PAT METHENY – Dream box
Ridendo e scherzando Pat Metheny nativo del Missouri quest’anno compirà 68 anni giungendo a festeggiare in contemporanea quasi mezzo secolo di carriera. Più di 50 album e ben 20 Grammy Awards, senza dimenticare che i suoi inizi lo hanno visto pubblicare nel 1975 quel BRIGHT SIZE (per la neonata etichetta ECM) messo su nastro insieme a Jaco Pastorius quello che viene all’unanimità definito come il miglior bassista di sempre. Un grande merito quello del jazzer Pat, di aver contribuito alla diffusione di un genere mai giunto ad una popolarità di massa vera e propria. I primi passi mossi con il Pat Metheny Group e l’attività di insegnante al Berklee College of Music di Boston ne fanno un riferimento per colleghi ed ascoltatori che trovano nel chitarrista di Kansas City un geniale musicista, capace di creare collaborazioni anche insperate (Steve Reich, David Bowie e senza dimenticare Pino Daniele).
Una personalità che al di là della prevalente morbidezza dei suoni, può considerarsi vulcanica e che non ha mai sacrificato la qualità delle sue produzioni, attraversando decenni di storia senza dare adito a crisi creative e garantendo sempre regolari uscite discografiche. Pat riesce sempre a dar voce con la sua chitarra ad uno scorrere di note che mai diviene noia, sempre per merito di un’ispirazione che evita di defluire nella vacuità facendo prevalere la genuinità del mondo sonoro di cui è fautore.
Nonostante i decenni trascorsi a far musica e volendo scegliere una perfetta colonna sonora con cui attraversare un lasso di tempo così lungo, non avrei dubbi a citare come imprescindibili gli ascolti di AMERICAN GARAGE (ECM Records-1979) suggestivo ma allo stesso tempo ruspante, First Circle (CM Records-1984) dal variegato amalgama stilistico e il lavoro di Jim Hall e Pat del 1999, ove eleganza e freschezza creativa convergono in un tutt’uno. Anche il fiorire del terzo millennio porta con sé lavori degni di nota: THE WAY UP (Nonesuch 2005) che può essere considerato come un elaborato affresco sonoro che riprende con classe quanto realizzato agli inizi di carriera conferendogli un gusto contemporaneo e meritando appieno un grammy: A FROM THIS PLACE partorito nel 2020 (sempre in casa Warner Music!) il merito di proporsi come un lavoro sofisticato ove atmosfere gioiosamente melodiche si danno il cambio con passaggi infausti che propinano ricercatezza e voglia di novità.
Oramai a distanza di neanche due anni dall’acustico ROAD TO SUN Metheny immette sul mercato DREAM BOX che consta di nove brani senza nascondere di averli tirati fuori da un cassetto dimenticato e con l’obiettivo di farli di nuovo rivivere, conferendo loro il ruolo di immagini peraltro non remote, ma in grado di rappresentare a loro modo un insieme riuscito. The waves are not the ocean inaugura quest’ascolto presentandosi come fluido ed incentrato sulla ricerca dell’equilibrio tra le armonie dove l’accompagnamento solista risulta sempre onirico e meditabondo. Con Ole & Gard ci troviamo di fronte al puro stile del Pat più classico inteso come personale interprete di quel jazz in bianco e nero che ha sviluppato negli anni, mentre Trust your soul la cui quiete rivela che la centralità del suono è data dall’anima rivelandone appieno l’atmosfera da ballad. From the mountains che rivela quanto la cura e la lavorazione di Metheny non siano mai casuali così come la magia delle vellutate note che fluiscono confermano quanto come detto dall’autore, questo il riascolto di questo brano abbia fatto decollare l’idea di quest’ultimo album richiamando velatamente BEYOND THE MISSOURI SKY (Verve Rec. – 1997) realizzato con Charlie Haden. Tra i brani proposti troviamo anche materiale altrui come accade Never was love (Russ Long), I Fall in love to easily (Styne/Cahn) e Manha de Carnaval (Bonfà/Maria), che nonostante l’ampio arco temporale che ne caratterizza il concepimento, la capillare rielaborazione methenyana conferma quanto non sempre la lavorazione congiunta su di una fondamentale traccia ritmica prima e su quella melodica poi, pur soddisfacendo l’amante di un genere non sempre porti una facilità di approccio al neofita. Quanto appena detto calza a pennello per P.C. of Belgium dove nella fluidità di note sinuose, si fa strada un certo manierismo che rende più difficile quel senso di messa a fuoco sognante che riemerge in Clouds can’t change the sky che chiude il disco senza colpi di scena.
La scatola del sogno a cui allude Pat Metheny è la sua chitarra hollow body ed i brani proposti non possono che trasmettere tranquillità pur manifestandosi poco immediati almeno a parere di chi scrive, lasciandosi comunque apprezzare dagli affezionati del genere ma un po’ meno per coloro che non hanno familiarità col genere proposto.
Disco diretto a tutti ma non per tutti!
CLAUDIO CARPENTIERI
Tracklist:
- The Waves Are Not the Ocean
- From the Mountains
- Ole & Gard
- Trust Your Angels
- Never Was Love
- I Fall in Love Too Easily
- P.C. of Belgium
- Morning of the Carnival
- Clouds Can’t Change the Sky
Credits:
Etichetta: BMG
Pubblicazione: 16 giugno 2023
VOTO
Band:
Pat Metheny
https://www.patmetheny.com
https://www.facebook.com/PatMetheny
https://twitter.com/patmetheny
Nasco Ia Ferrara nel 1966 ma dopo alcuni anni per questioni di lavoro il mio papà si trasferisce a Roma dove attualmente vivo. Cresciuto come in molti della mia generazione con lo Zecchino D’Oro dell’indimenticato Mago Zurlì (in pancia però già scalciavo al ritmo di (I Can’t Get No) Satisfaction) muovendo i primi passi verso un ascolto di massa con trasmissioni come Discoring (ispirato al Top of the Pops inglese) e successivamente mi mostravo affascinato all’iperspazio dell’innovativo Mister Fantasy(condotto da Carlo Massarini). I primi amori? Dire Straits, The Police, Deep Purple e Supertramp. Ma nel mio bel mobile ove ancora oggi continuo a custodire ed a collezionare Lp e Cd l’eterogeneità regna sovrana e c’è sempre stato spazio per tutti! Al fianco di un disco di Dylan è facile trovare un album dei Duran Duran, come subito dopo i Van Halen trovare inaspettatamente i Visage, ma anche trovare come “vicini di casa” Linkin Park e Nirvana. Sì, la musica è bella perché varia e Tuttorock incarna al meglio un luogo magico dove la disuniformità del mondo delle sette note, non può non attrarre chi alla musica non ha mai posto confini. Keep the faith…