PIQUED JACKS – Il bassista littleladle parla del nuovo disco “SynchronizerR …
In occasione dell’uscita del terzo album in studio “Synchronizer”, prevista per venerdì 19 marzo su etichetta INRI, ho avuto il piacere di fare una bella chiacchierata telefonica con littleladle, bassista della alt/funk-rock band toscana Piqued Jacks, attiva dal 2006. Il disco è stato realizzato tra lo studio Esagono di Rubiera (RE) e l’Inghilterra a fianco di tre dei top producer della scena britannica: Julian Emery (Nothing But Thieves), Brett Shaw (Florence + The Machine) e Dan Weller (Enter Shikari). I quattro si impongono come una delle realtà più interessanti ed uniche del rock contemporaneo internazionale e propongono un sound che mescola varie influenze, tra cui Biffy Clyro, The Killers, Nothing But Thieves.
Ciao! Benvenuto su Tuttorock, innanzitutto come va?
Ciao Marco, grazie, piacere. È un periodo particolare ma non mi sento nella condizione di lamentarmi, sono comunque circondato dai miei affetti, passo le giornate avendo la possibilità di uscire e camminare un po’ in mezzo ai boschi con il mio cane, in generale, nonostante l’inattività, la qualità della mia vita è comunque buona e in più, a livello di band, siamo riusciti a registrare l’album all’interno di una finestra di tranquillità nell’estate scorsa e ora possiamo dedicarci alla promozione di quel che abbiamo fatto. La musica ci permette di restare spensierati.
Parliamo un po’ del nuovo album “Synchronizer”, che uscirà il prossimo 19 marzo su etichetta INRI, un album che mi ha fatto rimanere a bocca aperta per la sua bellezza, perché questo titolo?
Intanto ti ringrazio molto e sono molto contento che l’album ti abbia colpito. Il titolo “Synchronizer” viene da un brano, “Purgatory Law”, siamo rimasti molto colpiti dall’immagine presente nel testo dove si parla di sincronizzare le ali e volare via come uno stormo di uccelli. Abbiamo voluto dare al disco il potere di aiutare a sincronizzare l’orologio biologico di chi l’ascolta, a vivere il presente in maniera piena senza ansie verso il futuro e senza rimorsi verso il passato, e allo stesso tempo sincronizzarsi con le persone a cui si vuole bene, instaurare legami duraturi, questi sono due dei messaggi più ricorrenti nel disco.
Quando avete scritto gli undici brani che lo compongono?
Hanno genesi abbastanza diverse, abbiamo iniziato a scrivere i brani poco dopo l’ingresso nella band del nostro nuovo chitarrista Majic-o, quindi si parla del 2019, quando eravamo ancora in tour per il disco precedente. Poi, nell’inverno tra il 2019 e il 2020 abbiamo lavorato in maniera intensa alla scrittura e abbiamo continuato anche quando c’è stato il primo lockdown dove, pur vivendo a pochi km l’uno dall’altro, non ci siamo potuti vedere. Il lasso di tempo quindi è stato molto lungo, i modi di scrivere sono stati molto differenti tra loro, abbiamo sperimentato molto, le tracce erano una ventina e ne abbiamo selezionate 11 per “Synchronizer”.
Avete lavorato con 3 famosi produttori inglesi, Julian Emery (Nothing But Thieves), Brett Shaw (Florence + The Machine) e Dan Weller (Enter Shikari), come siete arrivati a collaborare con loro?
È partito tutto dalla nostra volontà di fare sempre un passo avanti, anzi, più di uno, diciamo una decina di passi. Già nel disco precedente avevamo coinvolto Dan Weller, per questo nuovo album abbiamo deciso di continuare su questa strada e coinvolgere più personalità perché sentivamo di doverci aprire ancora di più sia al mercato estero che a nuove sonorità, volevamo salire di qualche altro gradino. Abbiamo fatto una lista di dischi che avevamo ascoltato negli anni e che ci erano piaciuti e, dopo una scrematura, abbiamo contattato i produttori coinvolti via mail e via Skype e abbiamo trovato la nostra sinergia non solo con Weller, che già conoscevamo, ma anche con Julian Emery e Brett Shaw che si sono dimostrati entusiasti della musica che facciamo. Quando lavoriamo con qualcuno ci deve essere prima di tutto la chimica, l’elemento umano deve essere predominante già a partire dalla sala prove e questi tre personaggi ci hanno aperto un mondo, anzi, tre mondi.
I vostri brani nascono da un testo, da una melodia o dipende dai casi?
Siamo sempre stati una band vecchia scuola, sala prove, suoniamo poi tagliuzziamo e lavoriamo a quello che viene fuori. Questa volta, come ti dicevo, alcuni pezzi sono partiti da un riff che già c’era o da una qualche improvvisazione in sala prove, oppure da qualcuno che è arrivato con un’idea già in testa e ha dato poi forma al tutto, altre volte abbiamo tagliato e cucito insieme più pezzi di canzoni. Il modo di scrivere è stato molto vario.
Parlami un po’ invece della registrazione del disco, so che vi siete isolati nella campagna emiliana, è così?
Sì, quella è stata un’esperienza molto bella, ogni volta che arriva il momento di fare un disco cerchiamo di staccare completamente, fa parte del nostro DNA, già per il disco precedente eravamo andati in una casa di campagna isolata da tutto. Abbiamo voluto ripetere l’esperienza, ci siamo appoggiati allo studio Esagono di Rubiera che, oltre ad essere di una professionalità incredibile, ha la fortuna di trovarsi immerso nel nulla. Abbiamo preso in affitto un bed & breakfast che si trova a dieci minuti di distanza a piedi dallo studio e abbiamo vissuto lì per un mese facendo avanti e indietro in bicicletta, trovando l’armonia più totale con la natura e il paesaggio, staccando la testa e concentrandoci solo sulla musica. Ci alzavamo, facevamo colazione su un tavolino in giardino poi prendevamo le bici, pedalavamo sotto il sole fino allo studio, registravamo per ore e, alla sera, riprendevamo le bici, tornavamo, mangiavamo fuori, stavamo in giardino tutta la notte, dormivamo per il tempo giusto e la mattina dopo si ripartiva. È stato molto bello e molto terapeutico.
Correggimi se sbaglio, sono già stati pubblicati 4 singoli corredati da 4 video, che riscontri avete avuto?
Sì, sono usciti 4 video e, quando uscirà questa intervista, saranno 5. I riscontri sono molto buoni, siamo molto contenti perché vengono da persone che ci seguono da anni, da amici stretti e da musicisti con cui condividiamo da sempre le nostri canzoni, dai produttori stessi, dall’etichetta, dai contatti stampa.Tutti hanno notato il nostro cambio di passo e l’approdo verso una musica molto fruibile e, allo stesso tempo, molto concreta. Tutti si sono stupiti, considerato che sforniamo dischi dal 2010, ovvero da quando eravamo bambini. Ciò fa un bellissimo effetto e, senza presunzione, siamo convinti che questo sia il disco della nostra maturità artistica.
Se uno non sapesse che siete italiani, non ci crederebbe ascoltando il vostro sound internazionale, con molte influenze tra cui Nothing But Thieves e The Killers. Voi ascoltate solo musica che proviene dall’estero o ascoltate anche qualcosa in italiano?
Siamo molto esterofili, prediligiamo musica in lingua inglese ma ognuno di noi ha le sue preferenze anche in campo italiano. Certo che, vuoi per il mito della rockstar internazionale, vuoi perché eravamo molto piccoli quando abbiamo iniziato a suonare, ci siamo sempre rispecchiati di più nel mondo musicale anglofono, quindi americano e inglese, anche per le influenze attorno a noi, con i nostri genitori che ascoltavano musica disco o hard rock anni ’70. Quella roba ci è entrata nel sangue e ci è rimasta dentro, però, in realtà, anche nel panorama italiano abbiamo i nostri gusti, molto schizzinosi per certi versi.
Una domanda personale per te che sei bassista, quando hai iniziato a suonare il basso e quali sono gli artisti che più ti hanno ispirato?
Mio padre, Luca, è da sempre la mia guida spirituale e musicale ed è lui che mi ha fatto scoprire il basso. Mi faceva le audiocassette con la musica della disco anni ’70 e mi diceva: “Senti il basso su questa!”, quindi mi sono fissato su quello strumento e in seguito ho scoperto Flea dei Red Hot Chili Peppers, Chris Squire degli Yes, Michael Jared Followill dei Kings of Leon. Ci sono veramente tanti bassisti che mi piacciono e che mi influenzano.
Avete avuto, come quasi tutte le band, cambi di formazione, vi sentite stabili ora come line up?
Moltissimo, il disco che abbiamo fatto è la risposta alla tua domanda. Credo che una band instabile, per come viviamo noi la musica, non sarebbe stata in grado di fare un disco così potente anche a livello emotivo, il legame che ci ha uniti e che poi si è riversato nei brani è qualcosa di nuovo, molto fresco ma ricco di potenzialità per il futuro. Ci sentiamo molto sincronizzati, crediamo che potremo durare a lungo.
Avete suonato in giro per il mondo, c’è un luogo che vi ha colpiti più di ogni altro per la reazione del pubblico alla vostra proposta musicale?
Siamo stati fortunati ed è bello poter dire che ogni posto dove siamo stati ci ha riservato dei trattamenti favolosi, dall’Inghilterra agli Stati Uniti, dal Canada alla Grecia, senza dimenticare l’Italia stessa. Se dovessi sceglierne uno ti direi Austin in Texas, una città che personalmente mi è rimasta nel cuore, ci abbiamo vissuto per sei mesi, l’abbiamo frequentata per anni e uno degli obiettivi dei prossimi tempi è ritornare lì perché metà della band ancora non c’è stata e sono sicuro che sarà un tripudio quando riusciremo a rimettere piede in quella città. L’audience americana ha una sensibilità diversa nei confronti della nostra musica, cantando nella loro lingua siamo più accessibili a loro rispetto ad un pubblico italiano.
Il vostro sogno musicale più grande è quindi portare in giro per il mondo la vostra musica?
Assolutamente sì, inoltre vorremmo avere la nostra indipendenza basata sulla musica che permetta a noi di vivere di questo. Quando parlo di noi parlo di tutto il nostro team perché siamo una band che ha la fortuna di essere seguita da tanti professionisti che ci credono quanto noi, e non è facile in queste acque tempestose trovare alleati. Il nostro sogno è che tutta la nostra famiglia possa vivere la propria vita grazie ai Piqued Jacks.
Domanda d’obbligo, anche se non si potrà suonare dal vivo non si sa per quanto tempo ancora, quali sono i vostri progetti futuri?
Stiamo già lavorando su un progetto molto ambizioso per la presentazione dell’album che non tarderà ad essere annunciato. Per il futuro crediamo di dover e poter riprendere con i concerti, qualunque sia la forma. Crediamo che la nostra più grande forza stia nel live, quando riusciamo a farci vedere da qualcuno allora è lì che nasce una connessione che ci portiamo poi dietro per tutto il percorso.
Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa?
Grazie a te, invito chi ha la possibilità di farlo, naturalmente, a pre-acquistare il nostro disco, il link è su tutti i nostri siti, riceverete la copia autografata e sosterrete questo progetto in cui crediamo tantissimo e con cui speriamo di far star bene tutti coloro che lo ascolteranno.
MARCO PRITONI
Band:
Voce, piano, tastiere: E-King
Chitarre, tastiere, cori: Majic-o
Basso, moog, cori: littleladle
Batterie, percussioni, piano, tastiere, cori: HolyHargot
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Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.