SOULS OF DIOTIMA – Intervista alla cantante Claudia Barsi

In occasione dell’uscita dell’album “Janas”, prevista per venerdì 29 gennaio su etichetta Diotima Records/Rockshots Records, ho avuto il piacere di intervistare Claudia Barsi, cantante dei Souls Of Diotima, band proveniente dalla Sardegna dallo stile unico, caratterizzato da elementi riconoscibili di metal tradizionale, progressivo e sinfonico, così come da elementi non convenzionali, intrecciati musicalmente in un nuovo modo fortemente espressivo che richiama atmosfere e tradizioni mediterranee e che si potrebbe chiamare “Mediterranean Metal”. 

Ciao Claudia, benvenuta su Tuttorock, innanzitutto come stai?

Ciao Marco, piacere! Sto abbastanza bene nonostante il periodo, grazie!

Parliamo di questo nuovo album della tua band, i Souls of Diotima, “Janas”, che uscirà il prossimo 29 gennaio, parlami un po’ di questo titolo, è un omaggio alle fate presenti nella tradizione sarda?

Assolutamente sì, l’album nuovo è innanzitutto un contest ed è il secondo capitolo di un percorso che abbiamo iniziato con il precedente “The Sorceress Reveals – Atlantis” uscito nel 2016. In “Janas” raccontiamo i miti, le storie e le leggende della nostra terra, la Sardegna, e abbiamo inserito la title track omonima che racconta delle fate che, nella leggenda, rapivano gli esseri umani, soprattutto quelli di sesso maschile, dopo averli derubati e possedevano un ricco tesoro che tenevano nascosto all’interno delle loro piccole grotte. Il brano “Janas” è uno dei più rappresentativi dell’album, insieme al primo singolo “The Black Mask” uscito il 4 dicembre ed è l’essenza dell’album È una delle tracce più “metal” dove ci sono continui cambi di atmosfere, riff taglienti e precisi, ritmi serrati e un ritornello che è stato studiato appositamente per non uscire più dalla mente di chi ascolta il brano. Non abbiamo lasciato nulla al caso, io ho dato un’interpretazione emotiva piuttosto forte e abbiamo fatto del nostro meglio su questo brano.

Hai già risposto alla mia prossima domanda, ovvero, riascoltando i brani finiti, se tu dovessi sceglierne uno, qual è quello che preferisci?

Eh sì, “Janas” è uno dei brani più rappresentativi, come ti dicevo, insieme a “The Black Mask”, che abbiamo scelto come brano di apertura dell’album. Anche quello è molto incisivo sia dal punto di vista compositivo che tematico e dà subito l’idea e l’impronta di quello che si andrà ad ascoltare nel resto dell’album. Anche in “The Black Mask” è presente una melodia tagliente e avvolgente e abbiamo mantenuto una delle nostre caratteristiche principali con linee vocali studiate. Si parla di una figura molto conosciuta in Sardegna e sempre più anche a livello internazionale, una figura grazie alla quale molti visitano la Sardegna, i Mamuthones. Ogni anno, tra la primavera e l’autunno, ci sono feste paesane pagane dove è presente questa figura da un lato affascinante, da un altro lato macabra, vestita di pellicce, che indossa una maschera nera e che, insieme a altri 11 Mamuthones, fa una sorta di danza.

I testi sono stati scritti sempre dal vostro batterista Giorgio Pinna?

Generalmente i testi li scrive lui anche se, ultimamente, vengono coinvolti tutti i membri della band compresa io, soprattutto quando arriviamo alla fase finale, quando dobbiamo vedere se il testo calza a pennello sulla musica. Solitamente partiamo da una struttura musicale creata dal nostro bassista Antonio Doro, e, in base a quello che essa ci trasmette, scegliamo insieme l’argomento da trattare. I testi sono una parte molto importante per noi e devono avere una propria musicalità e un proprio ritmo che devono sposarsi alla perfezione con la struttura del brano.

A proposito, ti dico i miei brani preferiti, adoro tutto l’album ma se dovessi scegliere ti direi “The Princess Of Navarra” e la conclusiva “Sherden”.

Grazie! “Sherden” è piaciuta a molti ed è un altro brano piuttosto incisivo, abbiamo cercato qualcosa di potente e roccioso per chiudere l’album. In quel brano, così come nell’altro che hai citato, c’è una particolarità, ovvero ci sono parti cantate in sardo. L’intervento del coro rende i brani molto più interessanti e dà quel tocco di sinfonico particolare, il coro sardo non è un coro come gli altri, ha tonalità e atmosfere molto particolari ed è un connubio che ci è piaciuto inserire.

Rispetto al precedente album “The Sorceress Reveals – Atlantis” avete eliminato gli intermezzi tra un brano e l’altro dando spazio a brani che, in alcuni casi, evidenziano una maturità compositiva ed esecutiva notevole. Avete fatto questa scelta per rendere meno dispersivo l’ascolto?

Assolutamente sì, è una scelta studiata. Dal momento in cui abbiamo terminato la registrazione di “The Sorceress Reveals – Atlantis” ci siamo resi conto che non era proprio quella la direzione che volevamo prendere, volevamo essere, come abbiamo fatto poi in “Janas”, più diretti, incisivi, con meno fronzoli, sovrastrutture e orchestrazioni troppo elaborate, abbiamo quindi cercato di rendere i brani più semplici all’ascolto. Purtroppo, in questo periodo, le persone hanno meno pazienza nell’ascolto di cose troppo elaborate e, concentrandosi su orpelli, neoclassicismi e cose del genere, potrebbero perdersi l’essenza della canzone stessa. È importante lavorare sull’immediatezza di un brano e in futuro ci muoveremo maggiormente in questa direzione.

Continuerete con i racconti della vostra terra?

Diciamo che un secondo capitolo è più che sufficiente. La cosa importante, come obiettivo che ci poniamo, è di concepire una composizione molto sincera, ci piace parlare e rendere in musica ciò che ci circonda, preferiamo comunque che sia una composizione onesta rispetto a chi ci ascolta. Pensiamo che due concept siano sufficienti, abbiamo fatto ricerche approfondite e pensiamo di fermarci qua con i racconti della nostra terra. Ovviamente, i tratti mediterranei rimarranno sempre nella nostra musica.

In “Sleep Demon” sfiorate territori dance, com’è nato questo esperimento molto riuscito?

È uno dei miei brani preferiti, molto alternativo, lo consideriamo uno dei più moderni dell’album dove puoi trovare dell’elettropop, della dance anni 90, delle parti in growl, dei riff rocciosi, c’è un po’ di tutto e ci piace anche per questo, non ci siamo chiusi all’interno di schemi che ci rendono obbligati a fare qualcosa di preciso. È ispirato molto dalla figura mitologica di un piccolo gnomo che, nel cuore della notte, nella fase più profonda del sonno, impazziva e si metteva a ballare sul petto della vittima per togliergli il respiro, una sorta di danza della morte. Questa figura si ritrova anche nelle culture nordeuropee, abbiamo pensato a questa sua danza e l’abbiamo riprodotta ironicamente nel ritornello. È un brano che pensiamo possa essere molto azzeccato nell’esecuzione dal vivo.

A proposito di musica dal vivo, siamo in un periodo in purtroppo è ferma a causa dell’emergenza dovuta al Coronavirus, voi come vi state muovendo, avete in previsione qualche live in streaming per lanciare l’album o preferite attendere tempi migliori in cui si potrà tornare a suonare sui palchi?

In realtà noi preferiamo i concerti veri, il periodo è limitante anche negli spostamenti e nello stare insieme, oggi è quindi difficile anche organizzare un live in streaming. Speriamo che presto possano riprendere i live, noi puntiamo all’estate/autunno 2021, stiamo pensando a qualcosa di forte per promuovere “Janas”, vogliamo fare le cose in maniera ottimale, quel periodo sarebbe perfetto per promuoverlo nel modo più giusto.

Due domande non sulla band ma rivolte a te direttamente, fai qualche esercizio o corso per mantenere la tua bellissima voce a questi livelli?

Assolutamente sì, canto fin da quando ero bambina, poi ho iniziato a prendere delle lezioni con diverse insegnanti, ora proseguo con i miei esercizi giornalieri riguardo l’utilizzo del diaframma, la respirazione, i vocalizzi. Bisogna essere molto costanti e dedicare molto tempo alle corde vocali, che sono uno strumento esattamente come una chitarra, un basso o una batteria, anzi, uno strumento ancora più complesso trovandosi all’interno del corpo umano. Con un allenamento continuo si può solamente migliorare.

Hai già realizzato i tuoi sogni musicali o ne hai ancora qualcuno nel cassetto?

Diciamo che il mio unico sogno è quello di pensare esclusivamente alla band, come nostra politica non abbiamo progetti o cose che vorremmo fare al di fuori dei Souls of Diotima. Questo potrebbe capitare solo per esigenze di marketing oppure per una collaborazione che tornerebbe a vantaggio della band. Ci concentriamo solo sulla band che ha una sua precisa identità, una sua precisa strada e tutte le forze e le idee le vogliamo concentrare su di essa per raggiungere insieme i traguardi senza distrazioni di alcun genere, anche perché non ne sentiamo le necessità.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa e salutare coloro che hanno letto questa intervista?

Ringrazio te, chi leggerà l’intervista e vi invito a seguirci sui nostri canali dove è disponibile anche il pre-order di “Janas”.

MARCO PRITONI