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Simone Galassi ci racconta il suo “Viaggio senza Fine”

Simone Galassi ci racconta il suo “Viaggio senza Fine”

Da Melbourne a Milano: in occasione dell’ uscita del suo album “Viaggio Senza Fine” abbiamo intervistato Simone Galassi

Buongiorno Simone e benvenuto tra le pagine virtuali di Tuttorock! Puoi raccontarci come hai deciso di intraprendere il percorso di musicista e quali sono state le tue prime “cotte” musicali?
Ciao a tutti e grazie mille per l’invito! Ho iniziato a suonare la chitarra fin da bambino e da allora è diventata una compagna fedele nel mio viaggio di scoperta musicale. Non direi che ho preso una decisione precisa, è stato più un naturale fluire degli eventi. Le mie prime influenze musicali includono i grandi classici del blues come John Lee Hooker, BB King e Muddy Waters, che mi sono stati trasmessi dal mio cuginetto più grande. Durante l’adolescenza, mi sono appassionato ai Green Day e ai My Chemical Romance, mentre più avanti ho scoperto gruppi come The Strokes, The Libertines e i White Stripes. A 20 anni, la mia lista si è arricchita con artisti come Neutral Milk Hotel, Tom Waits, Nick Cave e Johnny Cash. Questo è un breve riassunto delle mie prime grandi passioni musicali. 

“Viaggio Senza Fine” racconta le fragilità dell’essere umano e il suo cammino di vita, con le tante incertezze, i drammi ed i dubbi che popolano la mente dello stesso, in un simbolico passaggio all’ emancipazione. Qual è l’impulso che ti ha portato a realizzarlo?
L’impulso è stato quello di mettere ordine tra le rovine della propria esperienza, di scoprire sè stessi attraverso il bisogno urgente di esprimersi e la necessità di guarire attraverso la condivisione delle proprie emozioni. La condivisione emotiva collettiva mi appassiona profondamente; mi piace utilizzare la mia musica come uno strumento semplice per approfondire sempre di più, per narrare attraverso il filtro della mia vita emozioni che possano risuonare anche nell’esperienza di qualcun altro. 

Si allude ad atmosfere “soniche”: visto che il termine è un po’ esteso e fa riferimento a qualcosa di strettamente inerente al concetto di “suono”, sono molto incuriosita circa l’accezione che conferisci a questa parola molto evocativa. Lo leghi a un concetto fisico come quello di velocità o di densità oppure ad uno più astratto e relativo al piano delle emozioni e dei sentimenti?
Il termine in sé racchiude anche un valore scientifico che mi attrae, la musica per me rappresenta un grande mistero. Ho sempre in testa un suono preciso per le mie canzoni, è come se fosse nella mia testa già al momento della scrittura, poi il grande lavoro è quello di avvicinarmi il più possibile all’idea madre. In tutto ciò serve pazienza e allenamento. 
Le idee si palesano nelle maniere più randomiche quasi come se non fossi davvero io a concepirle, come se il suono passasse attraverso una barriera temporale e io diventassi tramite per quei pochi minuti in cui sono in grado di tradurre il messaggio. In definitiva credo che ci sia un forte legame fra il concetto fisico e quello astratto del termine. 

Come hai sviluppato il tuo peculiare modo di cantare: ruvido, sofferto, quasi sussurrato… ti sei ispirato a qualche autore in particolare? 
La mia vita non è stata semplice… Penso che la voce sia un riflesso dell’anima, una sorta di diario in cui sono registrati tutti i segreti della propria emotività. Le mie influenze musicali sono state molte, ma ho trovato la mia voce col passare del tempo, quando ho smesso di cercarla. 

Hai una sorta di routine canora alla quale ti attieni per rimanere sempre in allenamento? 
No, non sono quel tipo di cantante. Canto spesso perché ne sento il bisogno fisiologico, quindi credo che questo sia sufficiente come allenamento. 

Puoi raccontarci come nasce il collettivo “Rinascimento” e di cosa si tratta?
Rinascimento è il frutto della collaborazione tra me e Luca Bossi. È nato mentre lavoravamo nel suo studio durante la produzione del mio disco, e ho contribuito creativamente anche alle produzioni di altri artisti. Nel 2023 abbiamo prodotto molta musica insieme e abbiamo sentito il desiderio di creare uno spazio accogliente per tutti gli artisti che lavorano con noi. Il nostro collettivo si basa sulla condivisione e lo scambio di performance artistiche, nonché sul sostegno reciproco durante le esibizioni live. A maggio scorso abbiamo concluso con successo la prima edizione del Rinascimento Fest, una serie di concerti in gondola sul Naviglio Grande a Milano. L’entusiasmo dimostrato dal pubblico in tutte le date dell’evento ci ha spinti a continuare su questa strada, organizzando eventi simili e continuando a produrre e pubblicare nuova musica in modo costante 

In che modo avete lavorato per creare questo peculiare tappeto sonoro che sembra legare un po’ tutte le tracce? 
Io e Luca abbiamo sviluppato un approccio unico alla produzione musicale mentre lavoravamo su questo disco. La nostra metodologia si basa sull’interpretazione delle frequenze a livello emotivo ed evocativo. “Viaggio Senza Fine” è un album che cerca di esplorare la dimensione ultraterrena delle emozioni umane, e il suono è stato un elemento cruciale per consentire ai testi di esprimere appieno il loro significato più profondo. Abbiamo dedicato oltre un anno alla ricerca di una sorta di “ricetta” che legasse insieme tutte le sfumature sonore 

Hai scritto un singolo in rotazione radio: “Milano senza soldi” in cui affronti la tematica delle difficoltà economiche vissute da parte di chi abita la città. Si tratta di un singolo autobiografico? In questo caso puoi raccontarci di più sul tuo rapporto con la metropoli?
Sì, “Milano senza soldi” è un singolo autobiografico, ma ha anche un riflesso dell’emotività collettiva di cui ho parlato in precedenza. I soldi sono un potente strumento che influenza profondamente l’energia delle persone, ed è importante proteggersi in ogni situazione. Il mio rapporto con le metropoli è sempre stato di amore e odio. Prima di Milano, ho vissuto a Londra e a Melbourne, città incredibilmente diverse tra loro. Ho vissuto esperienze diverse in ognuna di esse, ma c’è un sentimento comune che accomuna tutte le metropoli: quella strana sensazione di sentirsi a casa pur non essendo a casa e, al contempo, di sentirsi completamente soli nonostante la folla di persone intorno. Le metropoli sono sicuramente un terreno fertile per la mia creatività. 

In “Fashion Drama” mi sono soffermata su questa strofa che mi ha colpita particolarmente: “non ho più paura di sentirmi donna / sentirmi donna dentro / non è un peso questa volta”. In queste poche frasi percepisco molto del concetto di Anima che Jung propone come componente inconscia della personalità maschile. C’è del femminile nel maschile così come esiste un maschile nel femminile e questi archetipi ricongiungono Psiche ed Eros attraverso la riflessione (reflexio). Parte cosciente e parte incosciente o inconscia. Mi vuoi esplicare meglio la tua visione?
Credo di averlo capito già dall’adolescenza che la mia Anima fosse un misto di mascolinità e femminilità, ma non avevo ancora gli strumenti per capire come convivere con questi due lati. Il lato femminile esiste in ogni uomo ma chiaramente non tutti impariamo a scoprirlo, nel mio caso mi ha aiutato il rapporto con le donne, trovare dei connotati caratteriali specifici che rivedevo anche in me stesso. Potendo osservare in terza persona, ho imparato ad analizzare e accettare quella parte di me che prima era confusa. Inoltre immedesimarsi nell’altro sesso aiuta a sviluppare una sensibilità che può risolvere tanti dei problemi relazionali in cui spesso ci imbattiamo.

In “Rabbie Su Rabbie” alludi ad una rabbia simbolica, come repressa. Ma quali sono le situazioni che fanno infuriare Simone Galassi e per quale motivo?
Ciò che mi ha portato a scrivere quel brano è rabbia vera, quella così potente da alterare la realtà, da scombussolare il corpo a livello chimico per giorni. La simbologia è entrata in gioco quando ho capito di essere stanco di quel tranello e ho dato voce al mio inconscio per spiegare a me stesso quella rabbia da un punto di vista più profondo, cercando di capire cosa accade sottoterra prima che il vulcano vada in eruzione. Mi fanno infuriare le situazioni in cui le persone non vogliono cambiare idea per punto preso, mi fa infuriare lo strano compiacimento che alcune persone provano nel ferire il prossimo e l’incapacità di chiedere scusa. Mi fa infuriare l’indifferenza del mondo in cui viviamo e la leggerezza con cui accettiamo di rinunciare passo per passo alla nostra libertà.

Ti ringrazio per il tuo tempo e ti auguro in bocca al lupo per la promozione del tuo album! 

Grazie a voi! E un saluto a tutti i lettori. 

SUSANNA ZANDONÀ

SUSANNA ZANDONÀ