SIMONA RAE – Intervista alla cantante da Casadei a InfernoOperaRock

Dopo la sua straordinaria interpretazione su Inferno Opera Rock, ultima perla di una luminosa carriera, ho intervistato la cantante SIMONA RAE sulla sua luminosa carriera.

Simona piacere di averti sulle pagine di Tuttorock, come hai iniziato ad avvicinarti al mondo della musica? Da molto piccola?
Ho sempre cantato, sin da piccolissima, era la mia valvola di sfogo. Da ragazzina ho poi cantato in qualche band di stampo pop-rock. Il piacere è stato quello di crescere insieme ad amici, divenuti poi affermati musicisti e continuare a collaborare. Ho poi completato la formazione studiando e trasformando la passione in lavoro. Certo mai avrei pensato di farmi pagare per cantare! 

Potremmo dire qui la battuta che va di moda nel nostro paese, “Canti va bene, ma di lavoro cosa fai?”
(Risate) vero, ma poi io da piccola ero per certi versi comica, cantavo in casa e mi sentivano tutti i vicini, tremavano i muri. Alle scuole medie mi prendevano in giro dicendomi “Ma figurati se canterai, cosa pensi, che andrai a Sanremo?”. In effetti poi a Sanremo non ci sono andata, ma ho comunque fatto tante altre cose belle e importanti. 

Niente Sanremo per una scelta o non è capitata l’occasione?
Ho sfiorato Sanremo Giovani a metà anni 2000: proponevo in giro i miei pezzi e una casa discografica ci aveva creduto davvero. Per diverse ragioni il progetto è naufragato ed io ho preferito dedicarmi ad altro, lavorando più come interprete. Sicuramente son rimasta scottata. Ora, se mi capitasse l’occasione, parteciperei senza pensarci due volte! La maturità personale e professionale che ho acquisito in questi anni mi aiuterebbe a tenere testa a situazioni forti come il Festival di Sanremo. 

Come dicevi, le soddisfazioni non ti sono mancate, avendo lavorato con tutti i più grandi della musica, hai qualche aneddoto particolare da raccontare a tal proposito?
Me ne viene in mente uno molto dolce. Nel novembre 2017 andai in Canada per una produzione molto importante di musica italiana. Era un format che si ripeteva con frequenza presso il Teatro Niagara Falls. In quell’occasione si sarebbero esibiti Ron, Wilma Goich, Vianello, tanti grossi nomi tra cui l’Orchestra Casadei di cui facevo parte. Durante le prove Edoardo Vianello si siede in prima fila. Io ancora non mi ero presentata. Mentre canto lui si alza in piedi e mi apostrofa: “Sei brava, ma non Giorgiare!”. Questo consiglio mi fece molto ridere! Per i successivi tre giorni mi prese sotto la sua ala protettiva dandomi tantissimi consigli teneri: “Quel passaggio lì fallo così, quell’altro fallo in altra maniera, ecc. ecc.”. Sono rimasta impressionata dalla sua competenza e preparazione, un grande professionista, uno che la storia l’ha fatta per davvero. 

Poi è arrivata l’orchestra Casadei con cui hai girato il mondo, e non come corista, ma come vocalist.
Fino agli anni ’90 l’orchestra Casadei si è sempre nutrita di personaggi femminili centrali, Casadei scriveva per la donna, ricordo le iconiche Luana Babini e Rita Coscialunga che negli anni ’70 sdoganò il pantaloncino corto. Con l’Orchestra mi sono trovata a fare di tutto, la tradizione, l’internazionale, portando la mia modernità. In una trasmissione di critica musicale de La Repubblica, WebNotte, ci sfidarono a portare una versione di Smoke on the water, e noi accettammo. Ma poi in pullman Mirko disse: “Va bene, ma chi la canta?”. Il performer maschile disse che non l’avrebbe mai cantata, troppo lontana dalle sue corde, tutti si girarono a guardare me e, per l’appunto, la cantai io. Ricordo che in trasmissione rimasero sorpresi di vedere un’orchestra di liscio adattarsi così bene al rock e, soprattutto, delegare ad una voce femminile il compito ‘ingrato’ di tributare i Deep Purple. Il brano è stato poi  inserito nelle nostre setlist dal vivo. 

Anche con Casadei aneddoti non ne mancheranno.
Pensa che quando Mirko mi telefonò per propormi di unirmi a loro, gli buttai giù il telefono pensando ad uno scherzo. In quel periodo ricevevo molte telefonate dai call center e rispondevo a tutte “Orietta Berti” o “Casadei”, così da fargli credere di avere sbagliato numero e non essere seccata. I miei amici lo sapevano e di tanto in tanto mi facevano scherzi telefonici spacciandosi per Casadei o il manager della Berti. Ora, pensa, l’8 marzo festa della donna, Mirko Casadei mi telefona alle 21,30 per propormi di lavorare con loro. Ho creduto fosse uno dei tanti scherzi e misi giù. La foto relativa a questa utenza telefonica era un cane, quindi mi convinsi fosse uno scherzo. Dopo Mirko insistette nel richiamare e… niente. Era davvero Casadei! A furia di rispondere “Casadei” al telefono mi sono chiamata questa collaborazione (risate). 

Che forza, è stata veramente un’esperienza forte no?
Sempre in quell’occasione di cui parlavo prima in Canada con Vianello, aprii una serata cantando i classici italiani, da Volare a Romagna Mia, quando intonai quest’ultima vidi migliaia di persone, che non l’avevano fatto prima, alzarsi e cantarla a squarciagola, fu una emozione indicibile. 

Fra le altre cose sei esperta in vocologia artistica, di cosa si tratta esattamente?
Dopo essermi laureata alla Middlesex University di Londra, con specializzazione in didattica e management musicale, mi sono diplomata in Vocologia Artistica, master dell’Alma Mater di Bologna polo di Ravenna, sotto la guida del prof. Fussi. La vocologia artistica indaga la modalità in cui viene impiegata la voce per scopi professionali artistici e aiuta ad un buon training e rieducazione della stessa. 

La vocologia ha anche una declinazione medica?
Certamente poiché, in quanto disciplina, convoglia al campo propriamente medico della foniatria e otorinolaringoiatria, quello riabilitativo della logopedia, più una serie di  approfondimenti extra e di natura più artistica (tecnica vocale nel canto, doppiaggio, dizione, ars oratoria) o legati al benessere della persona come lo Yoga, la Fisioterapia, Posturologia ecc…

Arriviamo a oggi e alla sua feat nel progetto di Francesco Maria Gallo, Inferno, dove hai interpretato una straordinaria Francesca.
Sì, ho cantato quella parte e poi delle voci sparse qua e là. Inizialmente mi hanno chiamato per fare qualche coro o quelli che chiamiamo “colori”. Ho usato la voce con sonorità sovraglottiche, sporche, attingendo al Whistle, il famoso fischio alla Mariah Carey. Si tratta di suoni particolari, in questo caso diretti a ricreare un’atmosfera ‘infernale’ per l’appunto ma tutto prodotto dalla voce umana. Ad esempio, nel brano “Inferno” trovi fischi di terrore! Fatto questo, Francesco Maria Gallo  mi ha proposto di cantare “Francesca” sebbene il brano fosse già stato arrangiato in versione maschile. I musicisti hanno dovuto risuonare nuovamente per vestire la mia tonalità.

Bene, ascolta, progetti in essere e/o futuri? Pur in un momento così sospeso.
Per fortuna sono stata toccata, professionalmente parlando, in maniera marginale da tutto quello che stiamo vivendo. Come insegnante di canto e training vocale ho lavorato ugualmente, ovviamente tutta l’attività live è sparita, è difficile anche solo ipotizzare cosa fare e quando. L’obiettivo dello scorso anno era di realizzare un disco fatto con pezzi miei, ma con questa situazione ogni giorno è un giorno diverso.

MAURIZIO DONINI 

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