FABIO CINTI – IL NUOVO SINGOLO “GIORNI TUTTI UGUALI”
Fabio Cinti annuncia un nuovo singolo. S’intitola “GIORNI TUTTI UGUALI” e uscirà il 28 febbraio sulle piattaforme di streaming e negli store digitali. Si tratta del primo estratto dal nuovo album che il cantautore pubblicherà ad aprile per Private Stanze.
GIORNI TUTTI UGUALI, di Fabio Cinti
Vi racconto una cosa. Quando compro dei pantaloni, osservo sempre bene la stoffa. C’è un tipo di cotone, più debole e meno elastico, che viene segnato dalla flessione del ginocchio e, dopo che si è stati un certo tempo seduti, perfino breve, rimane il segno. Avete presente i politici di una certa età, o gli avvocati, i notai, abituati all’abito in fresco lana che tirano su la stoffa alla gamba sedendosi e mettendo in mostra il lungo calzino in filo di Scozia? Lo fanno per quel motivo. Sebbene dovrebbero sapere che la lana torna facilmente alla sua forma ordita, alla trama decisa. Per cui scendendo dall’auto ho sempre avuto la smania di aggiustare il pantalone all’altezza del ginocchio, prima di mettere il primo piede a terra: un modo per separami dalle relazioni con gli altri esseri umani, per qualche densissimo secondo dentro questo pensiero di sartoria, prima di lanciarmi dentro la nube quotidiana fatta di gente, tanta gente, chiacchiere, luci, slogan, strette di mano, riverberi di musiche irrilevanti, viaggi, infiniti viaggi, attese, dubbi, cibi e facce scadenti, amici lontani, affetti improvvisi, amori, sesso, notti di profondissima ansia, abbracci, baci veri e finzioni di baci – in cui le guance restano a una qualche distanza orbitando attorno ai visi stanchi. Ho vissuto per qualche anno così, ero bello e pallido, sottile e veloce, ero fragile e disperso – poi, ho vinto la gravità. E dacché la traiettoria delle mie ellissi quotidiane sembrava cosa fatta, una legge infrangibile, ho capito che avrei potuto dirigermi verso lo spazio aperto, siderale. Soprattutto, silenzioso. Si incontra questo e quello, si saluta con più calma, c’è tempo per un caffè, per un pranzo la domenica, per una cena infrasettimanale. C’è tempo per organizzare un viaggio, fermarsi a segnare le differenze tra le spirali dei fiori e quelle delle galassie. Ho fatto tutto questo, poi ho deciso di rallentare ancora, provare a mettermi contro il tempo; è impossibile frenare: più si è rarefatti, più si rallenta. Fino a rimanere soli, eternamente giovani. E questo lo trovavo insopportabile, noioso: bisogna invecchiare e bisogna farlo insieme agli altri, per scalare le rughe degli amanti come le creste di pressione nei mari artici. Allora ricominci a viaggiare scegliendo una nuova velocità, posizionando piano piano ogni oggetto intorno a te, costruendo la casa per il cuore, il rifugio per le ossa, la bellezza per la mente. Dietro la curvatura della siepe tagliata di fresco incomincia il muretto alto qualcosa più di un metro, e dove rientra, da un lato e dall’altro, è incardinato il cancello, sempre aperto. La casa espone tutte le finestre principali a est, e nei mattini sereni il sole ti attraversa, e attraversa le cose, e ogni cosa illuminata illumina il dietro di ogni altra cosa e così tutto risplende apparentemente immobile.
Tiro su la stoffa del pantalone e mi siedo, porto una mano al collo, dietro l’orecchio, socchiudo gli occhi per un tempo di due battiti del cuore e sono inondato di quei ricordi, che non respingo e che anzi respiro come fossero quel profumo lì, quello che mettevo sempre. E penso che in un modo o nell’altro c’è sempre qualcosa che ci attrae e a cui facciamo resistenza e che bisognerebbe collezionarle queste resistenze, invece che cedervi, giorno per giorno…
– Cosa c’è? – Mi sento dire.
– Niente. Passami gli occhiali e abbracciami.