Andrew McMahon in the Wilderness – Tilt at the Wind no more
Quando meno te l’aspetti capita di trovarsi tra le mani dischi di cui mai avresti immaginato l’esistenza. Probabilmente un progetto a nome Andrew McMahon In The Wilderness mi sarebbe sfuggito se non mi fosse stato proposto per così dire, in extremis. McMahon nonostante i suoi appena 40 anni di età, può già considerarsi un vero e proprio veterano della scena musicale indie d’autore. Nato in Connecticut e vissuto brevemente nel New Jersey, si trasferirà nella metà degli anni ’90 con la famiglia ad Orange County in California.
Fondatore insieme ad alcuni suoi fidi amici nei primi anni ‘00 degli alternative emo-core Something Corporate pubblicando ben tre dischi con ottimi riscontri di pubblico e critica. Chiuso il capitolo SC, Andrew McMahon a cui viene riconosciuto oltre che il talento di pianista anche quello di instancabile autore, guida il progetto Jack’s Mannequin con cui pubblicherà EVERYTHING IN TRANSIT (Maverick Records -2005) debuttando al 37esimo posto su Billboard, poco prima che gli venisse diagnosticata la leucemia linfoblastica, che nonostante le cure non riuscì a tenere lontano McMahon dall’attività di scrittura e produzione. Un’attività che lo portò a porre ancor di più le basi per muoversi sulle proprie gambe che ebbe come primo passo l’uscita interamente a suo nome dell’acerbo Ep THE POP UNDERGROUND (Left Here Music – 2003) e di lavori sicuramente più coesi e più riusciti come ZOMBIES ON BROADWAY (Vanguard – 2017) e UPSIDE DOWN FLOWERS (Vanguard – 2018) come Andrew McMahon in the Wilderness.
Un’attesa di cinque anni ci porta al nuovo TILT AT THE WIND NO MORE, che è ancor di più sintesi degli alti e bassi esistenziali vissuti dall’artista, in cui la creazione del nuovo materiale si rivela come la terapia più indovinata per attraversare le difficoltà e rappresentando nel contempo un incoraggiamento a vivere al meglio gli obiettivi personali raggiunti: raggiungimento della decade degli anta, la crescita di una figlia ed i 15 anni di matrimonio. Tappe di rilevanza ineguagliabile che attraverso 11 brani in cui i sintetizzatori la fanno da padrone senza annoiare, si diffonde anche una capacità di scrivere che fa capo alla canzone di autore a stelle e strisce che oggi come oggi trova in gente come The Rocket Summer, e Walk the Moon dei validi portabandiera.
“Skywriting” ha un ritmo propulsivo ed un frizzante andamento vocale che non lascia indifferenti come la sensuale “Stars” ove la lezione impartita dai Coldplay incoraggia a seguire la melodia guida del ritornello che – senza offendere, – potrebbe in futuro diventare perfetto per una serata da karaoke. Con il synth-pop di “Lying on the Hood of Your Car” il musicista di Concord si getta a piene mani in quella che lui stesso ha definito un’operazione nostalgia, affidando al testo la narrazione intima di un segreto che permette ai protagonisti di guardare indietro agli accadimenti del passato da due differenti punti di osservazione, vivendo i protagonisti un momento magico riuscendo a fuggire dalla realtà (You said this town’s too small to dream in But if we never leave We’ll never know I said “there’s nothing here for me and You’re the pilot I believe in Time to go” Nowhere but we made it so far ).
C’è anche tempo per momenti fatti di esclusività confidenziale come “Built to last”, una ballata al piano suonata con cotanta grazia e leggerezza che contraddistingue anche “New friends” ove l’intensità emotiva viene a dipanarsi per l’interno brano nonostante la prevedibile successione delle note suonate. Ad intraprendere una vera e propria incursione nel passato alzando l’indice del gradimento del disco ci pensa “VHS”, dove il trascinante cantato unitamente all’accelerazione ritmica ne enfatizza la versatilità vocale rendendola forse tra le canzoni più avvincenti ascoltate sino ad ora.
Un album che porta a guardarsi dentro e che mostra una autore che non deluderà i suoi fedelissimi, dandoci modo di pensare che per la sua multiformità tante cose belle potranno ancora venire. Prestategli un orecchio.
CLAUDIO CARPENTIERI
Tracklist:
- Lying On The Hood Of Your Car
- Skywriting
- Stars
- Submarine
- Built To Last
- New Friends
- Little Disaster
- Last Rites –
- VHS
- Nobody Tells You When You’re Young
- Smoke & Ribbons
Credits:
Pubblicazione: 31 marzo 2023
Label: Nettwerk Music, Bertus
VOTO
Band:
Andrew McMahon In The Wilderness
McMahon: voce solista, piano
Bobby Anderson: chitarra
Jay McMillan: batteria
Mikey Wagner: basso
Zac Clark: tastiere
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Nasco Ia Ferrara nel 1966 ma dopo alcuni anni per questioni di lavoro il mio papà si trasferisce a Roma dove attualmente vivo. Cresciuto come in molti della mia generazione con lo Zecchino D’Oro dell’indimenticato Mago Zurlì (in pancia però già scalciavo al ritmo di (I Can’t Get No) Satisfaction) muovendo i primi passi verso un ascolto di massa con trasmissioni come Discoring (ispirato al Top of the Pops inglese) e successivamente mi mostravo affascinato all’iperspazio dell’innovativo Mister Fantasy(condotto da Carlo Massarini). I primi amori? Dire Straits, The Police, Deep Purple e Supertramp. Ma nel mio bel mobile ove ancora oggi continuo a custodire ed a collezionare Lp e Cd l’eterogeneità regna sovrana e c’è sempre stato spazio per tutti! Al fianco di un disco di Dylan è facile trovare un album dei Duran Duran, come subito dopo i Van Halen trovare inaspettatamente i Visage, ma anche trovare come “vicini di casa” Linkin Park e Nirvana. Sì, la musica è bella perché varia e Tuttorock incarna al meglio un luogo magico dove la disuniformità del mondo delle sette note, non può non attrarre chi alla musica non ha mai posto confini. Keep the faith…