PIOTTA – Intervista ad uno dei pionieri del rap italiano
Ho intervistato un pioniere del rap italiano, ovvero Tommaso Zanello, per tutti Piotta, in occasione dell’uscita de “L’Ottavo Re (from 90’s archives)”, album/compilation che raccoglie e documenta le origini della sua carriera artistica. Ecco cosa mi ha detto.
Ciao Tommaso, benvenuto su Tuttorock, come stai?
Tutto procede bene e mi sento in un’ottima forma, più che mai creativa.
Il periodo di lockdown, l’hai vissuto riflettendo, deprimendoti o cercando di impiegare il tempo in maniera costruttiva?
Io non mi deprimo mai di carattere, anzi, sono riuscito a nuotare in una mare di problemi stando sempre a galla o sopra all’onda, grande o piccola che fosse.
Veniamo a questo tuo nuovo album, “L’Ottavo Re (from 90’s archives)”, un album sulla tua genesi, brani che erano stati registrati solo su musicassette, come ti è venuta l’idea di trasferirli in formato digitale e in vinile a tiratura limitata?
È stata colpa del Covid-19. Dato che io, come tutti, ero in ostaggio del Covid a casa, oltre alle dirette e alla scrittura dei brani nuovi, mi immergevo nella culla delle acque del passato, acque piene di ricordi bellissimi come i suoni e le rime di queste tracce legate agli anni d’oro delle origini, quelle mie, del rap romano e del rap italiano.
In quelle tracce c’è una Roma che non esiste più, meglio allora o meglio oggi?
Meglio il futuro! Il passato è bello, ma succede che a volte viene idealizzato, come quelle vecchie storie d’amore che finiscono e non ti ricordi più di tutte i motivi che lo hanno portato al traguardo. Il futuro invece ha quel fascino adrenalinico del mistero, a metà tra fallimento e successo. E comunque questo disco è così old che è futurista e selvaggio come lo sarebbe stato allora se fossero usciti ufficialmente singoli com Il Duello, per dirne uno.
Il soprannome Piotta all’inizio ti faceva arrabbiare o l’hai sempre preso in maniera positiva?
Lo adoravo, figlio degli anni del liceo, dei miei occhialini tondi alla John Lennon, e di quel soprannome nato in una notte di mezzo inverno del 1993 a Roma, per merito di Masito che lo coniò. E mai verbo sarebbe più azzeccato, essendo il mio un nickname numismatico.
Ti faccio un nome, Ice One, quanto è stato importante per te?
Direi proprio tanto, e non solo per me. Riferimento per la scena Hip Hop romana già dagli anni 80, una colonna dell’Hip Hop italiano in genere, nonché autore di brani come Quelli che ben pensano, i primi 2 album del Colle e di queste perle che finalmente vedono la luce.
Nel 1998 esce “Comunque vada sarà un successo”, e successo fu. Quanto e come ti ha cambiato la vita quell’album?
È stata la prima pietra su cui costruire il mio cammino, e stiamo ancora a piazzare pietre laviche, ma calcola che la mia via Aurelia è molto lunga. L’importante è non fare mai la fine di Gassman ne Il sorpasso, un passo alla volta senza accelerare troppo in contesti e tappe che non ci appartengono.
Sei sempre rimasto con i piedi per terra, non hai mai rischiato di montarti la testa dopo quell’improvvisa ondata di popolarità?
Montarmi la testa io? Non so cosa sia la testa, ragiono di cuore e di pancia. Mi ritengo un artigiano, un artigiano della musica. La musica è una Dea che viene prima di tutto, da venerare. A me non interessa l’apparire ma fare i live, non mi interessano gli orologi ma il tempo del beat, non mi interessano i macchinoni ma il rombo della batteria, insomma in tutti questi anni mi pare sia chiaro.
Raccontami un po’ delle emozioni che hai vissuto quando hai preso parte, da primo italiano, al Warped Tour, un vero e proprio Coast to Coast musicale negli USA.
Stupenda la professionalità e l’umiltà dei musicisti americani, anche dei più grandi, nello stare assieme e pensare solo alla musica. Ognuno rispettando il suo ruolo e le regole, liberi e creativi ma anche ordinatamente in fila nel rispetto delle esigenze di tutti, da me a Katy Perry.
Hai poi iniziato a contaminare il tuo hip hop con il rock, quanto sono importanti le contaminazioni musicali per te?
Io contamino e mi contamino con tutto e tutti. Nell’Ottavo Re c’è parecchio ragga, poi quel funk che sempre adoro, fino ad arrivare al rock più solare de La Grande Onda e quello più cattivo – post Warped tour – di album come Suono Diverso e Odio gli Indifferenti. O ancora quel sapore cantautorale di brani come Interno 7.
Da pioniere dell’hip hop in Italia, quali sono i rapper di oggi che più ammiri e cosa ne pensi della trap?
Mi piace molto Lazza, che infatti la musica la conosce e la suona. Idem Salmo. E poi Rancore e Mezzosangue per il filo rosso che li lega fino a quella prima scena romana di cui faccio parte. Willye Peyote e poi Frah Quintale che mi piace tantissimo.
Sei impegnato molto anche nel sociale, con collaborazioni con i Rezophonic e messaggi utilizzati da Greenpeace, a dimostrazione che l’hip hop non è fatto di superficialità come vogliono far credere ma ci sono artisti anche in quel mondo che hanno messaggi importanti da lanciare. Dopo quest’esperienza del Coronavirus, ancora non finita purtroppo, sembra che la maggior parte delle persone non abbia tratto alcun insegnamento per quanto riguarda i comportamenti soprattutto verso l’ambiente. Allora cosa serve per far cambiare in meglio le abitudini degli umani?
Non so se la musica possa cambiare effettivamente qualcosa, salvo non facciano Kanye West presidente degli USA al posto di Donald Trump (e non è nemmeno detto che alla fine Kanye risulti molto più equilibrato e sobrio di Trump) ma può e deve certamente raccontare i cambiamenti della sua epoca, nelle parole e nei suoni.
Dopo questo album quali sono i tuoi programmi futuri?
Troppi, non riesco mai a stare fermo e trovare pace. Non posso dirveli i progetti futuri, ma solo anticiparvi che saranno particolarmente importanti.
Grazie mille per il tuo tempo, vuoi dire qualcosa ai lettori di questa intervista e ai tuoi fan?
Buona estate a tutti voi, Covid permettendo.
MARCO PRITONI
Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.