PROTTO – Intervista al cantautore torinese
In occasione dell’uscita del nuovo singolo “Facile”, disponibile su tutte le piattaforme digitali e pubblicato da Sette AFK Lab, ho avuto il piacere di intervistare PROTTO, nome d’arte del cantautore e musicista Nicolò Protto, un progetto che mescola le sonorità melodiche del pop con ironia e poesia. Attivo dal 2016 ha pubblicato EP e singoli, fino alla partecipazione a X Factor nel 2021 e alle semifinali di Musicultura nel 2023.
Ciao Nicolò, benvenuto su Tuttorock, parliamo subito di questo nuovo singolo, “Facile”, che riscontri stai avendo?
Ciao Marco, sto avendo buoni riscontri in generale. Soprattutto apprezzamento da molti miei fan che dopo la parentesi cupa della Primavera Atomica, EP uscito questo marzo, avevano forse piacere di riascoltarmi mi una mia veste più ironica.
Un brano nato come?
Un brano nato alcuni anni fa, inizialmente dal titolo “Soundcheck”, (dalla prima strofa “ho provato a cantarti una canzone d’amore ma mi fermo al soundcheck”), ma poi in un secondo momento mi è entrato in testa a gamba tesa un ritornello che non mi ha lasciato scampo, e così ho cambiato il titolo in “Facile”. Si tratta di una canzone triste nell’ironia e ironica nella tristezza, una specie di inno per tutti coloro che come me si sentono sempre i coprotagonisti della propria vita, stretti tra le aspettative della società e i giudizi degli altri. Perché per tutti è così facile vivere, esprimersi, amare, relazionarsi col prossimo, in questo mondo che ci vuole belli bulli e vincenti? E d’altro canto perché c’è chi “come me che quando tutto è così facile fa cilecca?”
Parlami un po’ del video, di chi è stata l’idea?
Il videoclip è il risultato di una collaborazione che dura ormai dal 2019 con i ragazzi (Andrea Sproccati ed Edoardo Puglisi) di LOH photography. Se per lavori precedenti ho proposto delle linee guida per i video o per l’immagine in questo caso mi sono affidato a loro completamente. Su un palcoscenico spoglio di un teatro vuoto si muove un PROTTO bohémien alle prese con il corteggiamento goffo e velleitario di un manichino, che da buon oggetto inanimato qual è non può ricambiare le attenzioni. Come sempre è un viaggio mentale artistico, secondo cui nonostante qualsiasi intento o sforzo, la realizzazione di esprimere i propri sentimenti resta del tutto impossibile.
Quando e come ti sei avvicinato al mondo della musica?
Non conservo alcun ricordo di me senza un pianoforte. Ho iniziato da bambino molto presto: arrivo da una famiglia di musicisti, mia madre suona e mio nonno ha suonato fino all’ultimo.
Diciamo che non potevo sottrarmi al destino di famiglia!
La tua proposta musicale è indefinibile se parliamo di generi e sottogeneri, ciò mi fa pensare a te come un ascoltatore di musica in tutte le sue salse, è così?
Quando mi chiedono una definizione stilistica vado in crisi nera, dico di fare musica indipendente, ma indipendente nel senso della Svizzera, ossia completamente sui generis. I miei ascolti spaziano a 360°, da Malher ad Eminem, da Bersani ai Kraftwerk, da Lou Reed a Duke Ellington, dai Dead Kennedys a James Blake, da James Brown a Madame. Immaginate un mega tamponamento in autostrada con tutta la storia della musica leggera (e non) degli ultimi secoli e il risultato sono io.
L’esperienza a X Factor come l’hai vissuta e cosa ti ha lasciato dentro?
X Factor ha definito uno spartiacque nella mia vita, è innegabile, mi ha permesso di essere conosciuto in tutta Italia e molte realtà discografiche sono certo che ora sappiano che della mia esistenza (insomma anche solo un nome che ricorda qualcosa). Ma emotivamente è stato molto complesso, mi ha segnato profondamente, e anche questo è innegabile. Si è trattato di un azzardo inizialmente, ma poi ho iniziato ad esser più fiducioso e per alcuni mesi ho accresciuto molto le mie aspettative di aver trovato finalmente uno spazio tutto mio nel mondo musicale. Aspettative infine disattese, una delusione cocente che si trascina ancora oggi, tra i periodi ipotetici dell’irrealtà che la mia mente sforna quotidianamente.
Lo chiedo a tutti, qual è il tuo più grande sogno artistico?
Avere un editoriale sulla settimana enigmistica in cui poter finalmente scrivere liberamente le mie freddure e i miei giochi di parola.
Quali sono i tuoi progetti in questo nuovo anno?
Non mi è chiaro in questo momento il percorso, direi sicuramente raggiungere un entourage di lavoro che mi possa rispecchiare appieno da un punto di vista discografico, in modo da non essere più il cane sciolto che sono allo stato attuale, dividendoci oneri e onori. Per arrivare a questo è necessario ridefinire il progetto, metterlo bene a fuoco, innanzitutto a me stesso prima che agli altri, continuare a scrivere, produrre, arrangiare e vivere. Ho la sensazione di trovarmi su un mega Tinder musicale in cui non sono riuscito ancora a fare il match giusto con la mia incognita etichetta principessa azzurra che mi sta aspettando da qualche parte.
Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?
Suonate, cantate, sbagliate, tirate giù a orecchio e non coi tutorial YouTube, supportate gli artisti che vi piacciono, non solo su Spotify e sui social, andate ai concerti, comprate i dischi e il merchandising. Non per forza il mio 🙂
MARCO PRITONI
Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.