PIERS FACCINI – I dreamed an island
Pur se l’inconfutabile origine italiana che traspare dal nome provi a trasmettermi della familiarità sul disco che mi trovo di fronte, avere a che fare con Piers Faccini non è assolutamente facile. Parliamo di un ragazzone inglese cresciuto tra l’Inghilterra e la Francia (ove pare viva ora), con una formazione e crescita artistica non poco invidiabile e che ad oggi è capace di esprimere molto di sé stesso attraverso la pittura, l’unica attività che riesca amabilmente a svilupparsi di pari passo con la sua musica.
Il significato di musica nella scrittura di Faccini si amplia senza trovare confini e così nella coraggiosa e vincente semplicità segnata positivamente dall’esordio di “Leave No Trace” (2004). All più riflessivo seguito di “Tearing Sky” (2006), “Two Grains of Sand” (2009) arricchisce quanto già fatto, con una inclinazione stilistica verso ritmi e melodie che traggono ispirazione a tratti dal blues acustico di provenienza U.S.A., ma anche atmosfere british (Damien Rice) coniugate esemplarmente con certi odori mediterranei, che ne fanno scaturire una miscela magari non unica ma sicuramente interessante. Con l’ancor più profondo “My Wllderness” (2011) l’artista non tradendo le aspettative di chi lo segue dagli esordi, si fa ancor più personale e portavoce di una schiettezza espressiva che trova un giusto seguito, senza tradire la qualità compositiva che lo ha sempre contraddistinto, con il successivo “Between Dogs and Wolves” (2013).
L’occasione di gettarsi nuovamente nell’ intimo mondo del polistrumentista anglo-francese, è la pubblicazione del nuovo “I Dreamed An Island” in cui dieci nuove canzoni che rappresentano le molteplici esperienze di vita e da eterno errante dell’autore, vengono ad essere tradotte in parole e musica secondo il suo personale gusto. Un viaggio immaginario che consente di avvicinarsi ed esplorare molteplici culture, dalle atmosfere barocche all’universo tzigano combinato con il senso di spazio infinito che i ritmi tuareg riescono in maniera (quasi) unica a creare. E’ così “Judith” a portarci in una sognante atmosfera andalusa, mentre la decisa ritmica di “The Many Were More” segna la strada verso il superamento ogni prevedibile confine culturale con la mirabile interpretazione del popolare poeta algerino Malik Ziad. Al singolo “Bring Down The Wall” spetta di tirar giù presunte barriere tra mondi (anche solo) in apparenza distanti e al delicato incedere narrativo di “Cloak of Blue”, rimandare al Jeff Buckley che più abbiamo amato e prepararci alla ridondante coralità dall’andante blues di “Beloved”. L’amore per le atmosfere provenzali si può assaggiare nella tenue apertura di “Comets”, esempio di poesia popolare di altri tempi posta opportunamente dopo “Anima”, che si trasforma da brano pop in lingua inglese, in una ballata tradizionale con tanto di recitazione in dialetto palermitano, costruendo un immaginario ponte con quel paradiso (e punto di incontro) culturale che era la Sicilia nel XII° secolo che tanto ha ispirato il nostro per questo lavoro.
Preparazione strumentale e vocale che Piers lascia combinare e fluire con naturalezza, permettendo alla sua innata ispirazione una vicendevole penetrazione tra stili ed universi musicali che volendo peccare di approssimazione potremmo definire come world music. IDAI un album ben fatto in cui coabitano passione ed onestà espressiva ma anche grande voglia di esplorazione sonora. Consigliato per altro non solo agli amanti più mentalmente aperti a certe sonorità globali (ascoltare brani così interpretati in francese, inglese ed arabo su di un disco non è cosa facile!), ma anche a chi voglia -chiudendo gli occhi, – lasciarsi trascinare in un piacevole vortice di interminabili emozioni, da uno dei più promettenti ed insoliti cantautori del nostro tempo.
CLAUDIO CARPENTIERI
Voto 8.5/10
Tracklist:
1. To Be Sky
2. Drone
3. Bring Down The Wall
4. Cloak Of Blue
5. The Many Were More
6. Judith
7. Beloved
8. Anima
9. Comets
10. Oiseau
Release date: 21 OTTOBRE 2016
Label: BEATING DRUM/PONDEROSA MUSIC&ART
Distribuzione: MASTER MUSIC
I Dreamed An Island, credits:
Prodotto da Piers Faccini
All songs by Piers Faccini except*
*To Be Sky: music by Bijan Chemirani and Piers Faccini
Bring Down The Wall: lyrics in Salentino by Mauro Durante
The Many Were More: lyrics by Francesca Beard and Piers Faccini, music by Piers Faccini and Simone Prattico, poem My Sicily by Ibn-Hamdis
Judith: lyrics by Francesca Beard and Piers Faccini
Anima: lyrics in Palermitano by Fabrizio Cammarata
Arrangements for drums and percussions by Simone Prattico
Recorded by Piers Faccini at Fire Head Studios, Les Cevennes, France
Drums recorded at NGR, Roma, by Francesco de Nigris
Zampogna recorded at Daniele and Mauro Durante’s studio in Lecce
Baroque guitar and Theorbo recorded by Luca Tarantino in his home studio, Lecce
Mixed by Francesco de Nigris at NGR, Roma
Mastering by François Fanelli at Sonics Mastering, Marseille
Executive producer: Anais Ledoux
Photos: Piers Faccini
Artwork: Uncle 0
www.piersfaccini.com
www.facebook.com/piersfaccinimusic
www.instagram.com/piersfaccini
Nasco Ia Ferrara nel 1966 ma dopo alcuni anni per questioni di lavoro il mio papà si trasferisce a Roma dove attualmente vivo. Cresciuto come in molti della mia generazione con lo Zecchino D’Oro dell’indimenticato Mago Zurlì (in pancia però già scalciavo al ritmo di (I Can’t Get No) Satisfaction) muovendo i primi passi verso un ascolto di massa con trasmissioni come Discoring (ispirato al Top of the Pops inglese) e successivamente mi mostravo affascinato all’iperspazio dell’innovativo Mister Fantasy(condotto da Carlo Massarini). I primi amori? Dire Straits, The Police, Deep Purple e Supertramp. Ma nel mio bel mobile ove ancora oggi continuo a custodire ed a collezionare Lp e Cd l’eterogeneità regna sovrana e c’è sempre stato spazio per tutti! Al fianco di un disco di Dylan è facile trovare un album dei Duran Duran, come subito dopo i Van Halen trovare inaspettatamente i Visage, ma anche trovare come “vicini di casa” Linkin Park e Nirvana. Sì, la musica è bella perché varia e Tuttorock incarna al meglio un luogo magico dove la disuniformità del mondo delle sette note, non può non attrarre chi alla musica non ha mai posto confini. Keep the faith…