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PIERALBERTO VALLI – Intervista al cantautore forlivese

PIERALBERTO VALLI – Intervista al cantautore forlivese

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In vista dell’uscita dell’album “Numen”, in uscita il 25 ottobre su etichetta Ribéss Records e suddiviso in tre cd, ho intervistato Pieralberto Valli, apprezzatissimo artista forlivese.

Ciao Pieralberto, innanzitutto benvenuto su Tuttorock e complimenti per l’album “Numen”, un disco molto atmosferico, intimo, rilassante, tu come lo definiresti?

Ciao Marco, grazie! Beh, il lavoro in principio era previsto per andare in scena durante uno spettacolo teatrale, doveva durare circa una ventina di minuti, una sorta di colonna sonora, poi quando ho iniziato a lavorarci le cose si sono allargate ed ha preso vita l’album che ha una durata di circa un’ora.

So che ha una storia molto lunga, tanto da essere citato come “un disco lungo un anno”.

È andato in scena a teatro nel maggio del 2018, i lavori sono iniziati nel dicembre 2017 quindi è un disco lungo quasi due anni. Ho iniziato poi a scegliere e ad arrangiare i brani, a pensare a come farli uscire, quindi dopo un processo molto lungo e che definisco inusuale è nato l’album.

Come sono nate le canzoni?

È partito tutto dalla musica, ho iniziato dal pianoforte perchè era lo strumento pensato per lo spettacolo. Poi ho registrato la voce ed ho iniziato gli arrangiamenti in chiave elettronica con un approccio un pò vecchio, ovvero campionando i suoni che ho raccolto in giro, attorno a casa mia, alle fabbriche, in spiaggia, non ci sono batterie elettroniche classiche. Ho suonato e registrato tutto io a casa mia, a parte il pianoforte, che ho registrato in studio perchè quello che ho a casa è un pò troppo casereccio, poi ho rifatto le voci.

Numen, un termine derviante dal latino che significa potenza divina, come mai hai scelto questo titolo?

Mi piacciono molto le simbologie e i rimandi, ho voluto, dopo il mio primo cd solista “Atlas” del 2017, trovare una parola sempre composta da 5 lettere e che avesse a che fare con quel titolo. Visto che l’idea dello spettacolo era di parlare del sacro e della figura del padre in senso religioso, non appartenendo io ad alcuna religione, ho voluto usare questa parola che rappresenta il momento in cui si percepisce la presenza di qualcosa di sovrumano nelle cose. Il nume nel passato era nelle cose della natura, negli squarci del cielo, c’era qualcosa di soprannaturale ma non c’era però una religione vera e propria, è un pò l’idea che ho io.

 Nei tuoi brani sento molto l’influenza di Thom Yorke, la mente dei Radiohead, è lui l’artista da cui trai più ispirazione? Ce ne sono altri?

Ovviamente sì, Thom Yorke mi piace molto, poi apprezzo sicuramente Mark Hollis nel periodo solista, con i suoi momenti astratti, il trip hop, tipo i Massive Attack, poi Jason Molina, anche se in questo disco si sente poco. Quando ascolti qualcosa è inevitabile che poi si senta nelle tue creazioni, un conto è il plagio, un conto è il richiamo che l’ascoltatore coglie. Non è una vergogna, l’importante è non ispirarsi ad artisti brutti (ride ndr).

Ho visto i tuoi video dove viene utilizzata molto la tecnica del tremolio, è una tua scelta?

Sono stati girati da una ragazza cui abbiamo chiesto per questo nuovo album di fare un video per ogni pezzo, il risultato è quello che lei ha visto sentendo i brani, non ho avuto alcuna voce in capitolo in questo caso.

 C’è più orgoglio o rabbia nell’essere un artista nel 2019 in Italia, dove l’aridità di contenuti e di meritocrazia dilaga?

Mah, guarda, ho fatto pace con questa cosa. Ho un’età, 39 anni, in cui sono vecchio per pensare al successo. Vado molto tranquillo per la mia strada sapendo che la maggior parte della gente non è sulla mia stessa strada. Non sarei nemmeno capace di seguire ciò che va di moda oggi, ho il mio pubblico, non riempio i palazzetti ma mi basta. Se uno vuole cercare il successo allora il discorso cambia ma a me piace suonare e scrivere, riesco a fare i miei concerti, ovviamente ho un altro lavoro per vivere, faccio l’insegnante di sostegno alle scuole medie ed è una cosa che mi rigenera, tempo fa insegnavo letteratura inglese ma mi toglieva troppe energie mentali.

La tua formazione musicale?

Mi manca la teoria, suono tutto ad orecchio, sono autodidatta su tutto. A casa ho sempre avuto un pianoforte grazie a mia madre, poi ho preso in mano una chitarra a 14 anni per suonare il punk, cosa che ho fatto fino ai 16 anni, poi mi sono buttato sui computer campionando i rumori. Ad esempio tiravo un pugno sul tavolo, lo campionavo ed avevo la cassa della batteria, il rullante lo creavo usando un accendino. Questa cosa me la sono portata sempre dietro ed è stata utilissima anche per questo nuovo disco.

 La Romagna, terra di buon cibo e buon vino, terra anche di musica. Tu hai vissuto a Roma e hai vissuto anche all’estero. Cosa rappresenta per te la tua terra?

Io sono molto legato alla mia terra, la Romagna, è la mia patria spirituale, è la terra che mi rappresenta. Sono tornato qua volontariamente, a livello musicale c’è molto, a Milano e a Roma paradossalmente c’è meno roba anche se sono dei grossi contenitori dove, se vuoi fare qualcosa, devi comunque passare. Difficilmente però nascono lì le belle cose musicali, ne nascono molte di più qui in Romagna. Geograficamente, purtroppo, con la chiusura del Velvet di Rimini e la programmazione ridotta del Vidia Club di Cesena abbiamo perso molto. Abbiamo fortunatamente il Bronson e l’Hana-Bi a Ravenna che organizzano eventi interessanti.

Tu sei anche scrittore, hai scritto il bellissimo romanzo “Finchè c’è vita”, hai in mente qualche altro progetto in quel campo?

No, non credo, quella è stata una cosa un pò casuale. Un mio conoscente,  che si occupava di una collana di libri, mi chiese di provare a scrivere qualcosa. L’ho fatto, la casa editrice purtroppo è fallita quando ho iniziato a scrivere “Finchè c’è vita” e l’ho proposto quindi ad altre case editrici riuscendo poi a pubblicarlo. Scrivere romanzi è un’impresa, devi avere una mente tarata su quello, non credo che ne farò altri, un conto è scrivere testi di canzoni, un altro è scrivere un romanzo.

 Come ti presenterai sul palco per promuovere l’album?

Suonerò da solo. Ho fatto qualche live di prova in giro, avrò un pò di roba con me, chitarra elettrica, chitarra acustica, synth. A seconda dei brani e dei posti, farò propendere il concerto verso una via più acustica ed intima oppure su una più elettronica e più rock. Non faccio mai lo stesso live in ugual modo, mi piace che i miei concerti siano sempre diversi e legati ai luoghi in cui suono. Alcune date sono già confermate e l’idea è di farne una ventina da qui all’estate, dal nord al sud dell’Italia. Poi ragioneremo su cosa fare, vorremmo proporre un set elettronico nei festival estivi.

Per finire, grazie del tempo che ci hai dedicato, vuoi salutare e dire qualcosa ai lettori di Tuttorock e a chi verrà a vedere i tuoi concerti?

Grazie mille a te! Uscite di casa ed andate a vedere i concerti, non rinchiudetevi a guardare i talent show in tv ma andate a vedere la musica dal vivo! Ciao! 

MARCO PRITONI