AETHERNA – Darkness land
Tra i rumours del sottobosco musicale romano era già da un po’ che circolava la notizia sulla realizzazione di questo lavoro del gruppo capitolino. Un disco che giunge perciò come tappa fondamentale e punto di arrivo dei quattro anni che hanno contraddistinto la vita della band, travagliata (eh sì, trovare una cantante all’ ”altezza”, ai tempi d’oggi non è cosa facile), ma anche favorevole dal punto di visto evolutivo per la proposta musicale. Gli inizi come cover band, che da sempre caratterizzano il periodo iniziale della vita artistica di un gruppo/cantante, hanno sicuramente aiutato il gruppo nel palesare una preferenza per un sound robusto dall’atmosfera plumbea che per comodità (ma anche un po’ forzatamente) potremmo immettere nel calderone alternative. Non era difficile riscontrare durante gli energici live proposti nei quattro anni di vita del gruppo oscillare tra brani come “Enjoy The Silence” (secondo il verbo di Cristina Scabbia!), “Swamped” (ancora Lacuna Coil, a cui hanno anche fatto da opening band al Langhe Rock Festival il 15 giugno 2019), l’hit single “Going Under” (Evanescence) o “Elan” (Nightwish), ma anche la diversità pop di “Zombie” (Cranberrries) ed “Hedonism” (Skunk Anansie), non senza un doveroso riconoscimento storico rappresentato con “Thank You” (Led Zeppelin), “Highway To Hell” (AC/DC) e “Knockin’ On Heaven’s Door” (Bob Dylan).
Un percorso quello degli Aetherna, in cui viene fatto tesoro di un patrimonio fatto di influenze, ma anche di date live di notevole importanza (Michael Angelo Batio e David Ellefson ne rappresentano sicuramente gli apici) sfociano quanto ad approccio a questo lavoro, ove il metal nell’accezione più ampia del termine diviene il denominatore comune. Non da meno, l’ambito concettuale e lirico che poggia su di un suono maniacalmente oscuro dove la drammaticità ed un’intensità struggente vengono ad essere enfatizzate dal registro vocale della particolare ed efficace voce di Germana Noage. Il fragore introduttivo di “Event Horizon” inaugura l’atteso esordio della band romana, riassumendo alla perfezione le proprie coordinate stilistiche, che pur muovendosi nei meandri di un sound (rado) e tagliente, non manca mai di illuminare ed ammaliare per via di un’onnipresente atmosfera cinerea che ne personalizza la proposta. Un gran bel biglietto da visita, a cui l’eterogeneità sonora di “Overdream” non può fare che da ideale seguito, nonostante una debordante struttura strumentale dove trovano spazio dilatazioni pinkfloydiane ed intuizioni progressive che in futuro meriterebbero di valicare frontiere ad oggi forse impensabili. Probabilmente “Lord of Sin” pur rivelando un approccio chiaramente hard’n’heavy non rifugge da un afflato di modernità senza sminuire l’efficacia degli assoli che rimandano all’Hetfield più insidioso. Grande capacità di fondere melodie molto rock oriented a soluzioni multiformi che dà vita a brani di qualità il cui retrogusto gotico a vantaggio di una solidità vera ne forgia icasticamente i tratti chiaroscurali. Il tappeto di tastiere di “Devil’s Lullaby” (che meriterebbe di divenire il terzo estratto) ci introduce ad una traccia che dai sussurri iniziali genera un forte crescendo nella strofa, preparando l’ascoltatore ad un ritornello al servizio delle suadenti lyrics e ad una successione di assoli tanto diversi quanto complementari. Quasi due minuti di introduzione strumentale prima che “Sounds from Nowhere” (già in versdione radio edit dal 4 giugno come lyric video), guidata da un’accattivante miscela tra il cantato di Germana e riffs scolpiti nella roccia, confezionino una song uno tra i più irresistibili ritornelli dell’album. Nonostante una gran qualità che distingue tutte le tracce, alla title-track (con tanto di official video) spetta sicuramente il Leone d’Argento per essere il brano ove a momenti trasognanti si alternano con invidiabile puntualità sfuriate ritmiche su cui si innesta la poesia struggente e drammatica del testo, racchiudendo in circa sette minuti l’essenza musicale del gruppo.
L’uscita dell’album è sicuramente un primo passo attraverso il quale i cinque musicisti si presentano al grande pubblico, sfruttando a dovere l’occasione con una contemporanea attività live di promozione ad alto impatto in cui profondere la propria inquieta identità personale, sempre ben dosata con i propri gusti personali per cui la sorprendente (ed inaspettata?) versione del classico duraniano ”The Chauffeur” – posta per altro in chiusura di disco, – arricchisce un lavoro vivamente consigliato. Rincorrete l’acquisto di questa prima stampa, perché quando verrà corretto l’errore di stampa del brano dei Duran Duran sulla back cover, il valore della vostra copia volerà alto come la meritata fama degli Aetherna!
CLAUDIO CARPENTIERI
Tracklist:
01. Event horizon
02. Darkness Land
03. Sounds From Nowhere
04. Devil’s Lullaby
05. Overdream
06. Lord Of Sin
07. The Chauffeur
Credits:
Etichetta: Elevate Records
Pubblicazione: 18 ottobre 2019
VOTO
Band:
Germana Noage: vocals
Vincenzo Zappatore: lead and rhythm guitars
Vittorio Davide Flumeri: rhythm guitars
Marco Di Marco: bass
Luigi Iesu: drums
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https://www.youtube.com/watch?v=yVc-ToHUFEs
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Nasco Ia Ferrara nel 1966 ma dopo alcuni anni per questioni di lavoro il mio papà si trasferisce a Roma dove attualmente vivo. Cresciuto come in molti della mia generazione con lo Zecchino D’Oro dell’indimenticato Mago Zurlì (in pancia però già scalciavo al ritmo di (I Can’t Get No) Satisfaction) muovendo i primi passi verso un ascolto di massa con trasmissioni come Discoring (ispirato al Top of the Pops inglese) e successivamente mi mostravo affascinato all’iperspazio dell’innovativo Mister Fantasy(condotto da Carlo Massarini). I primi amori? Dire Straits, The Police, Deep Purple e Supertramp. Ma nel mio bel mobile ove ancora oggi continuo a custodire ed a collezionare Lp e Cd l’eterogeneità regna sovrana e c’è sempre stato spazio per tutti! Al fianco di un disco di Dylan è facile trovare un album dei Duran Duran, come subito dopo i Van Halen trovare inaspettatamente i Visage, ma anche trovare come “vicini di casa” Linkin Park e Nirvana. Sì, la musica è bella perché varia e Tuttorock incarna al meglio un luogo magico dove la disuniformità del mondo delle sette note, non può non attrarre chi alla musica non ha mai posto confini. Keep the faith…