Nirvana. Sì, la musica è bella perché varia e Tuttorock incarna al meglio un luogo magico dove la disuniformità del mondo delle sette note, non può non attrarre chi alla musica non ha mai posto confini. Keep the faith…