Now Reading
“Fuori tempo Vol.1 Barchette di carta” è il primo Ep di Benedetto Pennato

“Fuori tempo Vol.1 Barchette di carta” è il primo Ep di Benedetto Pennato

BENEDETTO PENNATO

“Fuori tempo Vol.1 Barchette di carta” è il primo Ep del cantautore toscano

In radio il nuovo singolo “Finalmente libero” (Etichetta: ondepop)

 

In contemporanea con l’uscita del primo Ep “Fuori tempo Vol.1 Barchette di carta” ecco il nuovo singolo del cantautore Benedetto Pennato intitolato “Finalmente libero”.

Questo brano, che esce dopo il precedente singolo radio “Gone Too Soon (Song for a Singing Greek)”, è firmato da Benedetto Pennato e Simone D’Argliano, arrangiato da Lorenzo Fiorentino e impreziosito dalla splendida copertina del fumettista Bonelli Alfredo Orlandi.

Conosciamo meglio l’artista.

Ciao Benedetto, parlaci di questo progetto discografico. Da dove parte e come si sviluppa?

Ciao Francesca, un saluto a te e ai lettori di Tutto Rock. Questo progetto discografico nasce da molto, molto lontano… in embrione tra i miei sogni c’era già nei primi anni ’90, quando, poco più che ventenne, è cominciata la mia collaborazione artistica con gli amici Simone D’Argliano e Luigi Messina. Un paio di quei brani, rivisti nel corso degli anni, sono entrati a far parte  di questo Ep, altri sono comunque stati in lizza per farne parte e probabilmente saranno inclusi in un prossimo “Fuori tempo Vol.2”… Il lavoro in studio, però, è iniziato in tempi molto più recenti, a cavallo tra il 2018 e il 2019, quando con Lorenzo Fiorentino abbiamo cominciato ad riarrangiare “Siamo caduti in tanti”, il primo inedito che ho pubblicato come singolo in solitaria.

Descrivi ogni traccia dell’Ep

Seguendo la tracklist…

“Uomo occidentale” (Pennato/D’Argliano), la traccia di apertura, è un  brano nato di getto nei giorni del lockdown. E’ una ballata acustica con venature folk sulla fragilità e sulla presunzione della nostra società, che rimanda al cantautorato italiano e francese degli anni ’70. “Convinti che niente ci potesse far male, fragili foglie d’autunno contro il vento che sale, barchette di carta che sfidano il mare”

“Finalmente libero” (Pennato/D’Argliano), l’estratto attualmente in rotazione radiofonica, è invece un pop uptempo leggero e divertito che racconta della fine di una storia d’amore e della presa di coscienza che è arrivato il momento di riaprirsi al mondo e tornare a sbagliare, cantare e ridere. La prima stesura risale alla seconda metà degli anni ’90, ma è stato profondamente rivisto in fase di produzione, sia per quanto riguarda la struttura sia nel testo. “Libero, finalmente libero, ho rimesso il cuore online… non mi importa chi amerai”.

“Siamo caduti in tanti” (Pennato/Messina) è il brano più vecchio e con più storia del lotto. Un pop/rock scritto nella prima metà degli anni ’90 sulle promesse tradite dalla vita, in bilico tra rabbia e malinconia, che ho proposto (senza successo) per le selezioni di Sanremo Giovani del 2010. “Siamo caduti in tanti dalle stelle della nostra infanzia… e nei pugni resta solo rabbia da spaccare contro un muro…”.

“Qui per te” (Pennato/Fiorentino) lo definirei una carezza piano e voce, una promessa di vicinanza… “Se avrai bisogno di una mano da stringere, di un abbraccio, di una spalla per piangere, io ci sarò per te”.

“Gone Too Soon (Song for a Singing Greek)” (Pennato/Fiorentino) è l’ultimo pezzo che ho scritto in assoluto. E’ una ballata acustica con riminiscenze R&B dedicata a George Michael, nata da un gioco di rimandi incrociati tra la sua musica e ricordi della mia adolescenza. “There’s a whisper in the air of this strange June that’s bringing back the echoes of my youth, that speaks of You, Singing Greek gone too soon”.

Qual è il primo brano che hai scritto in assoluto e come è cambiata la tua musica da allora?

Il primo brano (o meglio testo, dato che prevalentemente mi occupo di quell’aspetto compositivo) che ho scritto in assoluto durante la mia adolescenza, se non ricordo male, si intitolava “Te lo dirò” ed è nato sulla spinta emotiva del film “The day after”, una pellicola che raccontava la vita dei sopravvissuti dopo un olocausto nucleare e che mi colpì tantissimo… una tematica tornata tristemente di attualità… A rileggere ora  quei versi e altri di quel periodo mi colpisce l’ingenuità e la mancanza di struttura, ma anche la freschezza di alcune idee… c’era molto istinto e poca cura dei particolari (scelta delle parole, struttura ritmica, sonorità). Oggi quando scrivo, pur assecondando sempre il lato istintivo, la cosiddetta ispirazione, sono molto più rigoroso ed ho un maggiore controllo del flusso creativo. A 51 anni e con lo studio e le esperienze fatti, penso di aver raggiunto una maturità sia compositiva che interpretativa (oltre che personale) che si riflette nelle mie canzoni.

Chi sono i cantautori di riferimento ed ai quali ti senti più vicino?

I miei riferimenti ricadono prevalentemente nella musica pop-cantautorale degli anni ’70/’80… Limitandomi a pochi nomi, in ordine sparso posso ricordare Roberto Vecchioni, Gianni Togni e Renato Zero per quanto riguarda la scena italiana e Phil Collins e George Michael per quella internazionale. Sono sempre stato però un grande “onnivoro” musicalmente parlando ed i miei ascolti sono stati molto vari e diversificati nel corso degli anni, arrivando a maturare uno stile direi personale, che non vuole rifarsi a nessuno in particolare.

Quanto ha influito la pandemia nella tua musica?

Molto. Il singolo “Siamo caduti in tanti” è uscito nel marzo del 2020 proprio nei primi giorni di lockdown e in quella situazione così drammatica sinceramente non mi è sembrato opportuno promuoverlo. Inoltre è stato impossibile portare avanti il lavoro in studio, dovendo pertanto rinunciare all’idea di chiudere la produzione dell’Ep con la fine del 2020. Per non fermarmi del tutto così ho piano piano organizzato un piccolo studiolo casalingo per registrare le voci, in modo da poter riprendere il lavoro con Lorenzo anche se a distanza e con qualche difficoltà e lentezza in più. Anche il lato compositivo ne ha risentito in modo pesante. Senza dubbio le emozioni di questi ultimi anni sono state un forte stimolo creativo, ma al contempo il mio sguardo sul mondo si è fatto più disincantato e malinconico e l’eco di tutto ciò si può probabilmente percepire nelle ultime canzoni scritte.

Sei un professore di Scienze Biologiche, riesci a conciliare Musica e lavoro?

Ovviamente non è una cosa semplice, perché il lavoro dell’insegnante assorbe moltissimo e non si limita certo alle sole ore di lezione frontale che si svolgono la mattina in classe. Ho però sempre cercato di ritagliarmi dei piccoli spazi sia per continuare a studiare sia per scrivere e più recentemente per il lavoro in studio. Più difficile invece portare avanti l’attività live, che anche a causa della pandemia, in questi ultimi anni si è praticamente fermata. Spero di riuscire a riprenderla in un futuro non troppo remoto.

C’è un cantante della nuova generazione che ti piace? In caso perché?

Non è proprio annoverabile tra le nuove leve, anche se la sua notorietà è cresciuta molto solo in questi ultimi anni, ma il primo nome che mi viene in mente è Brunori Sas. Apprezzo moltissimo il suo modo di leggere la realtà che ci circonda in modo asciutto e a volte crudele, ma al tempo stesso poetico e il suo saper mescolare con grande naturalezza tematiche personali e sociali. Tra i giovanissimi seguo con particolare curiosità La Rappresentante di Lista, mia concittadina ed ex studentessa della Scuola in cui insegno. La trovo molto brava e preparata e fa piacere vedere che anche da una piccola cittadina come la nostra sia stato possibile raggiungere il grande pubblico ed arrivare a calcare un palcoscenico importante come quello del Teatro Ariston di Sanremo. E per salutarvi quindi a modo suo… con le mani ciao ciao!