Rettani e Donvito, intervista agli autori del libro: “Ho vinto il festival di Sanremo”
In occasione dell’uscita di: “Ho vinto il festival di Sanremo – Storie di vita e di musica raccontate da chi il Festival lo ha vinto” fuori il prossimo 13 Dicembre, abbiamo intervistato gli autori Marco Rettani e Nico Donvito.
Da dove è nata l’esigenza di raccontare il festival di Sanremo: una kermesse di sicuro grande orgoglio per il panorama musicale italiano, che però ormai dal 1951 ad oggi è stata discussa in tutte le salse?
Tutto nasce dalla nostra congiunta ammirazione nei confronti della rassegna. Però, è anche vero che negli ultimi anni di libri sul Festival ne sono usciti molti di meno rispetto al passato, ed è strano se ci pensiamo, visto il grande hype che c’è oggi attorno alla manifestazione.
Siamo dell’idea che di un argomento come Sanremo si possano scrivere una miriade di volumi e in maniera diversa. In questo libro abbiamo voluto raccontare le storie dei vincitori, ma le chiavi di lettura per un evento che dura da 74 anni potrebbero essere molteplici, se non infinite.
Per il vostro libro “Ho vinto il festival di Sanremo”, scritto a quattro mani (Marco Rettani e Nico Donvito) vi siete basati su un approccio anticonvenzionale, scegliendo di raccontare l’artista prima ancora che la manifestazione. Ne volete parlare?
Esattamente, all’inizio era nata come un: “raccontiamo il Festival attraverso la voce di chi lo ha vinto”, ma piano piano l’idea ha preso una forma differente ed è diventata l’opposto, vale a dire raccontare un po’ dell’artista parlando del Festival. Ogni protagonista da una propria interpretazione di Sanremo e del concetto di vittoria, scoprendo così che ogni narrazione è altresì unica. C’è molto di più dietro quella statuetta del leoncino con la palma, spesso il sogno di una vita, o comunque sia una storia che vale la pena di essere raccontata.
Ho avuto modo di leggere un breve estratto di “Ho vinto il festival di Sanremo” e ho notato con grande piacere l’attenzione nell’impaginazione, con foto e testimonianze degli esperti del settore, che conferiscono una certa dinamicità alla lettura, alleggerendo lo sguardo e facendo assomigliare il libro ad una sorta di piccolo prontuario musicale da consultare all’occorrenza.
In effetti nessuno vieterebbe di passare da un capitolo all’altro, senza soluzione di continuità, essendo testimonianze a sé stanti.
Nel particolare trovo interessante l’inserimento delle schede riepilogative ad inizio capitolo con un breve specchietto così organizzato: partecipazioni in gara / canzone vincitrice / dettagli edizione / classifica. Queste danno un taglio quasi da “cronaca sportiva”…
Sì, lungi da noi però l’idea di realizzare un almanacco, a questo ci hanno pensato tantissimi scrittori di prim’ordine, due tra tutti Eddy Anselmi e Marino Bartoletti che ci hanno onorato entrambi della loro presenza con i propri brillanti interventi. Ci piaceva concentrarci di più sulla narrazione, sul racconto, ma è anche vero che è necessario contestualizzare perché non tutti conoscono a memoria le classifiche dei precedenti Festival.
L’intenzione era quella di fornire con le schede uno strumento a inizio di ciascun capitolo, per arricchire la lettura e snellirla, senza stare a precisare troppo e allungare inevitabilmente il brodo. Detto questo, però, non abbiamo voluto inserire un albo d’oro, perché crediamo che quello “datizzi” il libro e lo renda “vecchio” già dal giorno successivo l’annuncio del 74esimo vincitore del Festival. Così abbiamo optato per una sorta di compromesso, come giustamente hai notato, tra racconto e informazione.
Per curare la prefazione avete interpellato Amadeus, conduttore per quattro anni consecutivi della kermesse e confermato anche quest’anno…
Amadeus è il cerimoniere ideale per introdurci in questo viaggio, senza troppi preamboli va dritto al punto raccontando la sua esperienza. Lui è la testimonianza che si può vincere Sanremo in tanti modi, anche senza cantare, anche senza arrivare primi.
In questi anni, Amadeus ha favorito un cambio di rotta impensabile anche solo fino a dieci anni fa. Ha vinto lui, ha vinto la musica italiana e ha vinto il Festival. La sua introduzione è una sorta di trentunesimo capitolo, quello più vicino nel tempo. Non a caso abbiamo scelto di ordinare il libro in senso “anticronologico”, partendo dalla sua voce, per poi continuare con Diodato fino ad arrivare a Tony Dallara.
Grazie ad Amadeus partiamo dal Sanremo di oggi, fino ad arrivare al Sanremo di ieri, passando per le varie ere geologiche che hanno attraversato la manifestazione: da quando si cantava in playback a quando i primi due classificati vincevano due cavalli, un galoppatore e un trottatore. Più si va indietro e più ci si rende conto di quanto sia cambiato tutto intorno a noi, Festival compreso.
Nel particolare mi rivolgo a Marco Rettani, lei è un professionista poliedrico: autore, discografico, produttore, manager fondatore dell’ etichetta “Dischi dei Sognatori”.
Ha avuto piacere di collaborare con molte personalità di spicco tra cui Laura Pausini, Patty Pravo, Orietta Berti, I Nomadi, Marco Carta solo per citarne alcuni… questo palco l’ha vissuto davvero da vicino, ci può raccontare allora quello che secondo lei è il clima che si respira, la vera e propria esperienza del festival vissuta da chi ci ha partecipato e forse ha anche vinto?
Il clima è sempre quello di una grande festa, negli anni ho avuto la fortuna di vivere Sanremo in diverse forme. In primis come ammiratore e telespettatore, poi come spettatore in sala, fino a riuscire a realizzare il sogno di sentir pronunciare il mio nome come autore, in quella consueta e liturgica formula che da sempre accompagna l’annuncio delle canzoni. Avete presente? Di Panzeri – Testoni – Seracini, Grazie dei fiori. Dirige l’orchestra il Maestro Cinico Angelini. Canta Nilla Pezzi. Giusto per citare la prima canzone che si è aggiudicata il titolo nel lontano 1951. Ecco sentire il mio nome prima del titolo del brano e dell’inquadratura del direttore d’orchestra… è un qualcosa che non ha prezzo e che non si può descrivere a parole.
Qualsiasi professionista che di mestiere ha a che fare con le parole e con la musica, non può che desiderare di poter ascoltare almeno una volta quella frase con dentro il proprio nome.
A me è capitato già delle volte e in futuro, chissà, magari mi ricapiterà.
Quello che so è che ogni volta l’emozione sarà identica e forte come la prima.
A questo proposito come pensa che sia cambiata l’Italia in settant’anni di festival?
Cambia e ricambia, tutto è ciclico. Ci sono aspetti che si somigliano, spesso ci capita di fare questo parallelismo tra il dopoguerra e il dopo Covid-19. Sanremo è nato pochi anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale, in piena ricostruzione, quando per strada c’erano ancora le macerie, le stesse macerie che conserviamo nella nostra mente e nella nostra anima dopo la pandemia. Forse non ci siamo resi davvero conto di cosa ha rappresentato quel momento, perché la voglia di lasciarsi tutto alle spalle è decisamente più forte, proprio come settant’anni fa.
La reazione all’epoca fu la stessa e così si arrivò al boom economico, dopo tante difficoltà.
Ecco, ci auguriamo che questo accada presto. Di sicuro stiamo vivendo un periodo di fervore artistico, anche se molti passatisti sostengono l’esatto opposto, ma la creatività dei ragazzi di oggi deve farci sperare in meglio per il futuro.
Stavolta mi rivolgo a Nico Donvito. Da buon giornalista e scrittore sicuramente si sarà trovato a dover coordinare una gran mole di lavoro considerata l’alta numerica degli artisti (ben 30) chiamati a “depositare”. Ha trovato delle difficoltà? Qualcuno non ha risposto al telefono?
Devo ammettere che il grande problema è stato l’esatto contrario, ovvero fermarsi. Questo è stato un libro difficile da chiudere, ecco perché è così ricco di pagine. Marco mi è stato di supporto, lui è riuscito ad essere razionale, fosse stato per me sarei andato avanti all’infinito.
Mi ero autoconvinto di una cosa, mi ripetevo che questo sarebbe stato “il libro che si scrive una volta sola nella vita”. Che se ci pensiamo è una grande cavolata, non solo perché personalmente sono già al secondo libro sullo stesso argomento, ma perché il coinvolgimento di così tanti personaggi mi ha trasmesso un grande senso di responsabilità. Come un restauratore che si ritrova a maneggiare un’opera di Michelangelo o di Leonardo. Sanremo è un po’ la Cappella Sistina della musica, la sua storia merita rispetto e il senso di responsabilità si è fatto sentire parecchio. Alla fine, questo libro è venuto fuori esattamente come ce lo sognavamo entrambi e questa non può che essere per noi un motivo di orgoglio.
C’è qualche aneddoto divertente che volete raccontare a riguardo?
No, ma consigliamo di leggere a pagina 368 la barzelletta di Iva Zanicchi, più divertente di quella c’è ben poco!
Sicuramente dopo aver raccolto tante testimonianze vi sarà sorto spontaneo chiedervi se esiste un massimo comune denominatore che unisce tutti i vincitori del festival: secondo la vostra personale opinione quale sarebbe “l’ingrediente segreto” del successo?
Il massimo comune denominatore è l’unicità, anche se può sembrare paradossale.
Abbiamo cercato di rispettare al meglio il carattere di ogni protagonista, perché non c’è un comportamento giusto o sbagliato, è una questione di attitudine.
C’è chi a Sanremo si è sempre emozionato e chi dice che prova tristezza nei confronti di chi sostiene di emozionarsi a Sanremo, perché su quel palco non sei da solo e la gente non smania per vederti. Insomma, tutto e il contrario di tutto. Punti di vista così diversi che potrebbero apparire diametralmente opposti, e non ce n’è uno giusto o uno sbagliato.
La cosa che più ci ha coinvolto è stata proprio questa, poter raccontare anche un vissuto e non solo l’aspetto aneddotico. Non a caso nel sottotitolo abbiamo voluto precisare “storie di vita e di musica”, perché è proprio di questo che stiamo parlando!
Vi ringrazio per il vostro tempo e vi auguro un grande in bocca al lupo per il vostro libro!
Grazie a te per la disponibilità e per le bellissime domande!
SUSANNA ZANDONÀ
Better known as Violent Lullaby or "The Wildcat" a glam rock girl* with a bad attitude. Classe 1992, part-time waifu e giornalista** per passione. Nel tempo libero amo inventarmi strambi personaggi e cosplay, sperimentare in cucina, esplorare il mondo, guardare anime giapponesi drammatici, collezionare vinili a cavallo tra i '70 e gli '80 e dilettarmi a fare le spaccate sul basso elettrico (strumento di cui sono follemente innamorata). *=woman **=ex redattrice per Truemetal