SAINTS TRADE – Intervista su “THE GOLDEN CAGE”
In occasione dell’uscita del nuovo disco “THE GOLDEN CAGE” ho intervistato SANTI LIBRA frontman dei SAINTS TRADE.
Ciao Santi, The golden cage, come è nato un nuovo album in questi anni difficili?
Ciao Maurizio, grazie mille per questa opportunità per parlare di noi e del nostro album! The Golden Cage è stato concepito proprio durante il primo lockdown, tra marzo e giugno del 2020 – proprio nel periodo in cui invece avremmo dovuto essere in tour per supportare Time to be heroes, l’album uscito a dicembre 2019. La frustrazione (comune anche a mille altri artisti) di non poter presentare l’album, mista alla preoccupazione per il futuro e per la propria salute, l’incertezza generale, l’alienazione di essere rinchiusi ci ha portato – su esortazione di Andrea – a reagire e cominciare ad elaborare idee che non avevano trovato spazio sull’album precedente per provare ad assemblare brani sufficienti per un nuovo album. La gestazione è stata ovviamente più difficile perché non potevamo vederci di persona, in sala prove e confrontarci su ogni singolo dettaglio – noi siamo una band “old style” poco avvezza alla composizione a distanza, ma abbiamo fatto di necessità virtù e siamo riusciti ad avere in mano una quindicina di idee, poi ristrette a tredici ed infine agli undici brani che potete sentire in “The Golden cage”.
Quale concept avete voluto dare al disco? Cosa rappresenta questa gabbia dorata?
Pur non essendoci un tema comune a tutte le canzoni, il “fil rouge” che le connette è proprio il periodo di gestazione, le riflessioni fatte sul destino del pianeta (Break the chain), la voglia di ripartire e fare un salto in avanti (Once and for all), il desiderio e la necessità di trovare un rifugio, fisico o mentale dove potersi riparare nei momenti difficili (Neverland) – ma anche sentimenti forti e comuni come l’esaltazione dell’amicizia e dell’unione nei momenti difficili (Together we stand), l’amore e la gratitudine per aver trovato la prorpia metà (That’s what I know) e il rapporto – non sempre facile tra figli e genitori (Born to do what I want). L’unico brano che ha un chiaro riferimento al periodo è Lockdown Blues, in realtà un rock n roll caciarone che vuole tentare di sdrammatizzare il ricordo di quel periodo complicato, chiusi in casa ad attendere – con l’alcool come unica “consolazione”, scritto in collaborazione con il caro amico e fan Federico Vaia. La gabbia dorata che dà il titolo all’album rappresenta proprio il periodo in cui lo stesso è stato concepito: chiusi in casa, al sicuro – certo, ma pur sempre prigionieri; allo stesso modo “The golden” cage sottintende il gioco di parole con l’espressione anglosassone “The golden age”, l’età dell’oro – che apre i nostri pensieri alla speranza di una nuova rinascita per la scena musicale e per l’umanità in genere.
Un solido disco di hard-rock, c’è ancora spazio per questo genere nel mondo attuale? Come vedi la scena?
La scena è florida, sia in Italia che all’estero… ci sono tantissimi musicisti di grande valore che continuano a suonare hard rock, alcuni con alterne fortune e altri ritagliandosi la propria nicchia di fan. Attualmente è la Scandinavia a fare da capo fila per questo genere: gruppi come gli Eclipse, gli Heat, i Crazy Lixx riescono a primeggiare e farsi valere restando un punto di riferimento per molti giovani musicisti – pur non essendo sotto contratto con delle major, come succede per esempio per i Greta Van Fleet, ma anche il loro successo è per noi anziani rocker una manna dal cielo. Certo, non ci si inventa nulla di nuovo, ma così come il successo dei Maneskin ha certamente portato molti ragazzini a riscoprire la voglia della musica “suonata” e degli strumenti musicali, speriamo di poter nel nostro piccolo contribuire alla sopravvivenza di una scena rock – soprattutto quella italiana, da sempre considerata come poco importante o peggio roba da “boomer”.
Che differenze ci sono tra questo lavoro e quelli precedenti? Sia sonorità che testi.
La differenza principale riguarda il ruolo che ha avuto il nostro mentore – Roberto Priori, in questo album: da sempre lui è stato il nostro punto di riferimento, tutti i nostri lavori sono passati per le sue mani e ormai il Pri Studio è per noi una seconda casa, ma questa volta abbiamo voluto coinvolgerlo non solo nell’ ultima fase, cioè la registrazione – ma affidargli il processo produttivo valutando sin da subito le nostre idee. Ciò ha stravolto il modo di comporre e di arrangiare i brani, dandoci la possibilità di crescere sia come musicisti che come compositori – curando anche il suono dei singoli strumenti seguendo i suggerimenti che Roberto ci forniva di volta in volta. Il risultato si sente: suono più pieno e diretto, brani più corti e freschi – insomma un passo avanti, come sempre ci prefissiamo di fare – sicuramente è un disco ancora più “moderno” del precedente. Per quanto riguarda i testi, abbiamo proceduto come al solito sviluppando un’idea nata assieme alla canzone o lasciandoci ispirare dalla musica stessa. Su alcuni brani ci siamo anche avvalsi di alcune idee o pensieri, poesie o appunti scritti da amici – non appositamente pensate per le nostre musiche o il nostro genere, che ho poi provveduto ad adattare alla bisogna. La già citata Lockdown Blues e Mirror of Myself nascono ad esempio da idee del nostro grande fan Federico, mentre il testo della ballad Stay with me è lo sviluppo di una riflessione di un altro caro amico della band – Armando, che già aveva scritto il testo di Two as one, nel precedente album. I testi affrontano come sempre la quotidianità, i sentimenti, le speranze e i timori di ognuno di noi – in alcuni momenti sono decisamente autobiografici, in altri momenti sono più “generalisti”.
Che strumenti avete usato? Dalle foto e dai post pare siano entrati dei nuovi “attrezzi” ? ?
Hai visto bene, Maurizio, da poco abbiamo annunciato il nostro nuovo batterista tramite i social: si tratta di Fabrizio “Pino” Rimondi, vecchio volpone della scena rock bolognese che ha militato in tantissime band e che già aveva suonato con me in più di un’occasione e in differenti contesti. Nonostante questo non avevo pensato subito di contattarlo, forse perché lo immaginavo troppo impegnato – poi si è presentata l’occasione e lui ha saputo inserirsi nella band colmando un vuoto molto grande che ci aveva ormai da tempo convinti di andare avanti in trio. Sull’album però le parti di batteria sono curate da un altro grandissimo musicista, cioè Paolo Caridi – stretto collaboratore di Roberto Priori – che secondo noi poteva avere l’approccio giusto e la “pacca” (come si dice in gergo) per sottolineare ancora di più il mood aggressivo ed al contempo melodico che permea tutto l’album.
Tante chitarre come è tipico del rock, tanti guests nel disco, cosa ci puoi raccontare di queste collaborazioni?
Le chitarre sono più che mai in primo piano, pronte a riempire ogni spazio disponibile in un vero assalto sonoro, senza dimenticare la melodia – sempre presente. Un grande aiuto ci è arrivato proprio dai nostri due special guest: Pier Mazzini alle tastiere (ormai in tutto e per tutto il nostro Billy Preston) e Paolo Caridi alla batteria a cui vanno la nostra gratitudine. Sono entrambi musicisti di esperienza, di grande gusto e con una eccelsa conoscenza del proprio strumento – ciò aiuta a far sì che possano mettersi al servizio dei brani arricchendoli e mettendone in risalto gli arrangiamenti che avevamo approntato assieme a Roberto. Lavorare con a loro è stato divertentissimo e istruttivo, una vera benedizione musicale.
Siamo prossimi alla release dal vivo, avete già un tour in programma?
Programmare un tour in questi tempi insicuri è davvero complicato, lo abbiamo visto nel 2020 quando avevamo già contatti per sviluppare una serie di date interessanti tra Italia ed estero: ciononostante molte porte sono ancora aperte ed altre si apriranno soprattutto in estate – per ora in Italia, sperando che la situazione internazionale si tranquillizzi in fretta e per il meglio. Intanto la “data zero” nella quale presenteremo l’album è imminente: il 2 aprile saremo alla Sala Arcipelago di Pianoro (Bologna) per una serata al fulmicotone organizzata da Rocknrolla Eventi, con i nostri amici e compagni di etichetta Blade Cisco (che apriranno la serata) e gli Speed Stroke in veste di headliner, pronti ad infiammare l’intero locale! Non vediamo l’ora!
Progetti futuri? Seguiranno dei video?
Sicuramente ci sarà una sorpresa, almeno un altro video verrà realizzato – poi vedremo. Per ora ci stiamo concentrando sulla parte live: si tratta di un album complicato che richiede grandi sforzi di arrangiamento per portarlo dal vivo e siamo concentrati al massimo per dare il meglio di noi, poi ovviamente stiamo lavorando sodo per organizzare quante più date possibili sfruttando la stagione estiva, provando ad inserirci anche in piccoli e grandi festival… insomma faremo tutto il possibile per portare The Golden Cage vicino alle orecchie dei nostri fan e poterne guadagnare ancora – per noi non c’è cosa più importante.
MAURIZIO DONINI
Band:
Santi Libra: Vocals
Claudio “Claus” Maccone: Guitars
Andrea Sangermano: Bass
Fabrizio “Pino” Raimondi – batteria
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CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.