Real Illusion – Intervista alla band
Sono piuttosto sorpreso dalla struttura elaborata dei vostri brani – soprattutto dalla suite prog finale – quanto tempo impiega e come nasce un brano dei Real Illusion?
Ogni brano ha una propria genesi, pensa che “Burnin’” dopo un mese era praticamente già completa, mentre ad “Impheria” ci abbiamo lavorato un anno continuando a fare aggiunte e migliorie. È un flusso continuo fino al momento della registrazione, non ci accontentiamo mai. Normalmente Luca arriva in studio con la struttura del brano già scritta ed impostata e poi si prova e si verifica tutti insieme se funziona, ogni membro della band può proporre variazioni ed interpretazioni diverse e poi si valuta nel suo complesso.
Il nome della band è praticamente composto da un ossimoro che crea un contrasto surreale: come è nata l’idea?
Era appunto quello che volevamo trasmettere all’ascoltatore! Mettere due termini così contrastanti uno accanto all’altro, descrive alla perfezione il nostro concetto musicale. Non abbiamo alcun timore nell’accostare generi e suggestioni apparentemente incompatibili tra loro.
Quali sono le maggiori fonti di ispirazione che hanno portato ad una mescolanza di generi così eclettica?
Ogni membro della band ha le proprie influenze, ad esempio Luca è molto debitore dello stile Dokken, Stratovarius e Symphony X, Luigi proviene da sonorità stile Area ed Elio, Stefano invece ha una solida base di classica, anche se poi ha sviluppato una grande passione per i Kansas. Tutti quanti però partiamo da un denominatore comune, rappresentato da una forte matrice settantiana, tipo Rainbow e Deep Purple per intenderci. In generale la nostra volontà è quella di partire da una struttura progressive, ma fare sì che i brani siano comunque accessibili a tutti, che lascino qualcosa e che diano lo stimolo ad essere ascoltati e riascoltati, ancora ed ancora.
Parlatemi un po’ dei testi: mi sembra che vengano a galla elementi epici, fantasy ma anche qualche traccia di introspezione e filosofia. Qual è la fonte?
Anche qui c’è stata una mole di lavoro enorme, che ha richiesto un notevole impegno. I temi epici sono stati affrontati solo in “Master of the Twilight” ed “Impheria” – per assecondare lo sviluppo strumentale dei brani – mentre l’introspezione trova largo spazio ed è legata a riflessioni sui dubbi interiori di ogni individuo ed alle relazioni con le altre persone. Ripetiamo, c’è un impegno molto profondo alla base, si parte con una chiave di lettura interiore e si cerca di svilupparla, poi siamo esigenti, se funziona si porta avanti, altrimenti la scartiamo e ripartiamo daccapo, ma in ogni caso non c’è alcuna fonte precisa per i nostri pensieri.
Quali progetti avete per gli album futuri? Avete pensato a mettere in cantiere un concept a 360°?
No, il concept non fa parte dei nostri progetti futuri, vogliamo appunto essere liberi di scrivere testi e musiche senza vincoli, più avanti potrebbe anche essere, se venisse fuori un’idea originale e ricca di spunti, ma per il momento no. In questo momento ci stiamo concentrando principalmente sulla nostra dimensione live per mettere a punto la nostra performance, ma in ogni caso stiamo già scrivendo del nuovo materiale per il prossimo album.
Ivan Faccin
Membri:
Manuel Fabi: Voice
Luca Pegoraro: Guitar
Stefano Negro: Keyboard
Marco Beso: Drum
Luigi Di Carlo: Bass
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vive a lavora a Cornedo Vicentino, ha cercato di esplorare vari generi musicali, trovando nell'hard-rock, metal e progressive rock i suoi stili più congeniali. Anche ora che i capelli hanno cominciato ad imbiancarsi... impiegato presso Xylem Water Solutions, ha portato la sua collaborazione giornalistica presso The Wall of Sound e Tuttorock.