Volevo Magia, il nuovo album dei Verdena
Aspettavamo la magia e i Verdena ci hanno accontentati.
Esce oggi il settimo album in studio della band bergamasca, dopo sette anni di lunga attesa nei quali tutto è cambiato sia per loro che per il mondo e ciò si sente nelle tracce di questa nuova fatica che ha già conquistato il pubblico.
Abbiamo avuto il piacere di poterli incontrare per una chiacchierata negli studi di Universal a Milano per farci raccontare qualche curiosità su “Volevo Magia” e come si preparano al ritorno live nei principali Live Club italiani partendo il 29 ottobre dall’Estragon di Bologna.
Incontrare i Verdena è quasi un’esperienza mistica, ultraterrena. Essendo molto restii da sempre all’esposizione mediatica, l’accorciamento delle distanze dato dai social e che ci illude di conoscere tutto dei nostri artisti preferiti, in questo caso non esiste e quindi l’attimo prima di vederli ridere, scherzare e prendersi anche molto in giro, è come come se il tuo disco preferito o il videoclip musicale che conosci a memoria e guardi da anni, rompesse la quarta parete e iniziasse a parlarti direttamente in faccia.
La prima domanda che viene spontanea fargli e anche forse la più scontata è proprio:
Perchè avete deciso di far uscire l’album adesso, dopo sette anni di silenzio?
Roberta: Semplicemente per il fatto che nel frattempo sono intercorsi tanti progetti paralleli, tra cui anche i figli e quindi solo adesso abbiamo avuto il tempo di portare a termine l’album.
Perchè “Volevo Magia”? Quale magia? Cos’è la magia che ricercate?
Alberto: La magia che ricerchiamo a questo punto è qualunque, dato che se ne vede ben poca di magia ultimamente. La situazione inizia a farsi sempre meno magica e quindi io spero che arrivi qualcuno a salvarci.
Roberta: Come sei criptico! (Schernendolo e ridendo). Abbiamo scelto questo titolo perché ci piaceva molto in relazione al pezzo omonimo all’interno dell’album che è molto anomalo per noi, un po’ diverso dalle nostre solite cose e tra l’altro è anche l’ultimo pezzo a cui abbiamo lavorato prima di chiudere l’album. È un brano che in realtà nasce in una versione molto di versa da quella finale, con una sezione ritmica molto più dilatata e ampia che però non ci convinceva molto. Infine quasi per scherzo abbiamo provato a farla in quella che è poi diventata la versione definitiva e infine quando Alberto ha scritto i testi per tutto l’album non avevamo ancora un titolo, io avevo proposto “Sette” ma poi non ci convinceva, a qualcuno è uscito fuori “Volevo Magia” e ci è piaciuto molto perché dava poi un senso a tutti gli altri brani.
Aberto: Sì, dava proprio una bella atmosfera in generale. A me ricorda sempre un lamento di un bambino, come se chiedesse ad un adulto “Volevo la magia”. Un po’ il confine tra crescere e non crescere, bambini o non bambini, la magia che forse non c’è più e quindi io la volevo. Ma si va avanti comunque anche senza e cerchiamo di crearne di nuova.
Qualcuno tra gli altri giornalisti chiede:
Quale sia stato il processo creativo che ha portato ad un album così differente rispetto ai precedenti e dal punto di vista personale come siano arrivati poi a “Volevo Magia”.
Alberto: Diciamo che ci viene molto naturale essere sempre differenti, anche perché se ci capita di scrivere o comporre qualcosa di troppo simile a nostri lavori precedenti, di solito, ci viene automatico scartarlo. Comunque poi il momento in cui sembriamo effettivamente i Verdena sono gli ultimi mesi di lavoro, quando io aggiungo la voce e di colpo diventa tutto Verdena. Anche perché si possono fare tutti i cambiamenti della terra ma poi si ritorna lì.
Dal punto di vista musicale questo è forse il disco più positivo in un certo senso, assolutamente non dal punto di vista dei testi. Sicuramente è il meno psichedelico da Requiem a questa parte.
Sembra effettivamente un lavoro in cui sembrate molto liberi e con meno cose da dimostrare l’elaborazione del disco rispecchia poi questa sensazione che arriva con l’ascolto?
Alberto: Sì di fatto a questo giro qualsiasi pezzo non ci uscisse naturale è stato immediatamente scartato.
Luca: C’era molto questa idea di spontaneità, di mantenere il più possibile e di provare anche meno i pezzi, dato che in passato abbiamo avuto la tendenza a riprovare i brani decine di volte in modo meticoloso fino a farli morire e scartarli. Ci ha aiutati molto questa condizione di spontaneità.
Nella scrittura di questo album avete pensato ai brani nell’ottica del ritorno ai live?
Luca: Originariamente proprio no, certo sono pezzi che sono nati suonandoli in tre, però non componiamo solo in quella direzione.
Alberto: Diciamo che sicuramente alcuni pezzi si presteranno poi perfettamente ad essere suonati live, ma alcuni proprio no, ad esempio: Chaise Longue, Certi Magazine, Sui Ghiacciai. Sono pezzi che hanno una grande orchestrazione rispetto ad altri che sono semplicemente basso, chitarra, batteria e voce.
-A breve partirà il tour nei club. Molte date sono già sold-out da settimane, ben prima addirittura che ci fossero rivelazioni importanti sul disco. Siete felici?Al pubblico siete mancati molto e questa ne è la dimostrazione più grande. A voi manca la dimensione del live?
Alberto: Siamo grati della grande dimostrazione di affetto e sì ci è mancato molto suonare live. Anche se per noi il live è molto impegnativo, non fisicamente o almeno non solo, soprattutto a livello psicologico. Non tanto il suonare ma è il momento in cui devi salire sul palco, quell’ora prima è un disastro e noi siamo in questo momento proiettati verso quell’ora che verrà.
Luca: Però è anche vero che più vai in giro e più questa sensazione si dilata. Però sai dopo sette anni forse si è perso un po’ il callo.
E c’è un modo in cui cercate di esorcizzare questa sensazione?
Alberto: Gli psicofarmaci? No scherzo, principalmente proviamo il più possibile in modo da arrivare carichi ai live, che è poi quello che abbiamo sempre fatto.
Si ringraziano i Verdena per la gentile disponibilità e Universal Italia.
Giada Monachino.
Classe 1995, nata a Palermo ma Genovese da oramai quasi dieci anni. La musica è da sempre parte fondamentale della mia vita, avida consumatrice di Pop-punk, Alternative italiana e cantautorato. La fotografia è arrivata nel mio cammino quasi per caso e da allora considero la macchina fotografica un’estensione naturale del mio corpo. Sono Co-fondatrice di uno Studio Fotografico nel cuore dei vicoli di Genova e non appena aver intrapreso la carriera in modo professionale ho deciso di unire la passione per la fotografia a quella per la musica live, così sono passata dall’altra parte della transenna per cercare di immortalare e trasmettere le emozioni che solo un concerto riesce a regalare.