MASSIMO ZAMBONI – La macchia mongolica
Credo che un artista, per essere davvero definito tale, debba muoversi ed esplorale indifferente dell’opinione pubblica e del mercato, i vasti territori del suo settore, percorrere le lande desolate della sperimentazione fino raggiungere la vetta del successo personale, cambiare pelle più volte, morire e rinascere. Appartiene a questa schiera di impavidi musicisti il caro Massimo Zamboni, classe ’57, chitarrista e cantautore italiano, fuoco di gruppi storici italiani come CCCP e C.S.I., il padrino del punk rock italiano, come molti lo hanno definito, punto d’ispirazione per molti. Il percorso artistico di Zamboni affonda le origini nella Berlino del 1982, in piena epoca new wave e punk, tra borchie chitarre mordenti e testi “filo-sovietici e melodie-emiliane” come egli stesso ha suggerito, dalle cui ceneri e polveri (del muro di Berlino) prenderà vita un nuovo gruppo il: Consorzio Suonatori Indipendenti (C.S.I.), e tra scioglimenti, varie reunion e collaborazioni in pellicole e libri e progetti solista, l’autore scopre qualcosa che gli cambierà la vita (incluso il desiderio di avere un figlio, desiderio avverato due anni dopo), e il cambiamento avviene in Mongolia, circa vent’anni fa.
A distanza di vent’anni Massimo decide di ritornare in Mongolia, e da questa nuova esperienza tra i labirinti della natura e i meandri del pensiero nasce un film, un libro, un album. Un mistico viaggio immerso nella natura e nei sentimenti costituito da 13 tracce per un totale di 41 minuti, attraverso musiche per lo più strumentali dove l’armonia rilassa e dilata il piacere (siamo ben lontani da distorsioni, rullate, e testi antisociali). Morbide chitarre si uniscono a strumenti a fiato archi, elettronica…e natura, per un ascolto che si dimostra meditativo, come un viaggio interiore in sospeso nel tempo. Unico pezzo cantato dell’album è la decima traccia “Lunghe d’Ombre”, in cui il testo spiega il vero significato di questo disco e del lavoro di Zamboni: “vivere comprende la rinuncia a conversare”.
Un’opera affascinante e assoluta, che ribadisce la maturità artistica di un musicista dalla completa padronanza della strumentazione. La macchia mongolica, può essere definito un Concept Album, dove il filo conduttore e trama è la scoperta di sé stessi attraverso l’ascolto e la meditazione, accompagnati dalla completezza della musica.
LEONARDO DeLARGE
Tracklist:
- Ome Ewe (02:44)
- La Macchia Mongolica (03:12)
- Heavy Desert (02:42)
- Sugli Altaj (02:56)
- Djinn (02:44)
- Altopiano Ruota (03:30)
- Casco In Volo (04:58)
- Shu (02:58)
- Huu (02:50)
- Lunghe D’ombre (02:54)
- Khovd (03:45)
- I Cammelli Di Bactriana (03:40)
- Mongolia Interna (02:47)
Credits:
Etichetta: Universal Music
Pubblicazione: 31 gennaio 2020
Band:
Massimo Zamboni – voce, chitarra
http://www.massimozamboni.it
https://www.facebook.com/pg/massimozambonipaginaufficiale
Nato sotto le stelle del 06 dicembre 1993 a Trani (BT) è appassionato di ogni forma d’arte fin da piccolo, dal 2018 è l’autore di vari racconti fantastici e surreali tra cui: “FigaPower - In cerca d’Amore”, “C’era una volta la Musica” e “Corsa nella Notte” che l’inseriscono nell’ambiente underground letterario italiano; nel 2021 è pubblicata la sua prima raccolta: Eroi e Fregature a cui segue nel 2023 Birre, Rose e Fantasia. Dal 2020 la passione e devozione per la musica lo conduce a intraprendere una collaborazione con TuttoRock, arricchendo l’area blog e recensioni.