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RADIODERVISH – Intervista a Nabil Salameh & Michele Lobaccaro

RADIODERVISH – Intervista a Nabil Salameh & Michele Lobaccaro

Dopo diversi tentativi (per altro vani) messi da me in atto per raggiungere telefonicamente il geniale Nabil Salameh (insieme a Michele Lobaccaro) braccio e mente dei Radiodervish, mi basta guardare il display del mio telefonino e riconoscere il numero che avevo provato numerose volte a raggiungere e per farmi passare la delusione di una mezz’ora prima. Dall’altra parte della cornetta (così si diceva ai miei tempi) c’è proprio il singer (e non solo) dei Radiodervish che paciosamente si scusa per non aver risposto poco prima e si lascia torturare con domande ad ampio raggio sull’ultimo disco, carriera e collaborazioni. Ma andiamo con calma.

Buon pomeriggio Nabil, ben felice di poter scambiare quattro chiacchiere con uno tra i pochi gruppi italiani, capaci di far sposare i diversi linguaggi musicali sospinti dai venti che soffiano sul mar Mediterraneo. Posso chiedervi cosa ha influito su questa coraggiosa scelta artistica, ma personalmente ammirevole?
Riguardo alla nostra musica parlerei di esperienze anzi di ispirazioni che hanno creato un ulteriore passo nel nostro cammino. Ci troviamo al nostro dodicesimo disco e se ci soffermiamo ad ogni tappa c’è sempre qualcosa che ci ha spinto a raccogliere delle nostre emozioni, riflessioni o contemplazioni e quello che ci è accaduto in un lasso di tempo. IL SANGRE ED IL SAL è stato un qualcosa che raccoglie le nostre esperienze ma anche degli incontri magari avuti durante i nostri viaggi, facendo risultare questo disco un contenitore di emozioni, esperienze, riflessioni ed incontri con delle persone che ci hanno trasmesso tanto.  A giocare un ruolo importante è anche la nostra educazione sentimentale o meglio la poesia soprattutto, in quanto in questo disco abbiamo voluto narrare le storie che hanno formato la grande civiltà del Mar Mediterraneo.

Una civiltà un po’ contraddittoria, non trovi?
Sì   fatta di grandi opere ma anche di piccoli gesti umani che fanno da narrazione storica del luogo dove abitiamo e degli episodi anche più o meno belli che viviamo direttamente tutti i giorni. Vorrei anche sottolineare che nel periodo in cui abbiamo realizzato il nostro ultimo album abbiamo lavorato parallelamente con il regista/attore Pino Petruzzelli con cui abbiamo raccolto delle nostre ulteriori riflessioni per realizzare un piece teatrale. Importante è che casualmente ci siamo trovati a raccogliere materiale riguardante alla fine un concept comune, che gira intorno allo stesso Mar Mediterraneo.

Andando così, oltre i posti di riferimento.
Infatti abbiamo valorizzato il narrare le persone ben più dei luoghi.

Lo scorso inverno in molti hanno avuto il piacere di vedere direttamente quanto hai appena raccontato, al Teatro Duse di Genova ed all’Auditorium di Roma
Diciamo che proprio questa collaborazione è stata una vera anticamera per concepire un disco vero e proprio, infatti questi brani musicali sono nati come un accompagnamento dal carattere drammaturgico che si è notevolmente riflettuto nella nostra crescita come gruppo. 

Due parole sugli Al Darawish da cui tutto è iniziato.
C’è da dire che gli Al Darawish sono stati in Italia il primo esempio di world music, una realtà musicale che ho avuto la personale fortuna di contribuire ad innestare dando una mano anche alla diffusione di un nostro linguaggio, una specie di nostro esperanto musicale, e da qui il progetto è andato avanti subendo anche trasformazioni che hanno poi portato all’origine dei Radiodervish, rappresentandone perciò il nostro primo vagito, senza dimenticare che Al Darwish allo stesso modo in cui rappresenta un incontro musicale tra persone, è stato un vero e proprio un incontro dell’altro, un impatto tra mondi. 

Un cammino iniziato con il convincente LINGUA CONTRO LINGUA e proseguito con orgoglio con una discografia ben nutrita. Quanto la pubblicazione avvenuta sino ad oggi dei dischi da voi realizzati, si compenetra con l’insieme di attività collaterali (tra i quali la collaborazione con Battiston e l’interazione con Carlo Lucarelli) realizzate durante il vostro cammino?
Un cammino che rappresenta degli spunti di riflessione che ti lasciano del materiale intellettuale ma soprattutto umano che va a nutrire la creatività nonché la riflessione. Non dimentichiamo che i Radiodervish sono dei perfetti cantastorie, cantiamo le persone che incontriamo ma anche i fatti che viviamo, facendoci calzare a pennello la definizione di Cantastorie del Mediterraneo.

Già dal titolo del nuovo album IL SANGRE E IL SAL, si percepisce quel significato di appartenenza dato appunto dal sangue (che ci lega alla famiglia) ed il sale (che ci troviamo addosso alla fine del viaggio), potreste spiegare  se la profondità di queste due parole che l’ascoltatore può adattare come meglio crede alla propria esistenza,  trovi origine dagli eventi della vita artistica o non degli stessi Radiodervish? 
Le nostre canzoni non sono affatto scevre dalla nostra esperienza personale, dalla nostra vita, anche se in qualche caso questa esperienza viene esposta in maniera traslata attraverso quella poetica che ci ha forgiato come gruppo. Infatti non mancano le citazioni poetiche percepibili dal disco. 

Ad un attento ascolto si percepisce l’ispirazione poetica che è possibile cogliere in “ Una Candela nel Buio” dove è chiaro il riferimento al  celebre poeta palestinese Mahmoud Darvish scomparso nel 2008 o nel dolceamaro che traspare dalla danza popolare dei “Nuovi Schiavi” che si può considerare un tributo al poeta greco Alexandros “Alekos” Panagulis, noto per essere stato anche uno degli attivisti contro il Regime dei Colonnelli in Grecia. Da cosa nasce questa inclinazione che vi porta a trasformare in note una letteratura che non tutti sono in grado di compiere?
È facile guardando al nostro passatosi può notare nella “Rosa di Turi”(tratto da Radio Dervish del 1996 proprio degli Al Darawish, n.d.r.)  ispirata da una lettera di Gramsci, che si rifà ad una grande dimensione poetica. Per noi – diciamola così, – è un’abitudine vedere la poesia come una sintesi …?

Superiore? 
Sì bravo, proprio così, la poesia riesce a captare in poche parole un senso così vasto dell’impressione umana, tanto che in versi si potrebbe raccontare anche un mondo. Effettivamente la poesia è una nostra abitudine, frequentarla subirne la fascinazione e perciò diviene facile comprenderla nella nostra creatività. Mi viene comunque da aggiungere che ne IL SANGRE E IL SAL i nostri testi svolgono la stessa funzione che aveva il Sabir (lingua franca parlata nei porti del Mediterraneo fino al XIX secolo, n.d.r.); è una lingua orizzontale una reale open source, traduce il nostro modo di concepire l’incontro, quel che fasi che non vi sia egemonia di una lingua su un’altra, lingue portavoce di una cultura e che si guardano negli occhi e che si rapportano sullo stesso livello.

Suppongo che con una discografia ben nutrita come la vostra, scegliere i pezzi da proporre dal vivo, cominci a far parte di una non facile organizzazione degli spettacoli. Per le prossime date come prevedete di ripartire i pezzi tra passato e presente in modo da garantire in maniera quanto più esaustiva un excursus nella vostra storia discografica?
Guarda Claudio, innanzitutto vorremmo portare in tour tutti i brani del nostro ultimo disco, che sono 8, tutti preceduti da una introduzione al pubblico. Riguardo ai brani del passato, la scelta non è assolutamente facile, pur se mi ricorda il poeta siriano Nizzar Qabbani di cui ho tradotto le poesie nel 2016 (il testo si chiama Le mie Poesie Più Belle, tradotto insieme a Silvia Moresi- Editore Jouvence), si trovò di fronte ad un dilemma che poteva essere espresso con le seguenti parole: “Come puoi raccontare il mare, attraverso due o tre conchiglie”?

Bellissimo paragone!
Grazie! Comunque guardando al nostro passato discografico scegliamo i brani a cui siamo emotivamente legati, ricordando che la difficoltà è davvero ardua, un po’ come chiedere ad una mamma qual è il figlio più amato.

Un grande in bocca al lupo per le date dal vivo e per la riuscita del disco ed un augurio da parte vostra (magari in palestinese) al vostro fedele pubblico.
ASSALAMUALEIKUM, un po’ difficile da pronunciare e ricordare (il dialettale salam aleikum forse resta più semplice da memorizzare;-)), ma forse il più bel messaggio che si possa dare ai lettori: che la pace sia con voi, ciao.

Grazie per il tuo tempo, a presto.

​CLAUDIO CARPENTIERI

Radiodervish & Musicians:
NABIL SALAMEH: vocal, back vocals, acoustic guitar
MICHELE LOBACCARO: acoustic guitar, electric bass, stick bass, back vocals
ALESSANDRO PIPINO: piano, Rhodes MKI, Wurlitzer EP200A, keyboards, synthesizer, accordion, melodica, kalimba, table tubes, lap harp, soprano recorder, andes 25f, classical guitar, programming, back vocals
ADOLFO LA VOLPE: electric guitar, guitalele, cumbus, saz baglama,  portuguese guitar
PIPPO ARK D’AMBROSIO: drums & percussions

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