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OLD ROCK CITY ORCHESTRA – Intervista alla band umbra

OLD ROCK CITY ORCHESTRA – Intervista alla band umbra

Gli Old Rock City Orchestra sono una delle migliori nostre realtà che la parola progressive è come una veste troppo stretta, nella loro discografia, nei loro album e nei loro brani scivola via anche la psichedelia, il jazz rock e a volte il semplice rock e contaminazioni folk. È da poco uscito “Ipsilon” (leggi qui la recensione) il loro nuovo album ed ho avuto il piacere di parlarne con la cantante e tastierista Cinzia Catalucci e con il chitarrista Raffaele Spanetta. Di seguito l’intervista.

Ciao e benvenuti su Tuttorock. Complimenti per il vostro nuovo album “Ipsilon”. Parlatemi della sua gestazione, come sono nati i brani?
Ciao e grazie mille! “Ipsilon” è nato poco prima della pandemia. Eravamo in sala prove alla fine del 2019 e stavamo scrivendo nuova musica, con l’intenzione di pubblicare a breve un nuovo album. Poi il lockdown e tutto il periodo pandemico hanno rallentato il nostro lavoro, in un primo tempo anche per l’impossibilità di vedersi e suonare insieme. A distanza di quattro anni siamo riusciti con non poche difficoltà a realizzare quello che è il quarto album in studio degli Old Rock City Orchestra.

L’album è dedicato a Michele “Mike” Capriolo,  il vostro batterista che è venuto a mancare improvvisamente da poco. E’ stato un duro colpo per voi, vi legava anche una solida amicizia? Vi va di parlarne?
Mike era prima di tutto un amico fraterno. Abbiamo condiviso con lui non solo un’attività artistica, ma un bel pezzo di vita insieme. Una band è molto simile a una famiglia, si impara a crescere, ci si vuol bene, si discute, si fa pace, si affrontano momenti belli e altri meno belli, ma sempre insieme. La sua tragica scomparsa ci ha profondamente scosso, in primis dal punto di vista umano. Anche la band ha subito un’inevitabile battuta di arresto. Dal momento che avevamo un nuovo album ormai ultimato abbiamo però deciso di pubblicarlo in sua memoria, per onorare fino in fondo il nostro gruppo e la nostra musica.

Perché il titolo “Ipsilon”, quale è il suo significato esattamente? Da quanto leggo sulla cartella stampa parla in parte dell’umanità. Spiegate meglio.
“Ipsilon” è la lettera greca “Y”, che simboleggia due possibili vie percorribili durante la nostra esistenza, la via del bene e quella del male, che sembrano avere una stessa origine e, secondo una certa visione ciclica del mondo propria dell’antica cultura greca, una medesima fine. Anche l’uomo, dunque, partecipa di questo dualismo e l’album cerca di affrontare la tematica da diverse prospettive, senza offrire particolari risposte, ma auspicando un ritorno all’origine e quindi a una unità che risolverebbe tale dicotomia.

E’ quindi un concept album?
Sì, si tratta a tutti gli effetti di un concept album, come del resto lo sono gli altri lavori precedenti della band. Abbiamo sempre creduto che un album sia una specie di racconto dove la musica accompagna la narrazione e contribuisce alla creazione di immagini e sensazioni che offrono spazio all’interpretazione dell’ascoltatore.

Musicalmente è più incentrato su canzoni di media durata, invece che brani lunghi stavolta, perché questa decisione?
A dire il vero l’importanza del minutaggio non è stata mai al centro della nostra attività compositiva. È capitato che alcuni brani avessero una durata maggiore in altri album, ma, anche se sappiamo bene che la questione è cara agli amanti del “prog” che prediligono lunghi brani o suite “infinite”, si è trattato sempre di una casualità. Un concetto può essere ben espresso anche in pochi minuti, come possono occorrerne anche decine e decine, ma è un dato che nel nostro caso è sempre stato osservato alla fine e mai premeditato.

Torniamo indietro nel tempo ed arriviamo ad oggi. Nel 2012 Esce “One Upon A Time”, il vostro primo album, nel 2015 il secondo, “Back To Earth”, nel 2018 il terzo “The Magic Park Of Dark Roses” e dopo 5 lunghi anni il quarto “Ipsilon”. Raccontate i quattro album, le differenze, l’importanza per voi e il sound e quale è più rappresentativo per voi?
Iniziando dalla fine di questa domanda, possiamo affermare con certezza che l’album più rappresentativo di una band è sempre l’ultimo! Tutti e quattro i lavori sono stati i più rappresentativi nelle varie epoche del gruppo. Il primo album, “One Upon A Time”, nel 2012 sanciva l’esordio degli Old Rock City Orchestra e ben rappresentava l’attitudine rock “vecchia maniera” della band di quel periodo, ma già nel 2015 con l’uscita di “Back To Earth” le atmosfere si sono fatte più “progressive” e per noi questo fu un punto di svolta. In quel momento quell’album era sicuramente il più rappresentativo. Poi nel 2018, dopo che già da qualche tempo eravamo diventati un power trio con l’uscita dal gruppo del nostro bassista Giacomo Cocchiara, l’anima dark e hard-prog della band è stata ben rappresentata da “The Magic Park Of Dark Roses”, dove le sonorità si sono fatte più cupe e introspettive. Era sicuramente l’album che più ci rappresentava in quel momento! Questo ultimo album, che lascia alla band il rammarico di non aver potuto gioire fino in fondo della grande soddisfazione che si ha quando si pubblica un nuovo album, è comunque il più rappresentativo e maturo della discografia degli Old Rock City Orchestra. Le sfumature jazz appena accennate negli altri lavori sono state espresse in maniera più evidente in questo ultimo “Ipsilon”, pur mantenendo i toni dark e prog che hanno sempre caratterizzato il nostro sound.

Progressive rock, dark rock, jazz rock, psychedelic rock, tutto questo sono gli Old Rock City Orchestra o c’è dell’altro o qualche genere musicale che ho citato non vi appartiene?
Gli Old Rock City Orchestra sono tutto questo sicuramente, aggiungendo forse anche un po’ di musica classica, di blues-rock e un pizzico di folk!

Siete però più che altro considerati una band di progressive rock. Vi sentite una band progressive?
Collegandoci alla domanda precedente, abbiamo sempre pensato che proprio questa varietà di generi musicali fusi tra loro possa essere ben espressa con il termine “progressive”, ovvero una musica senza limiti o barriere di stile dove si è liberi di creare ciò che è più significativo in un determinato momento storico e artistico di una band, non avendo la preoccupazione o l’onere di rispettare i confini della propria musica. Forse è per questo che certa musica progressive è stata definita “immaginifica”. Se questo è ciò che si intende per “progressive” allora la nostra musica si identifica perfettamente con questo termine. Se invece con “progressive” si intende quel preciso genere dove non è ben visto suonare in 4/4 senza un Mellotron per almeno venti minuti, beh, allora quel tipo di “progressive” non ci rappresenta appieno!

Le vostre influenze musicali? Gruppi solisti, chitarristi, cantanti, ecc.?
Ognuno di noi ha avuto influenze musicali personali che hanno contribuito alla realizzazione del sound degli Old Rock City Orchestra. Mike era decisamente il più “metallaro” della band, fan sfegatato degli Iron Maiden, ma anche dei Toto e amante del latin rock. Raffaele ha una vena più blues e i suoi ascolti sono sempre stati vari, dal rock classico al prog, ma anche musica folk e classica. Il suo punto fermo per quanto riguarda la chitarra è e sarà sempre Jimi Hendrix. Cinzia invece spazia davvero tra i diversi generi e soprattutto tra le diverse voci della storia della musica. Grace Slick, Antonella Ruggiero, Aretha Franklin sono solo alcuni dei suoi artisti di riferimento.

Avete in programmazione delle date live?
Diciamo che, dopo le recenti vicissitudini, al momento la band è in un periodo di pausa che non sappiamo quanto durerà. Attualmente l’idea di continuare è ben lontana dalle nostre intenzioni. Abbiamo però imparato proprio in questi ultimi tempi a non essere drasticamente categorici, perché la vita scorre e le situazioni necessariamente cambiano, quindi mai dire mai.

Siete stati fermi per 5 anni, il covid vi ha influenzato nella scrittura dei vari brani?
Come dicevamo, il periodo della pandemia ha condizionato la stesura dei nuovi brani, ma solo dal punto di vista pratico e realizzativo. Nell’ultimo album non ci sono canzoni riferite a quel periodo storico, che ha sicuramente cambiato le nostre vite, ma che non ha trovato spazio nelle liriche dei vari brani. Non escludiamo però che il sound potrebbe aver risentito di un momento così difficile e che probabilmente la nostra emotività creativa sia stata inconsciamente influenzata dalla situazione-covid, più che altro nelle sonorità, anche se non è stata nostra esplicita intenzione fare riferimento a questo.

Cosa può fare la musica per allietare i pensieri e le preoccupazioni delle persone che, come accendono la TV o leggono i giornali, sentono parlare di pandemie, guerre, disastri climatici?
La musica ha sempre fatto riferimento a qualcosa che è fuori dal tempo. La parola stessa lo indica, tant’è che “musica” significa l’ “arte delle Muse”, ovvero ciò di cui si occupano le Muse stesse, esseri immortali che nobilitano la poesia, il canto, la danza e tutte le altre discipline artistiche in senso ampio che allietano la vita di ogni essere umano. In un’epoca dove la musica sta diventando sempre di più business usa e getta, che guarda più alle visualizzazioni che ai contenuti artistici, è difficile però concepire questa arte come qualcosa in grado di trasportare l’individuo al di fuori di una realtà che troppo spesso è caratterizzata da tristi e drammatici eventi. Ma la musica “vera” esiste e resiste, bisognerebbe solo valorizzarla di più, e allora sì che i pensieri e le preoccupazioni cesserebbero di condizionare in negativo le persone, anche solo per la durata di un album o di un bel concerto.

Prima un quartetto, poi un trio e ora purtroppo siete rimasti in due, vi chiedo quindi i progetti futuri della band e se la line-up si arricchirà di qualche altro elemento.
Come si diceva, mai dire mai, ma la scomparsa del nostro batterista ci costringe a un momento di riflessione che non sappiamo a cosa ci porterà e se ci saranno sviluppi in merito. Certo è che dopo più di quindici anni di attività (e una vita intera) condivisi con Mike non è possibile sostituire il suo ruolo nella band rimpiazzandolo con un “semplice” batterista. Mike non era un “semplice” batterista per noi.  Non riusciamo ora come ora ad immaginare un futuro per gli Old Rock City Orchestra, ma, ancora una volta, mai dire mai.

Chiudete l’intervista come volete, un messaggio per ascoltare il vostro nuovo album.
Innanzitutto ringraziamo te Fabio e Tuttorock per l’intervista e vi consigliamo di ascoltare non solo il nostro nuovo album “Ipsilon” e magari anche gli altri lavori degli Old Rock City Orchestra per conoscere meglio la storia della band, ma di ascoltare tutta la nuova musica “emergente” o “underground” che dir si voglia, quella che fatica più di tutti ad affermarsi, perché ci sono artisti e dischi che meritano davvero di essere supportati, così come tutta la musica scritta con il cuore.
Buona musica a tutti!

FABIO LOFFREDO