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Un anno da paura per gli Antonio’s Revenge fuori con “Fear Year”

Un anno da paura per gli Antonio’s Revenge fuori con “Fear Year”

In occasione dell’uscita del singolo “Fear Year” abbiamo intervistato i bresciani Antonio’s Revenge

“Antonio’s Revenge”: il nome con cui vi presentate è il medesimo di un’opera teatrale di John Marston. Cos’ha in comune l’Inghilterra seicentesca con Brescia, la città da cui provenite?

Potrà sembrare insolito, ma Brescia ha vissuto un grande seicento dal punto di vista letterario, probabilmente da non paragonare al successo degli autori inglesi, ma comunque rilevante. La cultura bresciana ha influenzato noi Antonio’s Revenge fin dagli inizi, la vicinanza alle sonorità anglosassoni e la lingua inglese che utilizziamo nei nostri testi poi ci ha naturalmente associato alla scena inglese.
Ecco il legame che unisce la nostra “piccola” Brescia all’Inghilterra.

Mi viene da domandarmi se per caso ci sia qualche Antonio a cui avete fatto un torto e quindi si tratti di un nome autobiografico…

No, veniamo in pace, Hi! In realtà l’unico “Antonio”, che proprio per la sua indole ribelle era costantemente in modalità “revenge”, era il cagnolino del nostro primo batterista Ianna. La simpatica coincidenza tra il nome Antonio e le nostre influenze musicali anglosassoni ha dato origine al nome della band.

Perseveranza, costanza e tenacia nell’affrontare le difficoltà sono le parole che meglio possono descrivere il vostro ultimo singolo “Fear Year” che sembra cogliere anche un certo malcontento di fondo. Gli input sono piuttosto chiari, ma vi andrebbe di esplicarmi la vostra visione?

L’indifferenza della gente in generale, la prepotenza nel rapportarsi agli altri e il non dare importanza all’effettivo “miracolo” che stiamo vivendo è il tema centrale dell’ultimo album.
“Fear year” nasce dal percorso che ogni adulto si trova ad affrontare almeno una volta nella propria esistenza. La scintilla, che nasce proprio dalla voglia di evadere dalla routine quotidiana, porta ad affrontare esperienze nuove, forti, ma a volte tanto spaventose da risultare opprimenti. Avere la forza di rialzarsi e tornare al proprio stato naturale non è sempre facile e scontato, ma da quel momento in poi vedremo la normalità sotto una nuova luce.

Mi ha colpito molto la vostra dichiarazione: “quando all’improvviso ogni cosa sembra diventare ostile, ogni parola inutile ed ogni azione vana, una forza innata, che trascende la nostra volontà, riesce nonostante tutto a trovare una via d’uscita perché la mente possa tornare ad essere di nuovo leggera e libera.” In che modo ritenete di raggiungete questo stato di invidiabile stabilità mentale necessario ad affrontare con resilienza le avversità che la vita vi pone davanti?

In modo totalmente naturale, a volte irrazionale. La necessità di calma, tranquillità e libertà mentale crediamo siano necessarie alla vita. Ecco perché questa innata forza ci spinge di continuo a bilanciare e riequilibrare le nostre azioni, talvolta portandoci a pagare un caro prezzo, ma anche questo fa parte del “miracolo”!

A questo proposito avete qualche avviso da dare ai nostri lettori per affrontare le proprie paure?

In realtà crediamo nella paura, significa essere vivi e umani. Il segreto è affrontarla a piccole dosi, allenarsi a farlo e riuscire infine a interpretare questi nostri momenti di debolezza. Il coraggio di tornare alla normalità è lì dietro l’angolo. Insomma, nulla è perduto, mai.

“Fear Year” si può considerare l’antipasto dell’album “Kill a Miracle” che vedrà la luce questo autunno. Già dalle prime note si inizia a percepire un certo distacco rispetto alla vostra produzione precedente che delinea un’indole decisamente più alt rock/grunge, ora mutata in un organismo nuovo che oserei definire slegato da generi eventuali, quasi finalmente libero di esprimersi ed uscire allo scoperto. Che sonorità dobbiamo aspettarci?

Generalmente cerchiamo sempre soluzioni nuove quando ci approcciamo alla scrittura di un nuovo album e sicuramente l’ingresso di Nicola Zavanella alla chitarra ha arricchito il sound della band permettendoci di sperimentare molto. Proprio per questo, come dici tu, il nuovo album sarà molto variegato nel sound, pur mantenendo un’indole rock, da sempre nel nostro DNA.

Il singolo è stato mixato e masterizzato da Dan Konopka, batterista degli OK GO. Mi svelate qualche retroscena su questa collaborazione?

Abbiamo sentito un pezzo mixato e masterizzato da Dan a Siren Studio di Los Angeles quasi per caso e ci è piaciuto subito. Lo abbiamo contattato e gli abbiamo chiesto di mixare “Fear Year”: la prima versione è stata quella definitiva! Dan ci ha dato un feedback davvero positivo sui nostri pezzi, a noi è piaciuto il suo metodo di lavoro, così gli abbiamo affidato l’intero album.

Siete al vostro terzo disco dopo Times Square Lights (2010) – da cui è estratto il brano “Better Than Myself” incluso nella compilation “Riot on Sunset vol.26” dell’etichetta californiana 272 Records – e All Under Control (2016). Come ci si sente ad aver raggiunto questo traguardo?

Per una band che non vive di musica è davvero una sfida riuscire a sfornare prodotti validi per il mercato discografico di oggi.
I tempi si dilatano in modo assurdo, tutto è economicamente sulle spalle della band che fatica a guadagnare ciò che spende per registrazioni, mixaggio, mastering e per la promozione dei propri pezzi. Rimane però l’enorme soddisfazione personale di aver creato qualcosa di infinito e senza tempo. Un giorno poi chissà…

Vi ringrazio per il vostro tempo e vi auguro buona fortuna per la promozione del vostro singolo, “Fear Year”

Grazie a voi, un saluto a tutti i lettori!

SUSANNA ZANDONÀ