Now Reading
RED CANZIAN – L’anima rock dei Pooh e la nuova carriera solista “Testimo …

RED CANZIAN – L’anima rock dei Pooh e la nuova carriera solista “Testimo …

Red Canzian è un cantante e musicista, storico membro dei Pooh. Il 2018 è l’anno del suo ritorno solista con la partecipazione al 68° Festival di Sanremo in gara con il brano “Ognuno Ha Il Suo Racconto”. Il 16 febbraio è uscito il nuovo album “Testimone Del Tempo”, che lo stesso Red ha definito come un vero e proprio viaggio attraverso gli anni di carriera, le esperienze e la musica. L’uscita dell’album è accompagnata da un tour nei principali teatri italiani: uno spettacolo di oltre due ore con un’alternanza di musica e parole durante il quale Red racconterà la musica e i fatti che hanno cambiato il mondo, dagli anni ’50 in poi intrecciandoli con la sua storia personale come musicista e come uomo.

Buongiorno Red, un grande piacere, pensavo di avere il mio record di interviste con i 100 milioni di dischi venduti dai Deep Purple, ma come Pooh avete eguagliato questa cifra. Una band storica che ha segnato indelebilmente la musica italiana, che esperienza è stata?
E’ stato sicuramente il progetto più lungo e duraturo della mia vita, come dico sempre ho passato più tempo con Roby, Dodi e Stefano, che con i miei genitori prima e con mia moglie e i miei figli dopo. Quindi è stata veramente un’esperienza molto importante, e ognuno di noi resterà sempre uno dei Pooh malgrado tutte le esperienze che andremo a fare ora e in futuro. Se vedo Paul McCartney penso ai Beatles, anche dopo 40 anni che si sono sciolti, Paul McCartney è uno dei Beatles.  

L’altro giorno Max Casacci dei Subsonica ha scritto che, a quanto gli risulta, solo loro e voi avete mantenuto la stessa formazione per 20 anni. Quale è il segreto per andare d’accordo per tanti anni malgrado i mille problemi di convivenza?
Beh noi l’abbiamo tenuta per 44 anni la stessa formazione, più che un segreto è che ognuno di noi deve essere libero di esprimersi e raccontarsi, è necessari o parlarsi e lavorare assieme. Se ognuno tira l’acqua al suo mulino il gruppo si sfascia, ma noi abbiamo sempre creduto profondamente alla bellezza di quello che stavamo facendo.

Pur avendo militato a lungo in gruppo pop e melodico come i Pooh, anche se spesso con forti contaminazioni rock, la tua matrice è rock e progressive emerge dalla tua biografia, quali furono i tuoi primi ascolti?
Questo mio background musicale è quello che ha anche contaminato il pop dei Pooh, il mio modo di pensare alla musica era sicuramente un poco più rock. A 17 anni io ero a Londra a registrare il mio secondo singolo con gli Stone The Crows, che erano un gruppo fantastico guidato da Maggie Bell che allora era considerata la nuova Janis Joplin (ndr: si avvalsero di Peter Grant, manager dei Led Zeppelin, il chitarrista Les Harvey, compagno di Maggie Bell, morì per una scarica elettrica sul palco, lei cadde in depressione decretando la fine del gruppo), e lei mi faceva i cori nel disco. Questo per dire che venivo da una realtà diversa, molto rock, feci un tour con il mio gruppo, i Capsicum Red, con gli UFO (ndr: band inglese famosissima di hard-rock), che mi proposero anche di entrare nella loro formazione come chitarrista, che era il mio strumento allora. Tengo ancora a casa il telegramma che mi spedirono per invitarmi a suonare con loro, si erano innamorati del mio modo di suonare la chitarra sul palco (risate).

C’è la curiosità di essere stato scelto come bassista dai Pooh pur avendo sempre suonato solo la chitarra, per non dire che il provino fu fatto nella lavanderia di un albergo.
Mai suonato! A casa mia con gli amici mi divertivo a suonare l’Hammond L-122, anche la batteria, perfino il sax, perché ci fu un periodo in cui se non avevi i fiati nella band per fare un poco di rhytm n’blues, non andavi a suonare nelle sale da ballo; ma il basso veramente mai suonato (risate). Quello che nessuno ha mai scritto è che il mio provino io lo feci cantando e suonando la chitarra, e Facchinetti aveva gli occhi che brillavano. Alla fine la spuntai io tra tutti, ma il provino lo feci suonando la chitarra, poi è vero che se suoni bene la chitarra con un poco di impegno puoi farlo anche con il basso.  

il tuo strumento preferito, considerando che suoni anche altri strumenti a corda come il contrabbasso ad esempio, quale rimane? Mi risulta anche una passione per il basso fretless mutuata dall’immenso Jaco Pastorius, i Weather Report erano una bomba.
A questo punto il mio strumento preferito rimane il basso, è stato un amore non a prima vista, ma che si è costruito nel tempo, come tutte le cose importanti vanno coltivate ed amate. Poi è vero che sono stato il primo ad importare il suono del basso fretless nella musica pop italiana, nessuno l’aveva mai sentito, mi scrivevano i vari fans dei Pooh da tutta Italia, dalla Sicilia “minchia, ma suono è questo?”, (risate) pensavano fosse un moog non un basso fretless. Rimasi folgorato da Jaco Pastorius dei Weather Report che vidi una sera a New York, e non capivo come riuscisse ad ottenere quel suono. Poi nella pausa, visto che il palco era vicino ai tavolini, gli toccai la tastiera e capii che c’erano i segni, ma non i tasti. Appena tornato in Italia mi sono armato di cacciavite e ho tolto i tasti dal mio povero Gibson Grabber e l’ho trasformato in un fretless, e tutto questo l’ho fatto nel 1977. Poi per evitare che entrasse la polvere nei buchi, li ho riempiti di ceralacca e dopo averli stuccati ho riverniciato il tutto. Sui miei strumenti facevo di tutto (risate), li riverniciavo, li modificavo, però li ho ancora tutti e funzionano bene, quindi si vede che alla fine…

Hai una tua marca e modello preferito, mi pare usassi un Fender Jazz?
Sì Fender sicuramente, li ho provati tutti i bassi e ne ho una montagna a casa, ma quello che suona meglio di tutti è il Fender Jazz 66 e non c’è confronto, è quello che suona meglio di tutti. Poi ne ho di bellissimi, come il Laurus, mi piace molto il suono del Fender Precision del ’64, che però suona bene a fasi alterne. Se sbagli non succede niente, devi trovare la corda giusta per lui. Mi spiace per il mio amico Laurus che mi ha disegnato dei bassi bellissimi, che abbiamo studiato assieme, ma per me il basso è a 4 corde, ne ho visti a 5 e persino a 7 adesso, per me è un’esagerazione. Il basso deve avere 4 corde e per me è il Fender. 

Reinventarsi over 60 come solista, quando gli altri vanno in pensione hai deciso di rimetterti in gioco, tra televisione e palchi, come è nata la decisione e quali sensazioni si hanno cambiando completamente visione da una band ad un tour solista?
Io credo che un musicista se lo è non smette mai di esserlo, ho ammirato Aznavour che ha cantato fino al giorno prima di morire. Il palcoscenico è casa mia, il luogo dove guarisco anche dalle mie pene (risate), là sopra riesci a cancellare tutto ed il mondo diventa meraviglioso. La mia voglia di raccontare è infinita fin da quando ero piccolo, poi posso farlo dipingendo o scrivendo piuttosto che suonando e cantando. Di libri ne ho scritto 4 e ne scriverò altri, la mia voglia di comunicare è infinita.

Che poi solista proprio non è, visto che porti con te i tuoi figli, Chiara e Philipp, che, mea culpa, ho apprezzato ed elogiato in tanti articoli quando suonava con altri artisti, da Malika a Renga a memoria, ma non sapendo fosse tuo figlio.
Non solo ho il piacere di avere uno spettacolo dove si fondono musica e video, ma di avere assieme a me tutta la mia famiglia, alla batteria ho mio figlio Phil che è anche Direttore Musicale della band. A cantare, fare i cori, suonare le percussioni e l’armonica, mia figlia Chiara, che adesso suona anche il basso in due pezzi dove io riprendo la chitarra per queste due canzoni. Ed in regia mi trovo mia moglie, per cui quando siamo in tour è come una vacanza in famiglia, è molto bello. Per quanto riguarda Phil lui ha fatto tanti tour, compreso Pino Daniele. Ha avuto la fortuna che mia moglie, pianista, gli ha fatto suonare Bach e Beethoven fin da piccolo, e questo l’ho formato a 360° facendolo diventare un batterista che suona, non per sé stesso, ma in funzione della musica. 

Come ho visto recentemente con Elisa gli Archimia, gruppo straordinario che hai prodotto nei tuoi Q Studios. L’attività di produzione è qualcosa che ti piace evidentemente tantissimo. Unendoci pittura e scrittura, un artista a tutto tondo, se dovessimo stilare una classifica per scegliere cosa fare, cosa ne verrebbe fuori? In mezzo una dichiarata amicizia con Giorgio Faletti, ne parlai a lungo con Massimo Cotto, quante cose e aneddoti mi ha raccontato.
Io ho prodotto un album a loro, sono fantastici, un disco di musica rock rifatto da un quartetto di archi. Loro vengono spessissimo quando faccio eventi, Serafino Telesi poi è sempre presente con il suo violino, come a Venezia quando ho fatto Red in Blu. In Italia ci sono tanti musicisti, ma quelli bravi che girano alla fine sono sempre quelli, perché sai che hanno affidabilità, lettura a prima vista, sensibilità nel fraseggio, l’arcata giusta al momento giusto. Scegliere i musicisti è come scegliere la moglie, se ti sbagli è un casino (risate). 

Sì, la storia di Phil mi ricorda la teoria dei ‘Sei gradi di separazione’, ho letto ad esempio che eri molto amico di Giorgio Faletti, e di lui parlai a lungo con il grande Massimo Cotto in una bellissima intervista un paio di anni fa, con aneddoti e storie molto divertenti.
Ah Giorgio povero, Massimo Cotto certo. Ti dico solo una cosa, Giorgio sapeva che io leggevo tutti i suoi libri, quindi dopo ‘Io uccido’ me li ha mandati a casa direttamente. Quando andò in America a fare il suo show, risiedendo tra i Navaho, mi disse parafrasando: “Bene, ora vado tra i Navaco, e quindi spero che mia moglie non diventi Navaca”.  (risate). Come tutti i comici lui aveva questa vena di tristezza, che poi più che un comico era un uomo di grandissima sensibilità.

Esplori tutti i versanti artistici, oltre la musica la pittura (con la mano sinistra), scrivi, racconti, la natura, la vela, se dovessi scegliere una cosa cui dedicarti univoca o fare una classifica, immagino al primo posto la musica, poi?
E’ un poco il gioco del “Cosa butteresti dalla torre e cosa terresti?”. Io credo che a 60 anni uno dovrebbe essere esonerato da questo tipo di rischio e di scelte. Arrivato a questa soglia ti sei messo in gioco ed hai rischiato talmente tante volte, che hai diritto di fare tutto quello che vuoi, se usi grazia e rispetto per gli altri. Non mi piace nulla così tanto da eliminare qualcosa d’altro, mi piace tantissimo cantare ed ultimamente faccio anche solo quello. In Red in Blu il mio ruolo è di crooner, canto solo e suono solo in tre canzoni.  Amo concentrarmi sulla voce che è uno strumento meraviglioso. Ora poi sto anche preparando un’opera rock, che scrivo, ma a cui non parteciperò, ed appena finita la passerò a Phil per curare gli arrangiamenti. Avremo 30 persone sul palco, per questo dico che mi piace fare tutto, ma soprattutto posso dire che mi amo misurarmi, perché non ho ancora capito fin dove posso spingermi. 

Cosa rappresenta questo tour? Sul palco porti tante canzoni diverse, tanti generi diversi, dai Beatles a California Dreamin’, dai Pooh agli Aphrodite’s Child. Un viaggio nel tempo e nelle tue passioni?
Racconto la storia di quella musica che ha attraversato la mia vita, da Little Richard con Tutti Frutti, a Sanremo dello scorso anno. La musica che mi ha formato, fatto crescere, una storia da raccontare a chi non l’ha vissuta, dai Beatles a Bob Dylan, la canzone di protesta, in mezzo si trova anche “Brennero 66” dei Pooh, canzone che denunciava la situazione di terrorismo in Alto Adige in quegli anni, e che arrivò ad essere censurata. Poi racconto i grandi autori italiani, da Tenco a Paoli, a Battisti-Mogol, ma anche Ermal Meta con cui ho lavorato recentemente ed il grande Valerio Negrini che riusciva a raccogliere una vita in tre righe. E’ una lectio magistralis di musica la mia, per chi la vuole intendere così. Poi per chi viene a vedermi con un approccio semplicistico dicendomi “Va bene, ma quando canti le canzoni dei Pooh?”, rispondo “quando verrà il loro momento”. La mia è una storia cronologica che parte dal 1951 quando nacqui, poi il 1956 che scoprii la musica dentro la grande radio che portò a casa mio padre, arrivando ai giorni nostri. Quando arrivo al 1972 inizio a parlare dei Pooh. 

Progetti futuri?
Questa opera rock di cui ho parlato prima, ambientata nella Venezia del 1700, quella del Tiepolo e di Goldoni, la Venezia importante che insegnava arte al mondo. 

Ci metterai musica rinascimentale seguendo l’esempio di Ritchie Blackmore?
No, no, è un’opera rock, se all’epoca fosse già esistita sicuramente l’avrebbero usata. Ho messo un paio di valzer come allegoria per raccontare l’epoca, ma la musica è rock.

Visto che sei instancabile, possiamo sperare anche in un nuovo disco?
Certamente, sto lavorando anche a questo. Mi sono accorto che ogni anno che passa hai qualcosa di diverso da raccontare, rimangono dei capisaldi come l’ambiente, la natura, l’amore per la tua famiglia, la tua donna, i tuoi figli, che sono delle costanti. Altre cose invece cambiano e si sviluppano, aspetti cui davi importanza o a cui no davi importanza, cambiano di valore.

Per finire, manca solo una tua data a Bologna, così potremmo riuscire a conoscerci dal vivo.
Mi piacerebbe tantissimo venire a fare una data a teatro a Bologna, magari in autunno, questo che porto adesso è uno spettacolo importante, ma anche Red in Blue sarebbe veramente bello portarlo sul palco bolognese. Ci sono canzoni importanti che canto come Michelle dei Beatles e My way di Frank Sinatra che canto sul finale.  Devo dire che al momento non corro rischi che qualcuno mi confonda, qualunque spettacolo porto parlo di incontri e confronti, due parole che messe assieme portano grandi benefici alle persone.

MAURIZIO DONINI 

Band:
Red Canzian (voce, chitarra, basso)
Philipp “Phil Mer” Mersa (batteria)
Daniel Bestonzo (tastiere)
Alberto Milani (Chitarra)
Chiara Canzian (cori)

LINK E CREDITI:
www.redcanzian.it
https://www.instagram.com/redcanzianofficial
https://www.facebook.com/RedCanzianOfficial/
https://twitter.com/red_canzian
https://www.youtube.com/channel/UCZw3fSV1VNKkLAr-PQfq62w