ARNY MARGRET – They only talk about the weather
La copertina di un album come le relative immagini a corredo per la presentazione di un artista, spesso offrono indizi più che chiari sul disco che si andrà ad ascoltare. Capelli castano scuro ben oltre le spalle ed un’espressione del viso tra il serio e il delicato allo stesso tempo, che trasmette incuriosisce chi osserva, caratterizzano Arny Margret, cantautrice islandese che esordisce sul mercato con il disco THEY ONLY TALK ABOUT THE WEATHER.
Come i suoi fratelli, ha frequentato la scuola di musica, lei dall’età di sei anni dopo aver messo le mani su di un pianoforte, a cui prediligerà la chitarra su cui ha concentrato tutte le sue energie e dedicandosi in maniera naturale alla scrittura di brani che sembravano fuoriuscire senza alcuna forzatura. Un impegno che l’ha portata ad approfondire lo strumento che ha scelto poi come compagno delle sue creazioni in note.
L’album che esce proprio in questi giorni di autunno permette ad Arny di esprimere quanto sente dentro, attraverso una musicalità dal carattere opaco che si fonde con lo stile da storyteller del suo tempo. Un ruolo di imprescindibile narratrice quello della giovane islandese che oltre alla sua fida sei corde, vanta anche incursioni di basso, batteria e pianoforte che esaltano sentimenti pacati e mesti, che se dosati di qualche sprazzo di vivacità in più, non avrebbero minimamente intaccato l’omogeneità del suono d’insieme.
Un ascolto che trasmette primordiali accenti dylaniani e la sofferenza del blues, senza mai voler accampare superiorità alcuna e senza peraltro pretendere di rinnovare in toto, uno dei generi più battuti nella storia della musica nonostante l’avvicendarsi delle mode. Le due lingue che muovono le capacità di Arny sono la voce e l’accompagnamento alla chitarra, che mettono le basi per l’alternarsi di composizioni in cui ad emergere è una fluidità narrativa come in “Whatever it means” e “Sniglar” o la malinconia magnetica di “Cold aired breeze” e “Wind was blowing”, che sono unite da quel filo tenue di contemplazione intima che prende forse troppe (?) volte il sopravvento. Il lento incedere di “Ties” ci mostra un brano a mezz’aria dove la poesia e i gongolamenti vocali riescono ad incontrarsi naturalmente, mentre “Balcony” sicuramente tra le canzoni più intime dell’album, fa apprezzare senza sforzi “The world beetween us”, capace di rimandare alla magia degli arpeggi di un certo Paul Simon ed anche per questo in grado di mirare ad un più ampio pubblico.
Un lavoro che nel suo complesso ci propone musica che si rifà ad una tradizione popolare che non richiede apprendistati infiniti, alla cui dotata autrice possiamo però perdonare le comprensibili imperfezioni per via della giovane età, senza privarci di scoprire magari con il tempo, quella che potrebbe diventare una ricchezza che prende corpo nell’ombra.
CLAUDIO CARPENTIERI
Tracklist:
Whatever it means
Cold aired breeze
Balcony
Sniglar
Wind was blowing
The world is between us
They only talk about the weather
Ties
Untitled
Abandoned
Credits:
Pubblicazione: 21 ottobre 2022
Label: One Little Independent Records , Bertus
VOTO
Band:
Arny Margret
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Nasco Ia Ferrara nel 1966 ma dopo alcuni anni per questioni di lavoro il mio papà si trasferisce a Roma dove attualmente vivo. Cresciuto come in molti della mia generazione con lo Zecchino D’Oro dell’indimenticato Mago Zurlì (in pancia però già scalciavo al ritmo di (I Can’t Get No) Satisfaction) muovendo i primi passi verso un ascolto di massa con trasmissioni come Discoring (ispirato al Top of the Pops inglese) e successivamente mi mostravo affascinato all’iperspazio dell’innovativo Mister Fantasy(condotto da Carlo Massarini). I primi amori? Dire Straits, The Police, Deep Purple e Supertramp. Ma nel mio bel mobile ove ancora oggi continuo a custodire ed a collezionare Lp e Cd l’eterogeneità regna sovrana e c’è sempre stato spazio per tutti! Al fianco di un disco di Dylan è facile trovare un album dei Duran Duran, come subito dopo i Van Halen trovare inaspettatamente i Visage, ma anche trovare come “vicini di casa” Linkin Park e Nirvana. Sì, la musica è bella perché varia e Tuttorock incarna al meglio un luogo magico dove la disuniformità del mondo delle sette note, non può non attrarre chi alla musica non ha mai posto confini. Keep the faith…