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SHAKE ME – Il mastermind Luka presenta il disco “Lullaby for Demons”

SHAKE ME – Il mastermind Luka presenta il disco “Lullaby for Demons”

In occasione dell’uscita del secondo disco “Lullaby for Demons”, ho intervistato Luka Albarella, mastermind del progetto rock Shake Me, attivo dal 2009. Dall’hard rock cantato in italiano della prima uscita si passa ad un nuovo sound, un moderno Electro Goth Rock in stile 69 Eyes, To Die For, Poisonblack, The Cult, The Rasmus e molti altri. I testi sono un mix di passione, romanticismo e cronaca nera caratterizzato da una voce molto orecchiabile e melodie che si possono apprezzare al primo ascolto.

Ciao Luka, benvenuto su Tuttorock, parliamo subito di questo nuovo disco del tuo progetto Shake Me, “Lullaby for Demons”, quando hai scritto i brani?

Salve Marco, grazie di avermi concesso uno spazio su Tutto Rock, webzine fra le più attive e caleidoscopiche in ambito musicale. Il nuovo lavoro originariamente (parliamo di ormai cinque anni fa!!) nasceva in italiano. In effetti l’intento era di dar seguito a “L’inquietudine”, un disco di robusto rock italiano. Sul secondo lavoro, c’era la volontà di inserire un massiccio uso di synth per dare quel tocco più moderno non tralasciando il sound bombastico del primo platter. La svolta poi è stata facendo la cover dei Tears for Fears “Laid so Low”. Ricordo che mi confrontai con il mio amico fonico e produttore del lavoro Fabio Calluori (leader degli Heimdall) sul fatto che avessi in mente di cambiare le liriche dall’italiano all’inglese proprio perchè vedevo un’anomalia; una cover in inglese piazzata in un disco cantato in italiano. A quel punto non restava che riadattare e in alcuni casi stravolgere i testi che avevo scritto e lì entrò in gioco Katia Martorelli, un’amica che da anni vive a Londra, la quale con tanta passione riuscì a fare un lavoro non propriamente agevole; mi preme ricordare che in un pezzo c’è anche la collaborazione di un preparato docente di lingue, Paolo Rubino. Per quanto riguarda le tematiche trattate c’è spazio per fatti di cronaca nera, scandali sessuali, romanticismo, passione; è un disco che definisco al femminile. La donna è al centro di tutto ma decisamente lontano dai classici clichè rock ‘n roll. Credo che in parte si riesca a percepire dalla bellissima copertina e dall’artwork interno. Come vedi dunque è stato un vero parto, senza contare che per quanto riguarda la fase degli arrangiamenti è stato tutto un piacevole divenire. Nel senso che i vecchi pezzi, da come li avevo immaginati, stavano prendendo una forma completamente diversa perchè non vedevo nulla di precluso; la mente era aperta e alla stessa stregua i musicisti coinvolti. Ho dato sicuramente delle linee guida ma massima libertà per tutti; posso dire di essere assolutamente soddisfatto da questo punto di vista.

La prima volta che hai ascoltato il disco c’è stato un brano che ti ha fatto dire: “questo mi è venuto proprio bene”?

Speravo mi facessi questa domanda. Sono molto legato a “Savage Love” perchè posso già anticiparti che fra non molto sarò di nuovo in studio per farne la versione italiana in quanto già in italiano il pezzo rendeva tremendamente bene. Ero riuscito a dare a quel pezzo erotismo e delicata sensualità. La versione inglese mi piace naturalmente ma questo pezzo so già che renderà benissimo anche in italiano. Naturalmente cadrei in fallo se ti dicessi che non sono legato alle altre tracce in quanto il fattore “mainstream” è venuto fuori pedissequamente. Linee vocali di stampo pop ingabbiate in arrangiamenti più incisivi. Un lavoro che io definisco “furbo” che può essere fruibile un po’ per tutti gli amanti del rock in senso lato.

Come da te anticipato c’è spazio anche per una cover dei Tears for Fears, “Laid so Low”, come mai hai scelto proprio quella band e quel brano?

Verità? Cazzeggiando su Youtube e a rotazione mi ritrovo su “Laid so Low”. Devi sapere che io sono cresciuto, diversamente da quel che si possa pensare, con il classico hard rock degli 80-90, Bon Jovi, Europe, Skid Row e guns su tutti anche se l’elenco sarebbe lungo, ed ero tentatissimo di piazzarci una cover dei Bon Jovi e giocare facile, ma la vedevo una mossa troppo scontata e da chi ha rifatto una cover di Nek, non puoi aspettarti che mosse bizzarre o quanto meno relativamente originali. Ci sono troppe “Shout” in giro, direi che il mio contribuito sarebbe stato più che superfluo. In origine ti confesso che la scelta era “Woman in Chains” ma avrei dovuto trovare una donna con un timbro soul e non era molto agevole, non avevo nemmeno voglia di sprecare energie superflue ad essere sincero.

Hai chiamato molti ospiti, come sei arrivato a loro?

Il tutto è nato in modo molto casuale; il primo è stato Ricky Portera, lo conoscevo artisticamente da anni, mi piaceva terribilmente il suo tocco. Portera fa sesso con la chitarra, è un passionale, emotivo dotato di grande sensibilità sia umanamente che per ciò che trasmette attraverso il suo strumento. Ricordo che al nostro incontro ero terribilmente emozionato di conoscere questo ometto piccolino che aveva contribuito a scrivere la storia degli Stadio, oltre ad essere stato vicino a Dalla per tanti anni. Dopo di lui c’è stato il contatto con Giacomo Castellano. Vidi un suo video dove spiegava la strumentazione che utilizzava in un tour di Elisa, mi colpì la sua professionalità oltre al tocco che aveva e la potenza che tirava fuori in tutti i contesti dove era coinvolto. Dopo alcune email ci sentimmo a telefono e in una delle nostre telefonate gli dissi “fai il Castellano” ostentando una serenità che non avevo affatto. Giacomo pur essendo molto disponibile ti fa capire che stai giocando con la serie A ed è giusto che sia così, prendere o lasciare. Ora posso confessarlo ridendoci su. E’ un riflesso incondizionato caro Marco; noi della vecchia guardia cresciuti con i poster al muro dei nostri idoli riusciamo ad emozionarci ancora per queste cose, credo tu possa capire quello che intendo. Per quanto riguarda gli special guest il terzo chitarrista fu Alex De Rosso. Alex è il meno turnista dei tre e mi ha chiesto fin da subito di essere se stesso. Puoi contraddire qualcuno che ha militato nei Dokken? La prima telefonata occhio e croce durò quasi mezz’ora; ricordo che pensai una volta messo giù “ma era quell’Alex De Rosso che vedevo sulle riviste qualche anno fa?”. Umiltà e cortesia disarmante, a parte che il suo “Lions&Lambs” è uno dei dischi che è girato maggiormente negli ultimi anni nel mio impianto. Se non lo conosci dagli un ascolto in giro. Mark Basile lo conosco da circa 15 anni, parlavamo su MySpace, ricordo che in quel periodo volevo coinvolgerlo in un progetto synth pop, poi per un po’ di anni non ci siamo persi per poi ritrovarci su FB e finalmente conoscerci di persona quando portai i suoi DGM al mio festival Rock in Flames a Salerno. Ti dico solo che mi ha consegnato il suo lavoro in meno di due giorni perchè a sua detta il pezzo lo aveva completamente coinvolto. “Alive” sembra sia finito nell’oceano DGM per via del tocco di Mark ma per me è semplicemente un onore. Gli altri guest coinvolti sono tutti amici che conoscevo da qualche anno, di Fabio già ti ho accennato, oltre a essere produttore del disco ha messo la sua manina metallurgica su “Shadows”, pezzo che in origine era “Ombre” presente sul primo disco e suonata dal mio vecchio compagno di viaggio Joe Nocerino, ex chitarrista de “Il Nero” (Progetto di Cabo ex Litfiba!!), Dario Crocetta mi è stato vicino anche in passato, chitarrista di assoluto gusto oltre ad essere una testa matta; “Alive” è in buona parte opera sua ma lo scheletro del pezzo era finito in un cassetto. Anthes Aliberti viene anche lui da una buona esperienza con i Circle of Witches anche se a me interessava il suo lato più rocker, ciò che meglio poteva enfatizzarlo. Gabriele Spagnuolo ha contribuito alla stesura di una versione originalissima ed elettro lounge di “Shadows” complice le tastiere di Andrea Barone (ex Stamina) che è riuscito a creare la cornice ideale ed omogenea a quasi tutto il disco. Ad onor di cronaca non posso non citare Angelo Napoli al basso, Joe Coppola alla batteria (Circle of Witches) e Antonio Farabella (Circle of Witches) al sax, ragazzo giovanissimo polistrumentista impegnato su più fronti.

Quando scrivi un brano ti viene in mente prima il testo o una melodia?

Assolutamente prima la linea vocale, ne ho sparse in giro da farci almeno altri due album, allucinante come mi piace complicarmi la vita. Non saprò mai se la scelta fatta per “Lullaby for Demons” sia stata quella ottimale, perchè il materiale era tanto. Avevo scritto originariamente circa venti pezzi completi di testi. Riconosco di non essere il ritratto della sicurezza fatta persona ma anche di colui che rischia di esser messo sotto per strada perchè si fa i suoi viaggi mentali e a volte si ritrova con una nuova idea in testa da immaginare possa essere la sua hit che possa permettergli di svoltare e comprare il villone con groupies annesse.

Quando e com’è nato il progetto Shake Me?

Era l’estate del 2009; guardavo le belle tettone di un disegno manga; avevo questo disegno avanti e sotto girava un pezzo dei Savage Garden “Break Me Shake Me”; ciondolavo con la testa, canticchiavo il ritornello e mi guardavo il davanzale manga. Come vedi qualcosa di filosofico e assolutamente spirituale. Chiamo Joe Nocerino e gli comunico che il vecchio progetto era morto, nascevano gli Shake Me e negli anni il moniker ha messo in risalto ciò che sono, facilitandomi conoscenze e relazioni decisamente piacevoli…. a buon intenditor!!

Hai qualche data live in programma per promuovere questo disco? 

Bella domanda. Il poter presentare un progetto fatto di inediti era un problema pre-Covid, figuriamoci ora che la gente (giustamente!!) può avere il problema di non tollerare più una mascherina. Sono anche organizzatore come avrai intuito, quindi la speranza è di rimetter su l’anno prossimo il Rock in Flames dove di sicuro non mancherà anche la mia presenza e di qualche bella sorpresa che mi accompagnerà. C’è anche l’idea di metter su dei set acustici per avere una facilità promozionale, le prove erano iniziate e procedevano bene prima dell’apocalisse. Ci sarebbe anche la volontà di affidarmi ad un’agenzia di booking per suonare in giro e magari riuscire a portare il disco anche all’estero ma ora come ora posso dirti che c’è anche tanta stanchezza da parte mia e ho bisogno di una buona pausa e riordinare le idee.

Domanda che faccio a tutti, qual è il tuo più grande sogno musicale?

Considera che sono un quarantacinquenne con il cuore e le emozioni di un ventenne, il che già complica il tutto. Ma se parliamo di sogni, direi che salire sul palco durante un live dei Bon Jovi è più che sufficiente, duettare con Jon e dirgli semplicemente “grazie di tutto” anche se temo passerei il tempo a piangere come una fan isterica dei Take That.

Tornando al disco, in quali formati sarà disponibile?

Al momento solo sul caro e comodo CD. Successivamente credo che a malincuore sarà presente anche sulle piattaforme digitali. Visto la copertina stupenda dell’artista Gianluigi Balzano sarebbe stato bellissimo farne un vinile; mai dire mai. A proposito di artwork, Gianluigi è riuscito a mettere visivamente sul booklet ciò che la musica esprime. Anche umanamente è nata una bella amicizia, senza contare che riesce a demolire con british aplomb le mie paranoie. Si tratta di un lavoro molto al femminile, pregno di passione, erotismo, sensualità, romanticismo e ancora sprazzi di buio e di malessere ispirati a fatti di cronaca o scandali mediatici che hanno coinvolto le donne negli ultimi anni.

Nel tuo modo di cantare e nelle melodie dei tuoi brani sento di tutto, dai 69 Eyes ai Sentenced, da Elvis Presley ai Tears for Fears, è tutto frutto dei tuoi ascolti che spaziano tra i vari sottogeneri del rock?

A primo impatto complice il mio timbro, il tutto potrebbe lasciar pensare che i nomi da te citati siano stati delle influenze per me. Per quanto possa apprezzarli nessuno di loro è stata una vera influenza per me. Ho iniziato a cantare quando avevo circa 13 anni e avevo sviluppato per un’impostazione innaturale, un falsetto molto melodico e fluido cantando su Europe e Bon Jovi ma ricordo anche Cher, che non erano propriamente nelle mie corde; il suono girava assolutamente naturale e una volta scoperti Helloween e Angra capii che quello era il mio momento. Poi un amico mi fece conoscere Geoff Tate e i gli immensi Queensryche e lì iniziai a capire cosa potesse fare una voce calda dotata anche di un falsetto potente e melodico. Con il passare degli anni però misi da parte questo aspetto perchè non ero più in grado di gestire la voce ma anche perchè avevo necessità di crearmi il mio stile. Ad oggi credo che la mia voce possa essere ancora un cantiere aperto con soluzioni anche sui toni medio bassi, cosa che ad esempio su questo lavoro in parte si evince. In verità non amo molto i cantanti che sfruttano solo una parte del range vocale come al tempo stesso detesto i cultori della tecnica fine a sé stessa. I nomi che mi hai citato sono importanti; l’interpretazione che riusciva a dare Elvis credo sia sublime, della drammaticità di Roland Arzabal ne vogliamo parlare? Ad oggi ad esempio adoro cantare anche sui dischi di Michael Bublè, amo Sinatra e lo swing in generale. Negli ultimi anni sono stato letteralmente rapito dal carisma magnetico del Sig. Dave Gahan. Se parliamo dunque di influenze. Se dovessi morire e rinascere invece ti direi l’ingombrante Sebastian Bach, una presenza aliena che ai tempi riuscì a destabilizzare anche il potente combo bonjoviano. È storia.

Quanto è difficile fare rock in Italia, più precisamente in Campania?

Sarà sempre difficile fare rock in Italia anche se i talent, i social e i media in generale vogliono farci credere il contrario propinandoci fuochi di paglia o meteore di dubbia onestà artistica. Non faccio nomi perchè altrimenti mi ritrovo i soliti forcaioli pronti ad additarti di gelosie e frustrazioni presunte; lasciamo al popolo le sue finte emozioni; tanto è una battaglia persa e con gli anni inconsciamente inizi a diventare più egoista e farti scivolare tutto.

Ti lascio piena libertà di chiudere questa intervista come vuoi (saluti, ringraziamenti, sfoghi).

Vorrei ancora ringraziare te e tutti i lettori di Tuttorock, naturalmente la GT Music che ancora una volta mi ha permesso di esser parte della loro famiglia e a proposito credo che sia stata fondamentalmente la mia famiglia ad aver sopportato e sopportare i miei continui sbalzi di umore perchè vistomi annegare in un mare di pseudo musicisti opportunisti alimentati dalla sola voglia di mettere in tasca qualche centone; ti lascio quindi con qualche perla del caro zio Pino “le palle si vedono alla distanza” – “il più sano ha la rogna”….Dimenticavo, fra poche settimane sarà fuori il videoclip di Savage Love girato nella fantastica cornice veneziana, è stata dura per una serie di fattori ma gratificante anche se purtroppo la mia unica compagnia di sera sono state le zanzare veneziane, altro che Shake Me!!

MARCO PRITONI

Band:

Voce: Luka

Chitarre: James Castellano, Ricky Portera, Alex De Rosso, Fabio Calluori, Joe Nocerino, Dario Crocetta, Anthes Aliberti, Gabriele Spagnuolo

Basso: Ricky Portera, Angelo Napoli

Tastiere: Mark Basile, Andrea Barone, Nunzio Bisogno

Sax: Antonio Farabella

Batteria: Joey Coppola

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