VINA RECORDS – Intervista a Davide Diomede, cofondatore dell’etichetta
In occasione del recente approdo sul mercato americano dove, insieme alle due etichette statunitensi The Ghost Is Clear e Learning Curve inizia a produrre band oltreoceano come ABANDONCY (Missouri) e PYRE FYRE (New Jersey), ho avuto il piacere di intervistare Davide Diomede che mi ha parlato della sua etichetta discografica indipendente Vina Records, fondata nel 2007 insieme a Francesco Del Proposto.Etichetta discografica senza vincoli di genere, Vina Records spazia dal noise al post-hardcore, dall’indie pop al garage punk, passando per la musica elettronica fino al post-rock.
Ciao e benvenuto su Tuttorock, iniziamo subito parlando di questo vostro approdo nel panorama musicale statunitense, com’è avvenuto?
Ciao e grazie a voi per lo spazio.
Come spesso accade nella vita, il tutto è avvenuto quasi per caso.
Abbiamo sempre collaborato con altre label per progetti e release condivisi ma si trattava principalmente di realtà del panorama italiano (Shove Records, Long Rail Records, Kono Dischi, Scatti Vorticosi, Flames Don’t Judge, Fresh Outbreak, Kosmica Dischi, 1a0, Mondo Trasho, …).
Poi, nel 2020, durante la produzione dell’album “Blu” dei biellesi Norse ci sono stati i primi contatti con etichette estere che rappresentavano un punto di riferimento oltreoceano per la scena noise/post-hardcore.
Tra queste anche la mitica The Ghost Is Clear di Kansas city con la quale quest’anno abbiamo poi co-prodotto “Assailable // Agonism” terzo disco degli Abandoncy insieme a Learning Curve Records di Minneapolis.
Parlami un po’ di queste due band d’oltreoceano da noi ancora poco conosciute, ABANDONCY e PYRE FYRE.
Della scena suddetta di Kansas City, sicuramente gli Abandoncy sono una delle band più influenti in questo momento e forse anche quella più in grado di ridisegnarne i contorni partendo da un noise anni 80/90, un post-hardcore 90/00 e una buona dose di screamo.
Mai banali, a tratti destabilizzanti e decisamente fuori dal comune. Una chicca del disco (“Assailable // Agonism”) è sicuramente il featuring vocale sul brano “Night Drive” a cura di Eugene S. Robinson fondatore e leader degli Oxbow, mitica band di San Francisco degli anni novanta prodotta da Steve Albini e sotto SST Records.
I Pyre Fyre, invece, sono un power trio doom sludge stoner proveniente da Jersey City che rappresenta un avant-garde della nuova scena heavy.
L’album omonimo è stato interamente registrato e mixato dalla band stessa nello studio casalingo e ha un sapore lo-fi che ci ha immediatamente conquistati.
Una montagna di riff, svarioni psichedelici, un sound scuro e cavernoso per un album molto originale e coraggioso.
Per entrambi i progetti, ci occupiamo inoltre della distribuzione fisica in vinile qui in Europa attraverso diversi distributori ed il nostro store online.
L’intenzione è di far conoscere al vecchio continente queste realtà emergenti d’oltreoceano con la speranza, chissà, di poterle portare in tour sui nostri palchi nei prossimi anni.
Se, come vi auguro, le cose dovessero procedere bene, oltre a quella di Biella vi piacerebbe creare una vostra base fisica anche negli Stati Uniti?
In realtà una base fisica già ce l’abbiamo, in New Jersey.
Semplicemente Francesco Del Proposto, mio socio, vive e lavora lì e in qualche modo rappresenta “l’uomo all’Avana” di Vina.
Si muove per i live club di New York e non si perde un concerto.
È uno dei più grandi appassionati di musica che io conosca. Se una band emergente suona in città, sicuro che lui è lì e alla fine del concerto è nel backstage a chiacchierarci e prendere contatti.
Forse ho esagerato un pochino, ma la sostanza è quella.
Burocraticamente, al momento ci basta e avanza la società che abbiamo qui in Italia.
Pensate di espandervi anche in altri Paesi?
Considerando la grande facilità di comunicazione attraverso mezzi sempre più innovativi, perché no.
Serve unicamente una grande riserva di energia da dedicare (organizzare anche solo una call con fusi orari differenti è già un’impresa) e un cassetto bello grosso per tutti i sogni.
Noi siamo una realtà minuscola, per cui la grande differenza la fanno i rapporti umani e non certo le questioni economiche.
Quindi tutto è possibile.
Quando e com’è nata Vina Records?
2003 nelle nostre teste, 2007 dal notaio.
Io e Francesco ci siamo conosciuti al diploma per tecnici del suono alla SAE di Milano nel 2003.
Tra un esame e l’altro fantasticavamo già di come mettere su una nostra label.
È stato un colpo di fulmine artistico professionale.
Alla fine del corso, le nostre strade lavorative si sono inizialmente separate ma nel 2007 ho preso il telefono e ho chiamato Francesco (che in quel periodo lavorava all’estero) dicendogli: “Allora l’apriamo questa etichetta?”.
Ha preso un volo il weekend stesso e il sabato sera stavamo già pianificando i primi passi.
In pratica, Vina nasce da una grande amicizia e dalla voglia di tuffarsi (anche di pancia) nel mondo della musica.
Qual è stato finora il momento più bello e, se c’è stato, il momento più brutto della vostra avventura?
Sono un’inguaribile “preso bene” quindi direi che ci sono stati tantissimi momenti belli e pochi brutti.
Se posso non rispondere nello specifico, riporterei il tutto al rapporto con i nostri artisti.
Riuscire a stabilire con loro un’alchimia speciale e portare avanti la collaborazione nel corso degli anni, rappresenta il più grande successo che possiamo desiderare prima di qualsiasi dato numerico o economico.
Alcune volte però capita l’esatto opposto, il rapporto si incrina e viene meno la fiducia reciproca; quelli sono i momenti più duri da digerire e superare.
Domanda d’obbligo per un discografico, quali sono i cinque dischi dai quali non vi separereste mai?
Inizio a rispondere per me, poi chiediamo anche a Francesco.
Più che i dischi che mi porterei sull’isola deserta, ne cito cinque che hanno segnato alcune tappe fondamentali della mia vita musicale (e che forse oggi mi capita di riascoltare molto raramente).
Muddy Waters – Hard Again: il big bang, la creazione.
The Rolling Stones – Exile On Main St: il messaggio sporco e ribelle.
Bruce Springsteen – Born To Run: correre e scappare, un perdente romantico è, e sarà sempre, un vincente.
The Hives – Tyrannosaurus Hives: garage + punk, sbam!
The Black Keys – Thickfreakness: ce la si può fare anche solo in due. Il garage incontra il blues e il cerchio si chiude.
Nel frattempo è arrivata anche la selezione di Francesco, il lato heavy di Vina:
Hendrix – Electric Ladyland
Soundgarden – Badmotorfinger
Melvins – Houdini
Kyuss – Blues for the Red Sun
Helmet – Meantime
Grazie mille per il vostro tempo, vi lascio piena libertà per chiudere questa intervista come preferite.
Grazie a voi per le domande mai banali, ci hanno dato filo da torcere.
Per salutarvi, chiamiamo in causa il vecchio Neil: Keep on rockin’ in the free world!
MARCO PRITONI
Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.