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TOTA – INTERVISTA ALL’ARTISTA

TOTA – INTERVISTA ALL’ARTISTA

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Tota, al secolo Tommaso Tota, è un giovane artista umbro trapiantato a Bologna. “Saggio Breve” è il suo nuovo singolo disponibile dal 9 gennaio su Spotify e tutte le principali piattaforme streaming, uscito per Grifo Dischi.

 

“Saggio Breve” è un brano minimale, in grado di toccare le corde dell’animo senza bisogno di troppi fronzoli: è un ritorno alle origini della musica. Chitarra, voce e un leggero basso a fare da contorno sono tutto ciò di cui Tota ha bisogno per esprimere quello che ha dentro.

L’artista descrive così il suo brano:

“Saggio Breve è un racconto di 30 anni in due strofe in cui un ragazzo amante della scrittura si ritrova a dover cambiare tutta la sua esistenza all’improvviso. E mentre scrive si mette lì a pensare agli anni della scuola, ai primi innamoramenti, alle camminate sotto la pioggia, ai primi testi o disegni, ma soprattutto alle prime delusioni, alle volte in cui non è stato ascoltato o preso sul serio.

Pensa e mette tutto sul suo tavolo della resa dei conti, e immagina di sparire per tre mesi e poi ritornare, probabilmente troverebbe tutto uguale, con gli amici che gli chiederebbero semplicemente “oh ma dove sei stato?”. Immagina di essere in una barca in mezzo al mare e poi tornare, non cambierebbe niente.

Pensa a quanto siano inutili nuovi vestiti se a sporcarli di vita ci si mette un secondo. Mette tutti i suoi pensieri su carta come fosse un riassunto delle sue scelte, e non si capacita di come le persone si sentano così diverse, quando in fondo i nostri occhi, quando è buio, sono simili e neanche ce ne accorgiamo.”

Biografia

Tommaso Tota, nato a Orvieto, Umbria, si trasferisce presto a Bologna, città di cui si innamora e che diventa presto parte fondamentale della sua vita, sia per lui che per la sua musica.

A spalancare le porte del suo percorso artistico è la fine di una relazione importante, per cui Tota spende parole intrise di quella sincerità che rappresenta il suo punto di forza.

Il 25 settembre 2017 pubblica “Cielocasa”, una raccolta di 20 canzoni registrate chitarra e voce che oggi conta 30mila ascolti su Spotify. I primi live vedono Tota in apertura a Gazzelle, Carl Brave e Franco 126 a un festival umbro e alla prima data del tour di Galeffi al Circolo Ohibò di Milano.

A settembre 2018 esce il singolo “Oggi non mi importa niente”, seguito da “Lacrimogeni” e “Gennaio” e il 29 gennaio 2019 esce “Senzacera”, il primo album in studio di Tota con l’etichetta Grifo Dischi, che conta 130mila ascolti. Il 22 novembre è uscito il suo ultimo singolo “Gli Anni Che Ho”, brano che rappresenta un cambio di estetica forte nel percorso di Tota.

Ecco l’intervista a cura di Giovanna Vittoria Ghiglione.

Ciao! Benvenuto sulle pagine di Tuttorock. Chi è Tota? Raccontami un po’ il tuo percorso artistico.

“Eh, chi sono. Sono una ragazzo che un giorno ha preso in mano la chitarra per la prima volta e il giorno stesso dopo già stava scrivendo canzoni. Pur con tutta l’incapacità, con tutto il conoscere solo gli accordi più semplici come chiunque alle prime armi, sentivo proprio di non poter fare a meno di scrivere.

Si aggiunge un periodo molto intenso che stavo passando, sia sentimentalmente che di cambi universitari; sono uscite canzoni su canzoni. Avevo qualcosa da dire a me stesso e cantarlo mi faceva vedere allo specchio per capire bene dove fossi arrivato in quel momento. E alla fine eccoci qui.”

Qual è il tuo rapporto con la musica? Che cosa ti emoziona?

“La musica è parte integrante delle giornate e più suono più si è sviluppato in me quello che chiamo l’ascolto ossessivo, l’attenzione massima per ogni minimo dettaglio di un pezzo. Una chitarra, un colpo di triangolo o di qualsiasi cosa, anche se dura un secondo. Ascoltare quel dettaglio per mille volte mi emoziona, mi piace. E poi mi emozionano le parole. Credo che l’italiano sia la lingua più bella che potessimo avere e le parole usate sono la scelta più emozionante che possiamo fare nella musica.”

Come nasce una tua canzone? Da cosa ti senti ispirato maggiormente quando scrivi?

“La canzone nasce da quello che provo quando vedo. La prima arma che uso inconsapevolmente sono i miei occhi, lo sguardo che mi scambio con le persone, sia quelle che amo che quelle mai conosciute che incrocio a loro insaputa in metro.

La cosa che mi spinge a far musica e che mi spinge a scrivere, che mi ispira, è il fatto di scrivere cose e paradossalmente pensare che almeno un’altra persona o altre due nel mondo stanno provando la mia stessa malinconia di quel momento, o le mie stesse emozioni in generale. Credo sia una cosa non da poco, una cosa non banale.”

Chi sono i tuoi mostri sacri della musica?

“Il mio faro in assoluto è Fabrizio De André, uno che mi provoca in maniera più assoluta l’ascolto ossessivo che ho accennato prima. Quando basta una chitarra e una voce per sovrastare qualsiasi altra cosa.

Per il resto ho ascolti abbastanza vari e dilatati nel tempo, dai Beatles ai Tame Impala, ho avuto anche il periodo rap con Eminem, alle superiori scrivevo testi rap sulle basi delle sue canzoni. Nell’ultimo periodo mi piace molto Laszlo De Simone, e l’ultimo album di Lucio Corsi è stata una bella ispirazione per me.”

Il 9 gennaio è uscito il tuo singolo intitolato “Saggio Breve”: che cosa racconta? 

“Racconta ogni giorno una cosa diversa, almeno per me. Più lo ascolto e più mi provoca cose diverse, da un giorno all’altro, magari cose opposte tra loro.

Per fare un riassunto penso che parli di quanto non dobbiamo lasciare andare via l’umanità. Ma l’umanità non nel senso più banale, ma quello che per noi rappresenta l’umanità.

L’umanità per noi può essere anche una sola persona, tutto il mondo o anche un solo pensiero. E alla fine di tutto parla di quanto siamo uguali se visti al buio e di quanto cominciamo a puntarci contro le nostre differenze appena una luce si accende.

Ma in fondo siamo sempre gli stessi, a luce accesa e a luce spenta, no?”

Nella canzone dici “un altro testo triste, altrimenti non so scrivere”: pensi che la malinconia possa descrivere, ad oggi, la percezione dell’amore di questa generazione? 

“Non credo che la malinconia sia parte esclusiva della nostra generazione, come molti pensano. La malinconia è di tutte generazioni, dalla prima all’ultima di adesso che siamo noi. E la malinconia non credo sia una cosa negativa, ma una sensazione che ti spinge a fare qualcosa di più, a fare meglio, che sia scrivendo musica o facendo qualsiasi altra cosa. A me personalmente permette di scrivere, altrimenti il foglio rimarrebbe bianco e senza parole. Credo che la malinconia abbia proprio un contatto diretto con la penna, e la cosa mi piace.”

Quali sono i tuoi progetti futuri?

“I progetti futuri li ho già dal momento in cui esce una canzone, già penso a quella successiva e a come migliorare le cose che penso di aver fatto non al massimo.

Quindi ho voglia di fare canzoni e metterci man mano le cose che imparo ogni giorno, leggendo o prendendo la metro, ascoltando canzoni o visitando paesi e città nuove.

Comunque ora sono usciti due nuovi singoli che faranno parte di un progetto nuovo e diverso, credo che già si sia un po’ intuito dalla musicalità di Gli anni che ho e Saggio Breve. Insomma, qualcosa di pronto c’è, non resta che tirarlo fuori e sono molto impaziente in questo.”

Intervista a cura di Giovanna Ghiglione