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QUEEN – HOT SPACE

QUEEN – HOT SPACE

“Il disco brutto dei Queen!” (cit.)
Cari amici di Tuttorock oggi parliamo di un disco estremamente e , a mio avviso, ingiustamente criticato, bistrattato e addirittura ripudiato da buona parte di pubblico e critica.
Parliamo di Hot Space alias  “il disco brutto dei Queen”.
Nei primissimi anni ‘80 si era mostrata l’ennesima sfaccettatura del quartetto britannico. John Deacon aveva trascinato il gruppo in una direzione finora inesplorata, ossia le sonorità disco-funky molto più vicine alla black music che agli standard del periodo. Freddie Mercury modificava il suo stile vocale e Roger Taylor, seppur controvoglia, suonava col nastro adesivo sulla batteria, tutto per immergersi in quel nuovo sound. Sicuramente non il più in voga in quel momento, ma si sa i Queen non sono mai stati un gruppo “alla moda”. Ecco che quindi da questo incipit chiamato Another one bites the dust, singolo di The Game capace di portare i Queen sul tetto del mondo, che vede la sua origine “Hot Space”. Realizzato probabilmente in un periodo di depressione post gloria (il periodo di Monaco non era stato fra i più facili per Freddie), l’album è uno sprizzare di funky, con pezzi carichi di groove e sempre più ammiccanti alla disco e alla “musica dei neri”. La partenza con Stayng PowerDancerBack ChatBody Language è capace di far alzare il sedere dalla sedia i più restii alle sonorità danzerecce. Nella seconda parte del disco c’è un po’ più di diversificazione ma il ritmo non manca, fino ad arrivare al capolavoro Under Pressure, per il quale è inutile spendere parole. Raccontare un’opera dei Queen in poche righe sembra sempre come fare un torto alla musica e alla storia. Che dire riguardo all’appellativo di “disco brutto dei Queen”? Beh che sicuramente a molti, sia allora che oggi, non piacciono i cambiamenti e questo disco, come altri del gruppo, ne porta molti. In più all’epoca “Hot Space” anticipava i tempi, più tardi infatti Michael Jackson dirà di averlo trovato d’ispirazione per Thriller.
E poi beh fossero tutti così i dischi “brutti”!   

di Francesco Vaccaro