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RICCARDO SINIGALLIA – Intervista storica, Kiss, Donna Summer, Tiromancino, Ozpetek & …

RICCARDO SINIGALLIA – Intervista storica, Kiss, Donna Summer, Tiromancino, Ozpetek & …

Ciao Riccardo, grazie del tempo che ci dedichi, vuoi innanzitutto raccontare ai nostri lettori come ti è venuto l’incipit di lanciarti in questa meravigliosa follia che è la carriera musicale?
Per me è stato abbastanza naturale visto che mia madre era una discografica, faceva promozione per l’etichetta Casablanca,
 
Ma la Casablanca è un pezzo di storia, era gestita da un folle sognatore.
Eh sì infatti, lei lavorava alla Durium, che aveva in promozione per l’Italia anche la Casablanca, per cui venivano artisti come i Kiss e Donna Summer, ed io mi ritrovavo bambini per mano a mia madre di fronte a Gene Simmons, Peter Criss e così via. Mi ricordo una volta al Teatro delle Vittorie mi portò ad un soundcheck di Donna Summer nel periodo Moroder, cantava I feel love, ed io rimasti abbacinato da questa strega nera che cantava questo pezzo. Queste cose probabilmente mi hanno rapito, mio padre invece iniziò ad insegnarmi i primi accordi chitarra, inventavo delle cose su quegli accordi, e le sensazioni erano molto forti e mi hanno imprigionato in questa attività.

Quindi il tuo background musicale affonda in quei suoni?
Beh lì ero proprio molto piccolo, dai 6 ai 10 anni, poi verso i 12 ho cominciato a cambiare i miei gusti musicali andando verso l’hard-rock, gli AC/DC, i Police, poi a 18 anni ho cominciato ad andare come spettatore in televisione, al programma di Arbore per Rai2, D.O.C., e lì ho visto sfilare i più grandi artisti, Miles Davis, Pat Metheny, Francesco De Gregori.
 
Hai avuto collaborazioni con tanti artisti, anzi direi come reagente, hai dato il la ad artisti del calibro di Fabi, Gazzè e via dicendo.
Sì Fabi, Gazzè, Tiromancino, sono l esperienze all’inizio, poi quando ho potuto ho fatto i miei dischi, che era poi il mio sogno.

Con i Tiromancino c’è tutta una storia, perché prima entrò come chitarrista tuo fratello Daniele, con cui però non ti sei mai trovato assieme.
Ma sai tutto,complimenti, mio fratello entrò per un breve periodo, al tempo di Insisto, il loro secondo disco, poi esce, dopo qualche anno Francesco, il fratello di Federico mi chiese di produrre il loro quinto disco, e da lì parte la saga.
 
Con i Tiromancino hai fatto una delle mie canzoni preferite in assoluto, Due Destini.
Esatto, tutte le canzoni di quel disco, poi in quel periodo mi sono innamorato di Laura, quindi anche solo per quello quel disco è stato speciale.
 
E non dimentichiamo che Due Destini era nella colonna sonora di Le Fate Ignoranti di Fernan Ozpetek, film stupendo.
Mi ricordo questa prima proiezioni nel salottino di uno studio di montaggio, Fernan mi disse che voleva un mio parere sul film, poi alla fine sui titoli di cosa passa Due Destini ed è stato veramente molto emozionante, poi nessuno si aspettava il successo che è venuto dopo.
 
Su questo facesti anche una giusta polemica, che passare una canzone bellissima magari serve a poco per farla conoscere, poi basta un trailer video per scompaginare il mercato, un poco come la storia di The Sound of Silence.
Esatto, proprio così.
 
Ti muovi tra tanti generi, a parte i tuoi per cui sei conosciuto, hai lavorato sul jazz e sull’hip-hop come con Coez, non hai problemi a calarti in stili diversi?
In realtà guarda, molto naturalmente, forse per carattere, cerco di sfuggire da definizioni di generi, quando penso di essere in un genere cerco di uscirne, quando sento canzoni che facevo da piccolo somigliano di più a quelle che faccio adesso, di quanto poi in tutti questi anni potrebbero farmi pensare a chissà quali evoluzioni. In verità c’è poi una sorta di frequenza interiore, di un obiettivo ancestrale che uno ha quando compone. C’è chi dice che si scrive sempre la stessa canzone.
 
Ti potresti definire un artista di culto o di nicchia?
E’ una definizione che si mette quando uno non ha grossi successi commerciali, nessuno di noi disdegnerebbe un ampliamento numerico delle vendite. E’ vero che le radio negli ultimi 20 anni hanno stabilito una taratura editoriale che è molto lontana da quello che è il mio gusto artistico.
 
Sembra un poco la storia di Massimo Cotto che fu mandato via da Radio2 dove aveva grande successo facendo cose alternative.
Esatto, poi lo vedrò fra poco Massimo, bellissima persona.
 
Ma parliamone, trovarsi con una propria colonna sonora candidata all’Oscar 2015 come la mettiamo?
(risate) lì parliamo di magie, è qualcosa che prescinde da tutti i meccanismi, quindi alla fine poteva anche vincere. Quando me l’hanno detto è stato un colpo. Adesso comunque abbiamo 16 nomination ai David di Donatello compresa la canzone, sono molto contento soprattutto per Claudio (ndr: Caligari) artista straordinario per il cinema.
 
La parte video ti interessa particolarmente?
Veramente no, ultimamente mi sono staccato da questa tipologia, da giovane mi divertivo con Frankie Hi-NRG a farci i nostri video. Poi questi paletti che vengono messi nella programmazione per cui se fai un video originale non viene passato, se lo fai di playback sì, mi hanno fatto disamorare di quella forma lì, per cui adesso non li faccio più.
 
Siamo nell’epoca dei talent, cosa ne pensi?
I musicisti sono tutti molto critici su questo, anche se insomma anche negli anni immediatamente precedenti non è che ci fosse questa gavetta per diventare artisti, c’era comunque una sorta di doping per creare un fenomeno musicale. E’ abbastanza facile parlare male dei talent, io sono sostanzialmente d’accordo che sia una specie di distorsione, di deformazione dell’attività artistica, però anche lì possono esserci dei talenti. Sarebbe utile fare attività di informazione su quali altre forme di creazione di un artista ci siano.
 
Fra le altre tue collaborazioni abbiamo il grande Luca Carboni e, qui forse possiamo dirlo, un artista di culto e di nicchia come Claudio Lolli, ma anche la produzione di Motta.
(risate) più che di nicchia potremmo definirlo un manifesto, uno sempre in direzione contraria, con Motta siamo tutti un poco frastornati perché sta facendo gran bei numeri di ascolto.
 
Certo che tu fai musica difficile, triste direi, sullo stile del comune amico Paolo Benvegnù!! (risate) Ma no dai, non è proprio triste, è musica che si confronta, che entra in consonanza con quello che siamo e che abbiamo attorno.
 
Ah bene, quindi non sei un pessimista, come lo vedi il mondo?
Le canzoni possono essere come nella vita, molto tristi o molto allegre, il mio stato d’animo è quello che vedi davanti a te, di grande pacatezza.
 
Il tuo ultimo album è considerato il più solare di tutti, quindi hai sbagliato a farlo, non ti è venuto triste come al solito (molte risate)?
Il mio sogno sarebbe fare un disco da ballo, gioioso, sarebbe fantastico!! Ma ti devono anche venire quelle cose lì.
 
A parte i talent è il tempo della musica digitale e dei social.
E’ una opportunità molto buona, possono uscire realtà come Io Sono Un Cane, Truppi, Calcutta, devono molto a questi nuovi media. D’altronde con il fenomeno dei social c’è un decadenza dei costumi,perché dietro una tastiera le persone tirano fuori il peggio di sé, e questo è allarmante.
 
Il tuo ultimo disco è del 2014, cosa hai in programma per il futuro?
Adesso sto suonando quel disco andando in giro con i miei amici a suonare, ho appena finito di produrre il disco di Motta, sto entrando in studio per finire il secondo capitolo dei Deproducers, Botanica, poi farò anche le mie cose.
 
A parte Motta cosa ascolti adesso?
Da qualche anno l’ascolto non é più focalizzato sulle novità, grazie a Spotify, questo è un altro aspetto, a parte la qualità il fatto che tu possa mettere qualunque cosa in qualunque momento, è molto affascinante. Io posso mettere Bombino al mattino che mi dà tanta energia, a cose del passato o anche recenti, i nuovi talenti italiani e stranieri, tipo Tame Impala, tante cose, non mi focalizzo su qualcosa di particolare. E’ anche cambiato il modo di ascoltare la musica, una volta ascoltavi lo stesso disco per due mesi, adesso vaghi per il mondo. Uso anche le radio di Spotify, quella degli anni ’60-’70 ad esempio è molto divertente, prettamente americana ed inglese. Segnalerei il disco di Io Sono Un Cane che è molto interessante.
 
Per finire tre motivi per venire ad un tuo concerto?
Tre non ce li ho, uno è quello di partecipare, come diceva Boris Biondi “non lo faccio per ricevere applausi, ma per vibrare assieme anima e corpo”.
 
MAURIZIO DONINI
Pics by Nino Saetti
 
Il concerto al Bravo Caffè di Bologna
Il concerto al Modo di Salerno
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