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VANEXA – Intervista al bassista Sergio “Dr. Schafausen” Pagnacco

VANEXA – Intervista al bassista Sergio “Dr. Schafausen” Pagnacco

I Vanexa rappresentano la storia dell’heavy metal italiano, attivi dal 1979 e nel 2016 per la label genovese Black Widow Records, sono tornati in grande stile con “Too Heavy To Fly” a dimostranza che la band è in grande forma, diversa, ma con molte cose ancora di dire. E’ da poco uscito il nuovo album “The Last In Black” (qui la recensione), sempre per la label genovese e un altro passo in avanti è stato fatto. Ne ho parlato con il bassista Sergio “Dr. Schafausen” Pagnacco e ciò che segue è il resoconto dell’intervista.

Ciao ragazzi e benvenuti su Tuttorock. Vanexa, una lunga storia, una band storica del metal italiano nata nel 1979. Io partirei da qui dagli esordi, come nascono i Vanexa?
I Vanexa nascono come tutte le band degli anni 70, ovviamente in cantina. Con tanta voglia di esternare tutta la rabbia che quegli anni ci trasmettevano.

Due album iniziali, “Vanexa” del 1983 e “Back From The Ruins” del 1988. I ricordi di quegli album?
Sono ricordi indelebili perchè pubblicare un album di metal nel 1983 richiedeva uno sforzo che in pochi riuscirebbero a capire. Il secondo album è uscito 5 anni dopo nonostante noi lo avessimo già pronto solo perchè uno dei nostri produttori lo arrestarono per bancarotta fraudolenta e quindi ci andammo di mezzo anche noi, ma questa è una lunga storia troppo complicata da raccontare.

Un po’ di silenzio e poi “Against The Sun” del 1994. Quanto erano cambiati i Vanexa fino a quel momento
Per noi il metal nel 1988 era già morto. Abbiamo suonato metal perchè era una cosa innovativa e ci piaceva farlo. Suonare la stessa musica per oltre dieci anni non era concepibile, “Against The Sun” lo concepimmo solo dopo aver trovato un cantante sedicenne che reputavamo un fenomeno e che quindi ci diede la propulsione giusta per concludere il progetto. Il cantante sedicenne era un certo Roberto Tiranti.

Un altro lunghissimo silenzio e poi il ritorno o possiamo dire la rinascita? “Too Heavy To Fly”, un ottimo ritorno che uscì per due label, il CD per Punishment 18 e il vinile per Black Widow Records. Dove è scoccata la scintilla per il ritorno? E direi anche perché?
Eravamo già tornati in pista pubblicando un CD raccolta con i primi nostri demo tape cantati in Italiano e un Live con Roberto Tiranti alla voce, questo ci diede la spinta giusta per poterci cimentare a fare un nuovo disco e successivamente le etichette ci spinsero per continuare con altri nuovi progetti e così nacque anche Last In Black.

Dopo 5 anni arriva proprio “The Last In Black”, come sono nati i brani?
I brani come sempre nascono dall’idea di Artan che con la sua chitarra ci propone centinaia di riff. Successivamente, dopo aver litigato in cantina per qualche mese, i brani iniziano a prendere forma.

Il significato del titolo e dei testi?
I testi come sempre sono sociali e attuali, cerchiamo di mandare messaggi che l’ascoltatore possa recepire.

Molto bella è anche la foto di copertina, di chi è l’idea e quale è il suo significato?
Il significato è qualcosa che maschera e cela una verità spesso troppo scomoda da accettare. Tutti abbiamo qualcosa di oscuro e torbido da nascondere ma alla fine il male che hai fatto ti si ritorcerà contro.

Il brano “Hiroshima” è molto significativo ed è in due versioni dopo qualche minuto di pausa, in inglese e in italiano. Perché questa decisione?
Perchè in verità Hiroshima è nata in italiano e successivamente è stata scritta in inglese, abbiamo inserito entrambe le versioni perchè abbiamo un sacco di estimatori che vogliono sentire cantare in italiano, quindi li abbiamo accontentati.

Perché avete voluto dedicare un brano ad uno dei momenti più bui della storia dell’umanità?
Perchè nel 1979 avevamo conosciuto uno scienziato tedesco ebreo che prese parte al progetto della bomba atomica e una sera iniziò a raccontarci di come si svolsero le cose. Da quel momento iniziammo a pensare che anche noi avremmo potuto dare un piccolo contributo alla causa. Quindi ci venne in mente di dedicare una canzone al popolo giapponese.

Le differenze tra i Vanexa di ieri e quelli di oggi?
Sono due band differenti con musicisti differenti, sarebbe difficile da spiegare in poche righe i due momenti storici. Nel 1980 eravamo in pieno movimento quasi clandestino, boicottato dai mass media e spesso in rissa con altri movimenti musicali. Ora siamo una band che conta i like su facebook.

Le differenze invece tra i vostri ultimi due album?
Non trovo molte differenze, i due album sono di ottimo livello e sicuramente l’ultimo “The Last in Black” è il proseguo di “Too Heavy To Fly”.

Quali sono oggi le vostre influenze musicali?
Non saprei abbiamo gusti molto differenti e parliamo molto poco di altre band.

Siete pronti a tornare on stage? Altri progetti futuri?
Siamo già tornati on stage, e ora stiamo valutando alcune richieste, alcune date in Belgio e Olanda e un Video CD Live.

Quanto è cambiato il metal italiano dai vostri esordi ad oggi?
Domanda a cui non ho voglia di rispondere.

Avete già in mente un nuovo album?
Abbiamo sempre in mente un nuovo album, anche in questo momento sto ascoltando una canzone che mi ha inviato Artan. Quindi potrebbe già essere il nuovo singolo di questa primavera.

FABIO LOFFREDO

Band:
Andrea “Ranfa” Ranfagni: Voce
Artan “Tani” Selishta: Chitarra
Pier Gonella: Chitarra
Sergio “Dr. Schafausen” Pagnacco: Basso
Silvano “Syl” Bottari: Batteria

www.vanexa.org/hm/
https://www.facebook.com/vanexaband/
https://blackwidow.it

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