UNWELCOME – Intervista all’heavy rock band piemontese
In occasione dell’uscita del nuovo album “Be Unwelcome Or Die” (Ammonia Records), ho avuto il piacere di intervistare Andrea, voce e polistrumentista della heavy rock band piemontese Unwelcome, nata nel 1994.
Ciao Andrea, benvenuto su Tuttorock, a quasi un mese dall’uscita del vostro nuovo album “Be Unwelcome Or Die”, che riscontri state avendo?
Ciao Marco, grazie a voi per l’ospitalità. Siamo molto soddisfatti, le recensioni ed in generale la risposta è stata ottima, il disco è piaciuto e di questo siamo certamente contenti… non sapevamo quale sarebbe stata l’accoglienza dopo tanto tempo, c’è sempre un po’ di apprensione ma direi che il riscontro è stato ottimo.
Durante il lockdown avevate pubblicato il singolo “Colors of War”, poi come sono nati gli altri brani?
“Colors of war” è nata in un momento particolare, è stata la nostra risposta agli incresciosi fatti di cronaca legati all’omicidio di George Floyd e le proteste del movimento Black Lives Matter in USA e di Willy Monteiro in Italia. In origine era un brano contenuto nel nostro primo demo-tape datato 1995, ma lo abbiamo riregistrato e rivisitato completamente, ma il messaggio è rimasto quello: no ad ogni forma di razzismo. È l’unica nostra canzone ad avere un testo così esplicito, ma era il momento di prendere posizione, di fare sentire la nostra voce, e lo abbiamo fatto. In realtà stavamo già lavorando ai pezzi che sarebbero poi finiti su “Be Unwelcome or die”, ma quella è stata effettivamente la scintilla.
C’è spazio anche per una bellissima cover di “Drive” dei R.E.M., come mai avete scelto proprio quel brano?
Adoriamo quella canzone! Personalmente mi piacciono moltissimo i R.E.M. e penso che “Automatic for the people” sia un capolavoro, cui sono legato da un particolare ricordo: poco prima di salire sull’aereo che ci avrebbe portati a registrare a Toronto comprai la cassetta e lo ascoltai col walkman durante tutto il volo, rimanendo folgorato in particolare dall’opener, ovvero Drive. La scelta di farne una cover, però, è nata quasi per gioco. Kappa, il boss di Ammonia Rec., la nostra etichetta, ci aveva parlato della possibilità di far uscire una compilation con varie band alle prese con cover di pezzi più o meno famosi…e sapendo che lui detesta i R.E.M., ovviamente, quella è stata da subito la nostra scelta! Poi della compilation non se ne è più fatto niente ma la nostra versione di “Drive” ci piaceva tantissimo ed è rimasta. E poi già ai tempi di “Independent Worm Songs” avevamo fatto una cover di “Close to me” dei Cure…e millenni fa suonavamo pure una nostra versione di “La Isla bonita” di Madonna (ride -ndr).
Parlami un po’ della scelta della copertina del disco.
La copertina è frutto della nostra amicizia ventennale con Valerio Berruti, artista bravissimo e conosciuto a livello internazionale. Abbiamo iniziato a collaborare negli anni ’90, quando Valerio aveva realizzato le scenografie dei nostri concerti, in seguito lui ha avuto una crescita esponenziale realizzando opere e mostre in tutto il mondo, venendo selezionato per la Biennale di Venezia e realizzando, tra gli altri, copertine per Lucio Dalla, Gianmaria Testa e Paolo Conte…ma ovviamente siamo sempre rimasti in contatto ed è stato naturale chiedergli di realizzare copertina e grafiche del nuovo disco, e siamo grati a lui per aver accettato e per aver realizzato una vera e propria opera d’arte.
Le contaminazioni musicali sono sempre più presenti nella vostra proposta musicale, è frutto del fatto che ascoltate di tutto?
Sinceramente qualsiasi tipo di etichetta ci è sempre stata stretta. Ci siamo sempre considerati una band “crossover” nel senso che abbiamo sempre cercato di travalicare i generi, di ibridare, di cogliere influenze un po’ ovunque per farne il nostro suono. Lo abbiamo sempre chiamato “Space-core” ed è la definizione che più ci piace. Non ci siamo mai posti dei limiti o dei paletti, non abbiamo mai avuto un suono o un artista di riferimento, facciamo quello che ci piace senza preoccuparci di nulla. Se pensiamo che in una canzone ci stia bene una testiera, un sax o altro…no problem, siamo liberi di sperimentare e di fare qualunque cosa ci passi per la testa. Pensa che il nostro primo disco, “Independent Worm Songs”, era stato prodotto e mixato da Eskil Lovstroem (il produttore di “The shape of punk to come” dei Refused) e lo avevamo scelto proprio perché ci aveva folgorato il suo suono “diverso” e l’ibridazione dei generi che aveva sperimentato appunto nel disco dei Refused. Quindi la risposta non può che essere affermativa, perché ascoltiamo veramente di tutto, ma è così da sempre.
L’etichetta è Ammonia Records, storicamente di stampo punk, questo incontro è avvenuto perché il vostro atteggiamento si sposa alla perfezione con quella corrente?
Innanzitutto credo che il punk sia stata la mia più grande influenza soprattutto a livello attitudinale: l’’etica del DIY, di fare quello che mi pare e quando/come mi pare. E con Ammonia non ci sono mai scazzi o altro, proprio perchè siamo sulla stessa lunghezza d’onda. In realtà tutto è nato in piena pandemia, quando ci è arrivata la richiesta da parte di Kappa (il boss di Ammonia Rec.) chè un amico di lunga data nonché – come me – un cuore granata, per ri-pubblicare il materiale inedito degli Unwelcome: è così che abbiamo fatto uscire la versione svedese di “Independent Worm Songs” ed anche l’album con tutti gli inediti chiamato “Rifles”, entrambi usciti nel 2020. E da cosa nasce cosa…
Più di 20 anni di carriera, qual è stato il punto che considerate il più alto raggiunto?
Come tutte le band abbiamo avuto momenti “alti” ed altrettanti momenti “bassi”, di quelli che ti fanno venir voglia di mandare tutto a quel paese! Essere in Svezia in studio col produttore dei Refused oppure a Toronto dove le pareti dello studio erano tappezzate di dischi d’oro. Abbiamo avuto la fortuna di suonare in festival prestigiosi tipo il Beach Bum Festival (in cartellone con Prodigy, Sonic Youth, Marilyn Manson, ecc.) oppure in live club come Rock-Planet, Velvet, Babylonia, New Age…ed allo stesso tempo ci è capitato di suonare in un centro sociale davanti un solo spettatore oppure in una pizzeria di fronte a famiglie che mangiavano cena! È il rock’n’roll, baby…
Avete in programma qualche data live?
La dimensione live è fondamentale per una band underground ed è anche la cosa più divertente: girare posti nuovi, conoscere persone diverse, fare amicizie e divertirsi. Purtroppo, siamo appena usciti da un periodo molto difficile per la musica dal vivo, dopo più di due anni di chiusure e restrizioni per colpa del Covid…ed ora che tutto sta ripartendo ovviamente ci vuole un po’ di tempo affinchè tutto torni come era prima. Noi stiamo cercando di organizzare qualche concerto in estate per presentare e promuovere adeguatamente il disco, ma come ho già detto questo è un periodo un po’ caotico e noi vogliamo fare le cose per bene, ma sicuramente la dimensione live ci manca molto. Speriamo di poter tornare presto su di un palco.
Grazie mille per il tuo tempo, se vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista sei liberissimo di farlo.
Siamo noi che ti ringraziamo per la disponibilità e l’attenzione. Vorrei ricordare a tutti i Vostri lettori che possono ascoltare “Be Unwelcome or die” su tutte le piattaforme musicali a questo link: https://orcd.co/beunwelcomeordie
Invece, per chi come noi conserva la passione per la musica “fisica”, abbiamo realizzato un cd-digipack in due differenti versioni: una standard ed una ‘Limited Edition’ di sole 100 copie numerate che contiene pagine aggiuntive ed i testi di tutte le canzoni, ordinabile a questo link: https://ammoniarecords.it/shop-online/
MARCO PRITONI
Band:
Andrea: voci, chitarra, basso, tastiere
Livio: chitarre
Maxim: batteria
Casci: basso
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Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.