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THE PUBLIC RADAR – Intervista al frontman Max Alto

THE PUBLIC RADAR – Intervista al frontman Max Alto

In occasione dell’uscita del nuovo album “Neon Rain” (Pop Up Records), ho avuto il piacere di intervistare Max Alto, voce e chitarra della formazione romana The Public Radar.

La band, nata nel 2012, è completata da Francesco Conte (chitarra e synth), e torna oggi a quasi 10 anni dal precedente “A new sunrise” con un lavoro che conferma lo stile e la visione che ha sviluppato negli anni.

Per questo disco si sono avvalsi della collaborazione del produttore inglese Steve Lyon, già dietro al mixer per gruppi iconici come Depeche Mode e Cure.

Ciao e benvenuto sulle pagine di Tuttorock, parliamo subito di questo nuovo album “Neon Rain”, da me apprezzatissimo, che riscontri state avendo?

Ciao, e grazie per “l’apprezzatissimo”. Per ora Neon Rain, sembra che stia riscuotendo un discreto gradimento; sicuramente necessita di tempo affinché possa essere gustato nella sua totalità. Bisogna sempre trovare una modalità strategica per invogliare la gente ad ascoltare con pazienza 11 brani, in un momento storico in cui si fa fatica ad ascoltarne anche solo uno. Noi crediamo ancora nella bellezza del poter vivere appieno l’esperienza di un ascolto profondo e attento e per questo motivo vorremmo cercare di far vivere Neon Rain anche su un supporto fisico, come il cd, il vinile e magari anche su musicassetta.

Brani nati da un riff di chitarra, da una melodia od ognuno di esso ha una propria indipendente storia?

I nostri brani nascono sempre da un meccanismo collaudato da tempo. Io mi occupo della composizione del brano, che può scaturire da idee di basi già ben strutturate e create da Francesco, o da suoni ispiratori, magari derivanti da un semplice synth, oppure dal pianoforte. Difficilmente da riff di chitarra. In questo ingranaggio, abbiamo trovato il nostro equilibrio dove tutto trova forma lavorando insieme alla ricerca di un vestito sonoro consono al singolo brano, senza mai dimenticare l’identità alla quale apparteniamo.

Un disco che ci trasporta direttamente negli anni ’80, cosa significa per voi quel decennio?

Quel decennio rappresenta ciò che abbiamo potuto percepire, ma non vivere nella sua completezza. In realtà noi abbiamo vissuto l’adolescenza più alla fine degli anni 80, per poi essere immersi veramente nei pieni anni 90. Eppure intuiamo dentro di noi, quanto gli anni 80 fossero inimitabili, nella loro esplorazione sonora, (in particolare nel synth pop o nel Metal), quanto tutto sembrasse sbocciare in ogni arte, e soprattutto quanta nostalgia riesca ancora oggi a suscitare in tanta gente, pur non avendoli vissuti. Il richiamo più forte verso quel decennio, è dettato da una sensazione di strana malinconia che ci porta a riflettere su quanto la musica, il cinema, la radio e l’arte in generale, sembrano non trovare più un estro così preciso, lasciando spazio a un periodo molto confuso, in tutti i sensi.

I testi sono stati affidati ad Andrew Mecoli, com’è nata questa collaborazione?

Andrew ha fatto parte fin da subito del progetto, parliamo del 2012; essendo lui italoamericano, ha sempre ottenuto il ruolo di autore dei testi, non volevamo cadere in errori grammaticali né in pronunce sbagliate. All’epoca era anche attivo come musicista, sia per i live che per la composizione di alcuni brani. Oggi, pur mantenendo un ottimo rapporto, le strade si sono separate, ma la sua collaborazione a livello di testi è sempre presente, e senza ombra di dubbio, fondamentale per la nostra musica.

Alla produzione invece avete coinvolto Steve Lyon che ha lavorato con band come Depeche Mode e Cure, come siete arrivati a lui?

Quando con Francesco abbiamo deciso di riunire le idee per un nuovo album, mi propose, dopo aver avuto la sua esperienza personale con il mix dell’album degli Spiritual Front, di lavorare con Steve Lyon. Ovviamente, l’entusiasmo era alle stelle, non solo perché parliamo di un grande professionista internazionale, ma perché i Depeche Mode sono sempre stati un punto di riferimento per tutti noi. Quindi, per semplificare, è stato Francesco ad avere il contatto diretto, e dopo pochi incontri e ascolti di demo da noi proposti, Steve ha accettato di lavorare sull’intero album. La sola eccezione è per ENDLESS, che abbiamo prodotto noi e mixato a The Shelter Room da Francesco Conte e masterizzato, questa volta a Helsinki, al Finnvox studio.

La creazione del disco ha poi concluso il proprio viaggio europeo in Svezia, giusto?

Si, allo studio Grondahl di Stoccolma. Masterizzato da Thomas “Plec” Johansson, che ha fatto un lavoro fantastico. Abbiamo scelto di farlo fuori Italia, perché conosciamo bene il gusto musicale di quelle zone, che risulta essere perfettamente appropriato al nostro stile.

Il video di Endless è nato da una vostra idea o vi siete affidati completamente ai registi?

Sarò onesto, lo stimolo per questo video nasce da un suggerimento di Luca Bramanti (nostro ufficio stampa) che ha colto immediatamente lo spirito del progetto. Da quel momento, ho sentito la necessità di comporre un nuovo brano (extra rispetto a Neon Rain), che racchiudesse una sintesi musicale vera e propria degli anni 80. Così, Stefano Calabrese, nostro coordinatore, ha suggerito di affidare il video a Giulio Dell’Aquila e Pierfrancesco Bigazzi, i quali, dopo aver avuto un confronto con me e ponendo solo due piccoli limiti alla narrazione, hanno sviluppato una storia che ha esattamente tutto ciò che volevamo: videogame, adolescenza, sogni e speranze e un finale un po’ malinconico. Devo dire che, sono andati oltre le aspettative, per quanto ci riguarda. Veramente bravi.

Per chi ancora non vi conosce, quando e com’è nato il progetto The Public Radar?

The Public Radar nasce come progetto nel 2012, riunendo esponenti importanti della scena musicale romana: Io, Max Alto (Seth, Web), Francesco Conte (Desecretion, Web, Klimt 1918, Spiritual Front), Andrew Mecoli (Growing concern, Volume), Claudio Del Proposto (Youarehere) e Paolo Fabbrocino (Il Volo, CiaoRino). Francesco, che aveva già suonato con me nei Web, propone di formare una nuova band, che a differenza dei generi affrontati in precedenza più rock/grunge, questa volta fosse rappresentativa di un tributo al synth pop di derivazione anni 80 e sperimentazione electro-shoegaze. Il loro esordio è con un Ep contenente tre brani e un video (con Giulio Berruti protagonista) di Show me i’m your lover. A New Sunrise segue il successo dell’omonimo EP d’esordio, uscito nel novembre 2013, che ha rapidamente scalato la classifica Alternative di iTunes, raggiungendo la posizione numero 3.

Avete già in programma qualche data live per la promozione di “Neon Rain”?

Purtroppo non abbiamo ancora in programma a breve termine un live, stiamo lavorando per questo. Vogliamo offrire, come abbiamo cercato di fare per l’album, qualcosa che non sia banale e noioso, ma costruire un live/spettacolo in grado di intrattenere anche chi non è amante del genere.

Grazie mille per il tuo tempo, ti lascio piena libertà per chiudere questa intervista come vuoi.

Grazie infinite a voi per questa intervista. Ci auguriamo che Neon Rain possa portare l’ascoltatore, a far riaffiorare emozioni che si sono perse ma che ancora risuonano in noi. (cit. Endless)

MARCO PRITONI