SWANZ THE LONELY CAT – Intervista al cantautore
In occasione dell’uscita del nuovo singolo “AT THE CROSSROADS” ho intervistato il cantante SWANZ THE LONELY CAT.
L’estetica che concerne al tuo “Dark Blues” è relegata esclusivamente al lavoro in studio o è qualcosa che ti appartiene in modo viscerale?
Studio e live sono due esperienze molto diverse. In studio mi diverto perché posso suonare la maggior parte degli strumenti; dal vivo posso dare tutto, improvvisare, godere del rapporto col pubblico. Sono due aspetti complementari del lavoro di un musicista. Con la band (Dead Cat in a Bag) mi sento più libero, sicuro e protetto. Come solista, però, so di poter cambiare canzone all’ultimo, di essere libero di inserire monologhi, di dialogare realmente e in modo diverso con chi sta lì davanti a farsi riversare addosso frustrazioni, maledizioni e anche preghiere.
At The Crossroad, è un singolo solitario, pregno di una quiete quasi furiosa. Qual è stato il processo che lo ha portato alla luce?
Ho scritto il primo verso (che dice, quasi biblicamente: i miei nemici stanno bene, la mia casa è in fiamme) dopo la morte della mia compagna, anni fa. Da allora, ne ho passate altre: c’è altro sentimento e risentimento, ma di base l’argomento è quello del bivio, delle due strade (probabilmente sbagliate entrambe), che riecheggia però il patto col Diavolo che la tradizione attribuisce a Robert Johnson, al quale rubo una strofa intera. È una canzone sulla paralisi esistenziale e sulla creatività. Una croce tra trascendenza e immanenza, una croce sul proprio personale calvario, ma alla fine, ringrazio sia Dio che il Diavolo per il blues. Non abbiamo altro che la lamentela: tentiamo di lamentarci nel migliore dei modi!
C’è un posto in particolare in cui suonare la tua chitarra ti porta in un’altra dimensione? Se si com’è viverci dentro?
Io mi considero prevalentemente un banjoista. Il banjo è lo strumento con cui mi esprimo più liberamente, che so suonare tecnicamente meglio e con cui posso osare uno stile più personale. Alla chitarra chiedo poco: soltanto il suono. Un singolo accordo con l’amplificatore adatto può aprire mondi. E anche, talvolta, distruggerne alcuni. Qui ho usato un sacco di elettronica e insieme un impianto di base da stomp-blues molto atavico. È una canzone ipnotica: abbiamo suonato tuo io e il cantautore Davide Tosches, nel suo studio Confine del Bosco, a Cavagnolo. Libertà pura, anche un po’ di azzardo.
Se dovessi descrivere la tua musica creando un drink, o una serie di drink bevuti in strada nelle ore sbagliate, quali sarebbero? E come sarebbero serviti?
Sono un uomo d’altri tempi, benché non quello che oggi si definisce un boomer. Io non gradisco i cocktail, preferisco le acquaviti. Whiskey, bourbon, grappa, a volte vodka. Credo che un brano come questo non richieda nulla di raffinato. È una canzone da fiaschetta che tieni nella tasca interna del cappotto. È anche un po’ rurale… almeno per l’ambientazione. Abbiamo bevuto grappa, nella realtà. E vino. Se proprio devo indicare un cocktail, credo che sceglierei il White Russian di Lebowski rispetto al Vesper Martini di James Bond.
Se potessi scegliere tra i vari artisti ancora attivi, internazionali e non, qualcuno con cui fare un featuring per il prossimo singolo, chi sarebbe/sarebbero? E perché?
A livello di fama e royalties, direi Achille Lauro: lui si veste da exogino e io canto (ad ognuno ciò in cui se la cava meno peggio). A parte gli scherzi, più che indicare nomi da sogno impossibile, posso rivelare le cose buone che capitano davvero: sul nuovo dei Dead Cat in a Bag abbiamo come ospiti speciali Liam McKahey dei CousteauX e Gianni Maroccolo (con il quale l’anno scorso ho realizzato due dischi); sul nuovo di Swanz The Lonely Cat sono previste le comparsate di Alain Croubalian dei Dead Brothers, un cameo di Giovanni Ferrario e Cesare Basile, se tutto va bene un contributo di Julia Kent. Ma sono patti presi al bar, in amicizia, nulla che abbia a che vedere con le etichette. In quest’anno nefasto ho ancora fatto in tempo a prendere parte allo spettacolo/disco A S.A.D. Krapp di Barbagallo e a dare un piccolo contributo all’Lp d’esordio degli Ho.Bo, che mi piacciono molto. Poi c’era molta carne al fuoco, ma il fuoco è stato spento da un DPCM. Lavoro a un disco cui tengo molto, con Stella Burns (e gente come Diego Sapignoli e Cecco Giampaoli alla sessione ritmica: una garanzia e una gioia). Poi ho anche una colonna sonora tra il minimalismo, la drone music e l’harsh noise, che potrebbe vedere la luce nel 2022. Se ci sarà ancora un mercato discografico e qualche forma di vita senziente.
GIOELE AMMIRABILE
Band:
Swanz, frontman dei Dead Cat In A Bag
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