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TAVO – Intervista al cantautore piemontese

TAVO – Intervista al cantautore piemontese

In occasione dell’uscita del nuovo singolo “Rivoluzione”, ho intervistato Francesco Taverna, in arte TAVO, cantautore alessandrino classe 1993 che figura tra gli artisti emergenti del panorama indie pop italiano.  

Ciao Francesco, benvenuto su Tuttorock, innanzitutto parliamo di questo tuo nuovo singolo “Rivoluzione”, uscito venerdì scorso, com’è nato e che riscontri stai avendo?

Ciao Marco! Fondamentalmente sono contento, in quanto ho scritto il singolo “Rivoluzione” in un periodo dove, un po’ per un problema famigliare piuttosto importante e un po’ per il Covid, soffrivo molto dell’assenza dei rapporti interpersonali. Quando una persona ha un problema, è difficile risolverlo se non si ha la possibilità di avere un contatto con altre persone, a volte uno non ha voglia di chattare ma preferirebbe essere capito tramite uno sguardo oppure ricevere un abbraccio. Scrivere questo brano è stato come cercare di rifugiarmi nella musica per cercare di essere compreso dalle altre persone, in parte questa cosa è avvenuta e sta avvenendo e sono felice e orgoglioso di ciò.

Per quanto riguarda la nascita del brano sono partito da un testo, ho iniziato a scrivere una sorta di diario, un tema, che poi ho ridotto fino a farlo diventare una canzone. Successivamente c’è stato il lavoro di produzione di Roberto Lazzarin e Andrea Cherian che lavorano per la Noize Hills Records, l’etichetta con la quale collaboro da 4 anni. Abbiamo lavorato tutti insieme dal punto di vista musicale per la stesura del brano.

Parti sempre da un testo?

Una mia canzone a volte nasce prima da un testo, altre volte da una melodia, altre volte ancora da un ritornello che resta fermo per mesi per poi essere riempito con le strofe e il resto. Spesso le mie canzoni sono dei collage o dei testi in prosa che vengono ridotti prima a poesia, poi a canzone.

Raccontami invece qualcosa riguardo al video.

Il video è nato da un’idea di Lorenzo Chiesa, bassista del mio progetto e amico d’infanzia. Inoltre è un grafico e lavora per una nota azienda di Milano che cura grafica e video di multinazionali. Insieme ad alcuni collaboratori e tecnici ha girato il video che accompagna il testo che parla del coraggio, di non avere paura, di scegliere di esprimersi e mettersi un po’ in gioco. Ha scelto di contrapporre uno spazio aperto al teatro, e c’è un elemento in comune tra questi due luoghi, ovvero che sono entrambi posti dove si ha la libertà di espressione, sono spazi dove nessuno ci può dire nulla e dove siamo liberi di dire ciò che pensiamo senza passare per stupidi e senza avere giudizi.

Questo singolo segue l’uscita del tuo EP “Theia”, uscito lo scorso maggio, andrà a far parte di un altro EP?

Andrà a far parte di un album, il punto è che preferisco rimandare la pubblicazione dell’album a quando ci sarà la possibilità concreta di poterlo portare in giro per l’Italia, mi dispiacerebbe non poter fare un tour per promuoverlo. L’uscita di “Theia” doveva coincidere, nel 2020, con il tour “Il tempo di ballare”, titolo omonimo di un brano contenuto nell’EP. Il tour è iniziato con i Sick Tamburo, poi tutto è stato purtroppo congelato, quindi abbiamo optato per uscire con l’EP ma, per me, non avrebbe molto senso fare uscire oggi il nuovo disco. Suonare dal vivo è la cosa che più mi piace fare e senza di essa non farei questo mestiere. Sicuramente, comunque, verranno pubblicati ancora un paio di singoli.

Quali sono gli artisti del passato e quali quelli del presente che più ammiri?

Nel passato ti nomino quegli artisti che stanno al terzo posto dopo il Papa e Gesù Cristo in Italia, ovvero De André, Guccini e tutto il cantautorato italiano, vengo da quello ma anche dalla musica elettronica e dal jazz, che ho studiato al conservatorio, in particolare la chitarra jazz. Poi ho ascoltato anche grunge, glam rock, tutto quello che c’è stato negli anni 80 e 90. Oggi, senza andare a cercare chissà chi, uno degli artisti che più mi è piaciuto vedere dal vivo è stato Francesco Motta, è uno di quelli che ammiro un sacco dal punto di vista stilistico nella scelta dei brani, delle musiche, e adoro i suoi live, credo ci sia un lavoro gigantesco dietro ad un suo concerto. Poi ho visto molte volte anche gli Zen Circus. Ascolto comunque di tutto, se un brano mi  piace ben venga, indipendentemente dal genere.

Come ti sei avvicinato al canto e ti ricordi quando è stata la prima volta che hai cantato una canzone?

Ho fatto il chitarrista per 6 anni in una cover band e abbiamo fatto quasi 400 date, è stata una gavetta immensa dove ho iniziato a fare i cori, poi, a casa, mentre strimpellavo la chitarra, provavo a cantare i pezzi degli altri, dopodiché sono passato a scrivere i miei brani. Poi, al conservatorio, ti aiutano con l’intonazione, con i cori e studi altre materie complementari. Non canto bene ma cerco di cantare come meglio posso (ride – ndr).

Il tuo nome d’arte l’hai scelto tu o è un soprannome che ti hanno dato altre persone?

È un soprannome che deriva dal mio cognome Taverna, hanno iniziato dalla prima elementare a chiamarmi Tavo e, dato che in quello che scrivo non esiste una reale distinzione tra persona e personaggio, nel senso che racconto della mia vita e di persone che hanno fatto e fanno parte di essa, ho deciso di tenere quello come nome d’arte.

Sei soddisfatto di come sono andate le cose fin qui per te nel mondo della musica o hai qualche sogno che puoi svelarmi?

Vivo di sogni perché, se fai questo mestiere, non puoi dire di essere arrivato, io sono al primo gradino di una lunghissima scalinata e soffro del fatto di non poter suonare, è un po’ come aver gettato via l’anno 2020. Di sogni nel cassetto ne ho un mucchio, vorrei fare tante cose e, soprattutto, suonare tanto.

Tornando al discorso di prima, che ricordi hai della serata in cui presentasti il tuo tour insieme ai Sick Tamburo?

Conoscerli nel camerino è stato molto bello, li ascoltavo già, uno, poi, ha un’aspettativa del personaggio, magari pensa sia trasgressivo, invece nel camerino si parlava di tutto, di cose di casa, di stoviglie, padelle eccetera (ride – ndr). Dividere un palco con loro per me era una cosa importantissima e, inoltre, era la prima volta per me che suonavo con una produzione vera e propria, con tecnici audio e luci che mi seguivano nel tour. Insomma, era una cosa grossa per me, poi è stato il primo concerto al quale è venuta mia madre. Ho sempre deciso di suonare ma di non farla venire ai concerti, il tour si chiamava “Il tempo di ballare”, e quello è il titolo di una canzone che ho dedicato a lei, quindi è stata una serata davvero molto importante per me.

Riguardo alla musica live, in questo momento storico come pensi di procedere, farai qualche concerto in streaming?

Purtroppo siamo in un momento in cui abbiamo paura, i locali piccoli e medi stanno soffrendo e molti di essi non sappiamo se riapriranno. Secondo me non ci sarà più la possibilità di fare veri e propri tour perchè mancheranno i posti dove esibirsi. Il nostro era comunque un ambiente già sofferente da un decennio, il Covid è stata la bomba, ma la miccia era già accesa da tempo.

Live in streaming ne ho fatti, poi probabilmente verrà fuori qualcosa per la promozione del nuovo singolo, ti dirò la verità, non sono molto a favore di questa cosa. Mi piace il palco con la gente davanti e, una cosa che non mi è andata molto a genio, è che molti hanno detto: “Lo streaming sostituirà il live”. Questa cosa mi ha fatto incazzare molto perché ci sta che uno dica: “L’ascolto su Spotify è una cosa, il live in streaming è una cosa e il live vero e proprio è un’altra cosa ancora”. Niente sostituisce qualcosa, se io ti dicessi: “Lo streaming va a sostituire un live vero e proprio” negherei il lavoro dei tecnici che lavorano con me quando faccio un concerto. Quello è un surrogato e nient’altro, voglio precisare questa cosa perché ci sono persone che da un anno sono a casa senza poter lavorare.

Aggiungo che mi sembra assurdo vedere determinati posti aperti dove c’è calca di gente, tipo i centri commerciali, e allo stesso tempo non posso partecipare ad un concerto dove, cosa vista in estate, con le ultime normative, si potrebbe tranquillamente agire in piena sicurezza. Purtroppo in questo mestiere non ci sono tutele, non ci sono malattie, non ci sono ferie, fai il concerto e non esisti più poi, il locale, tra imposte e altre cose è costretto a pagare poco l’artista. È un cane che si morde la coda.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per salutarci?

Direi di aver detto tutto, grazie a te Marco, ciao!

MARCO PRITONI