RANCORE – Intervista al rapper Tarek Iurcich
Ciao Marco, grazie infinite per i complimenti. Il titolo è un poco una provocazione, mentre lavoravo a questo disco mi guardavo intorno e vedevo cose che ho deciso di buttare giù e di raccontare, in particolare lo stato d’animo che vivevo nel momento in cui scrivevo. È un disco ossimoro, il titolo dice una cosa, il contenuto parla di altro, quindi gioca molto su un’ironia e una provocazione molto sottile. Volevo lanciare una frecciatina, ovvero, mentre scrivevo l’album, ciò che avevo intorno era costituito da una musica che cercava di colpire l’attenzione al volo, con contenuti e atteggiamenti rivolti non ad ascoltatori adulti ma a dei bambini. Giocando su queste cose ho scelto di chiamarlo “Musica per bambini”, un pò per provocazione, appunto, un pò per sconfiggere alcuni miei mostri che mi portavo dietro da anni, da quando ero appunto un bambino. Parla del mondo, di come esso ci stupra fino a depersonalizzarci, è un tentativo di ritrovare sé stessi, di ritornare alle proprie origini sconfiggendo i fantasmi che ci portiamo dentro. A volte arrivano momenti in cui uno si deve ritrovare quando si perde, quando succedono alcune cose poi si trova la forza di ritrovarsi. È un disco estremamente intimo dove dico cose anche pericolose e dove svelo alcuni segreti.
L’altra sera ho assistito al tuo spettacolo a Ravenna, lo chiamo spettacolo, non solo concerto, perchè concerto lo considero riduttivo, ho visto anche un qualcosa del tipo “canzone teatro”, soprattutto nell’esecuzione di “Sangue di drago”, sei d’accordo con questa mia affermazione?
Grazie, è un grandissimo complimento, sono abbastanza d’accordo, per me un concerto deve essere uno spettacolo a 360 gradi e gran parte dei concerti che mi piacciono lo sono. Il mio tentativo era di mantenere l’aspetto di un teatro semplice fatto con tanta mimica attraverso una suggestione costituita da elementi semplici, senza cose enormi.
Molto bello il dialogo virtuale con Hermetic, il sistema operativo che appare nei maxischermi durante i tuoi concerti.
Sì, c’è anche questo tentativo di portare avanti delle storie che procedono separatamente per poi concludersi tutte insieme, dalle maschere dei musicisti che stanno lì per proteggermi da Hermetic, un ente che controlla ed interferisce con lo spettacolo e che poi viene sconfitto dal pubblico, da me e da loro che poi si tolgono le maschere e sono finalmente liberi. È una metafora di un qualcosa di invisibile che ci blocca che, attraverso la musica e la creatività, attraverso un lavoro di squadra, una battaglia sonora, viene sconfitto. Potremmo essere anche noi stessi quel qualcosa, come ti dicevo, è un disco che parla soprattutto del ritrovamento di sé stessi.
Durante lo spettacolo hai chiesto a quelli che erano in prima fila (tra cui il sottoscritto) come facessero a stare tranquilli con così tanta gente dietro, ti fa davvero paura la folla?
Quella frase l’ho detta in quel momento come metafora per far capire lo stato in cui ho scritto il disco, uno stato di isolamento, come se io fossi stato chiuso in una bolla, sia per necessità che per la situazione in cui mi trovavo. Ho scritto questo lavoro quando sentivo che era vitale farlo, ho cancellato praticamente tutta la mia vita per farlo, sono stato solo e, tornare in mezzo alla gente non è stato semplice, infatti parlo di come mi sentissi un alieno e, quando tornai fuori, l’impatto fu pesante. Ci ho messo un pò ad accettare il fatto che le persone potessero commentare delle cose così importanti e personali per me. Allora mi è venuta in mente quella metafora, io stesso non mi sarei aspettato di fare concerti dopo questo album, di raccontarlo dal vivo. Sono molto felice e soddisfatto del fatto che esso abbia portato a questa grande crescita del progetto Rancore. Quando scrivi una cosa con la convinzione che potrebbe essere l’ultima cosa che fai ed essa raggiunge questi successi, tutto quello che viene di conseguenza è solo positivo, ed è stato molto di più di quello che mi aspettavo. Sono molto contento.
Hai parlato di esserti sentito un alieno, infatti nel brano “Questo pianeta”, uno dei miei preferiti di “Musica per bambini”, se non il mio preferito in assoluto e in cui mi ritrovo molto, parli appunto di essere una sorta di alieno capitato su un pianeta diverso. Questo pianeta che l’essere umano sta portando allo sfascio è davvero così brutto o si salva qualcosa?
Mi fa piacere che questo brano ti piaccia, la produzione di DJ 3D è stata fondamentale per quel pezzo. Questo pianeta è il più bel pianeta di questo universo, ne ho visti tanti ma abbiamo deciso di venire tutti qua (ride ndr). Il pezzo ha molte sfaccettature, parte con un elenco di suggestioni occulte, tutte parole che aprono una finestra sul mondo dell’occulto. Questo mondo, con internet, è cambiato. Le persone sono molto più facilitate ad informarsi sulle cose occulte e se non vengono indirizzate verso una retta via, quel caos può diventare molto pericoloso. Visto che avevo già parlato di questi argomenti, quello che volevo raccontare è che, fare questi percorsi in passato da solo, è stato un pericolo. Ora, invece, ho la sensazione di non poter più comunicare con chi di occulto non sa niente, è come se io lanciassi un allarme a chi sceglie di intraprendere certe strade che potrebbero allontanarli da altre persone. C’è una confusione lucida in questo brano, da una parte un elenco di suggestioni, dall’altra la lucidità nel dire che questa non è la vita che vivevo da bambino ma è un modo per allontanarsi sempre di più dalla realtà. Per quanto io e te possiamo interessarci di scienza, di religioni, di occulto, in un modo o in un altro non riusciamo più a comunicare e questo mi mette paura, la paura si trasforma in rabbia e la rabbia la racconto nel brano.
So che tu scrivi testi da quando avevi 14 anni, com’è stato il tuo avvicinamento al mondo del rap?
È stato molto semplice, ascoltavo rap americano, nel 2003, mi sono avvicinato ad Eminem che è stato un pò il tramite per entrare dentro ad un mondo di un hip hop diverso per noi ragazzini italiani. Poi ho avuto modo di capire meglio quella cultura ed ho iniziato a scrivere le prime rime per gioco, da lì poi ho iniziato a prendere in mano i microfoni aperti alle serate e a conoscere gente dell’ambiente, ho continuato negli anni successivi e non mi sono più staccato dal foglio (ride ndr).
Sei cresciuto a Roma nel quartiere del Tufello, è stato facile?
Il Tufello non è un quartiere facilissimo ma io mi sono sempre fatto i fatti miei quindi, per me, è stato abbastanza facile viverci, se non mi fossi comportato così sarebbe andata in maniera diversa. Come racconto in un mio brano, “Tufello”, comunque, di problemi ce ne sono ed è normale che ce ne siano.
Hai partecipato al Festival di Sanremo insieme a Daniele Silvestri con la canzone “Argentovivo” del cui testo sei coautore ma il tuo nome non è apparso tra i partecipanti, scelta tua?
Diciamo che è stata una conseguenza di alcune tempistiche molto brevi, abbiamo scelto di fare questo pezzo all’ultimo momento, quando alcune cose non erano più modificabili, quindi la mia presenza c’è stata ma il mio nome no, lo sapevamo, è stata parte della figata della mia partecipazione, visto il mio ermetismo.
Prima hai parlato di religioni, qual’è il tuo rapporto con loro?
Fondamentalmente ho sempre avuto interesse per loro, probabilmente perchè sin da piccolo le ho viste quasi tutte da vicino. Nonostante io non abbia una vera direzione religiosa, è comunque un mondo che mi ha sempre affascinato, come tutti i mondi che raccontano e che credono in un qualcosa di invisibile. Quindi, ogni volta che ho la possibilità di approfondire ciò che riguarda la spiritualità, di cui la musica secondo me fa parte, ne approfitto perchè fa parte del mio immaginario.
Progetti futuri di Rancore?
Posso solo dirti che per ora il mio progetto è portare a termine il tour, è stato molto impegnativo ma altrettanto molto soddisfacente, chiuderemo verso ottobre, per il resto non so nulla di certo.
Sei stato anche ospite di un interessante programma televisivo (Un palco per due – In onda su Rai2 il 4 settembre alle ore 23 e 15, visibile su RaiPlay ndr), com’ è andata?
Sì, in quella puntata ci siamo io e Piero Pelù, è stata una cosa molto interessante dove ho fatto cose che non avevo fatto prima quindi ti consiglio di guardarlo!
Per finire, grazie del tempo che ci hai dedicato, vuoi salutare e dire qualcosa ai lettori di Tuttorock e ai tuoi fans?
Innanzitutto sono molto contento che ti sia piaciuto il mio concerto a Ravenna. A chi leggerà questa intervista mando un saluto e spero che un giorno riusciate a vedermi dal vivo prima della fine del tour, anche se mancano poche date, grazie e ciao!
MARCO PRITONI
Contatti:
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Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.