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NIC GYALSON – Intervista al cantautore, compositore e produttore ticinese

NIC GYALSON – Intervista al cantautore, compositore e produttore ticinese

In vista dell’uscita dell’album “Yellow House” ho avuto l’occasione di intervistare Nic Gyalson, che risponde al nome di Nicolò Mariani: compositore, produttore artistico ed esecutivo di Lugano (Svizzera), autore di numerose colonne sonore di natura cinematografica e documentaristica, nonché abile videomaker; anche di sé stesso.

Affiancato dal suo organo Hammond, Nic ha strutturato assieme al premiato produttore Pietro Foresti un album catchy, dal suono colorato e particolarmente ‘british’, ascrivibile ad una forma cantautorale di Alternative Rock dalle escursioni Blues, per cui il Pop e l’Indie rappresentano un forte ascendente. Non v’è minimo dubbio: la carriera artistica di Nic Gyalson è in fase adulta, e “Yellow House” ne sancisce la forte maturità.

Ciao Nic, benvenuto su Tuttorock, parliamo subito di questo tuo bellissimo album “Yellow House” che uscirà il 5 maggio, è già uscito però il singolo “Shy Peacock”, che riscontri stai avendo?

Ciao Marco! Per il momento sto avendo dei buoni riscontri, sono piaciuti il brano, le sonorità, il video, che ha fatto sorridere parecchi e discutere altri per i contenuti più o meno espliciti sulle cazzate della promozione musicale.

Il disco uscirà solo in vinile e su Bandcamp, e in nessun’altra piattaforma digitale, come mai questa scelta?

Prima di tutto è stata una scelta pratica e matematica, sono estremamente pragmatico in tutti i lavori di cui mi occupo, che si parli di musica o di audiovisivo, che sono i miei due campi. Quando ho guardato i report delle royalties dei miei lavori passati mi sono accorto che la discrepanza tra le entrate derivanti dalla distribuzione digitale e tutto il resto delle royalties era immensa e ho capito che non aveva senso stare lì. Parliamo di un rapporto 17000 a 300 per un lavoro campione che ho analizzato, quindi è stata una cosa matematica, mi sono detto, perché devo pagare un servizio per guadagnare 300 dollari quando, senza pagare, riesco a farne 17000? Alla fine uno potrebbe pensare, eh, però è una vetrina e qualcuno ti può conoscere grazie a quello, però non è mai attraverso Spotify e similari che ho visto grosse differenze. Poi c’è anche una ragione politica, non mi piace il loro modo di gestire le revenue degli artisti, non mi piace il loro sistema di retribuzione. Ho trovato quindi ben due ragioni per non stare lassù e nessuna per rimanerci, quindi ho tolto anche tutti i miei lavori precedenti.

Ho apprezzato ogni brano ma, se dovessi scegliere le mie tracce preferite, ti direi: “Like Words”, “Dreams”, “Shy Peacock” e la conclusiva “One Second And A Half”, tu, riascoltando l’album, hai trovato un brano che ti ha fatto dire: “Questa mi è venuta davvero bene!”?

Ti dirò che sono d’accordo con te su “Like Words”, è uno dei brani più importanti per me, contiene tutta una serie di mie riflessioni su cose che mi stanno a cuore, significa molto per me e ne sono felice perché è uscito particolarmente bene. Sono molto contento anche di “Hanging On To No One” perché anche quello contiene cose molto intense e anche di “Morning Dew”. Questi sono i tre pezzi che mi hanno dato di più anche dal punto della produzione stessa, è stato molto intenso quello che ho vissuto durante la loro realizzazione, quindi c’è anche una grossa componente di ricordi.

Le canzoni sono nate nel periodo del lockdown?

Alcuni semi erano stati sparsi anni prima, intorno al 2017, durante i lavori precedenti, però c’era solamente un pezzettino di melodia o delle frasette, degli appunti, qualcosa di antecedente all’embrione. Durante il 2019 ha iniziato a prendere forma il tutto, quell’anno ci sono state delle vicende molto importanti nella mia vita, tra cui un viaggio di due mesi in Patagonia che mi ha cambiato la vita, lì c’è stato l’inizio della storia che racconto in questo disco. Poi tanto è successo durante gli anni 2020/2021 perché durante il 2020 mi sono ritrovato bloccato in Svizzera mentre quella che sarebbe diventata mia moglie era incinta e bloccata in Sardegna, quell’esperienza ha fatto sì che io scrivessi parecchia roba, sia sulla mia storia personale sia su come vedevo ciò che stava succedendo nel mondo in quei momenti.

Quando e com’è avvenuto il tuo avvicinamento alla musica?

Sono sempre stato un appassionato di musica fin da piccolino, allora mi piaceva ascoltare Bach e i Beatles, quindi avevo una componente di musica british anni ‘60 e una di musica classica e barocca. Poi, quando avevo 13 anni, mio padre un giorno mise su i due album classici dei Deep Purple, “Deep Purple in Rock” e “Machine Head”, lì ci fu la svolta perché, quando ho sentito quei brani mi si è accesa una lampadina e, quando ho sentito il suono dell’organo Hammond ho capito che prima o poi avrei dovuto comprarne uno e iniziare a suonarlo. In quei momenti fui davvero colpito da un fulmine nel cervello, con quei brani tipo “Child in Time” e “Black Time”.

Infatti nella tua musica si sentono molto quelle influenze, mischiate al blues e al pop di stampo british senza dimenticare country e southern rock.

Inconsciamente sì, nel senso che comunque, per diverso tempo, da ragazzino ho suonato in un paio di band con cui si facevano brani anche dei Lynyrd Skynyrd. Lì mi sono fatto un po’ le ossa anche dal vivo, per forza quindi le mani in quelle cose le ho poi messe.

Qual è il tuo più grande sogno musicale o artistico in generale?

Questa è una domanda tosta che non mi ha mai fatto nessuno, qualche piccolo sogno l’ho già avuto, ti dirò che ce ne sono due, io ho anche una componente legata ai film, essendo figlio di un regista ed essendo cresciuto nel mondo dei documentari è stato per me spontaneo mettermi a fare colonne sonore e, devo dirti la verità, mi piacerebbe farne una per un film che non sia un documentario, è una cosa che ancora non ho fatto e prima o poi penso capiterà. L’altra cosa che mi piacerebbe fare è molto particolare, un concerto all’aperto in mezzo alle montagne, in luoghi completamente selvaggi. Queste due cose mi frullano nella testa e prima o poi potrebbero trasformarsi in veri e propri progetti.

A proposito di musica dal vivo hai già pianificato qualche data live?

Il 5 maggio presenterò l’album, proprio nel giorno della sua uscita, allo Studio Foce di Lugano.

Ho messo in piedi un gruppo, ci stiamo preparando, ci sono alcune date all’orizzonte tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, durante l’estate non ne prevedo anche perché in quel periodo sono molto preso da altre cose riguardanti la produzione. In particolare quest’anno ce ne sono diverse, c’è un film documentario che presenteremo il 27 e 28 aprile, realizzato da mio padre in Patagonia, al quale ho collaborato sia per quanto riguarda la musica che per le riprese, il fatto che sia stato fatto in famiglia rende il tutto molto emozionante. Ci sono altri documentari di cui curo la produzione, poi un paio di artisti di cui seguo la produzione artistica quindi non punto tantissimo sul live del mio progetto personale ma due o tre date buone sicuramente le farò volentieri, ma da fine agosto in poi.

Parlami un po’ di questa band che hai messo su.

Siamo in 4, ho preso tre musicisti per l’occasione, io mi occuperò di voce solista e organo che sono i miei settori, ho deciso di delegare le parti di chitarra a un chitarrista di Como, Matteo Frigerio, al basso ci sarà Domenico Sibilio, un bassista metà ticinese e metà pugliese col quale ho già suonato in diverse occasioni, e alla batteria Lorenzo Amadori che viene dalla zona di Varese. Una formazione molto semplice, qualcuno potrebbe dire alla vecchia maniera ma mi sono rotto dei clic in cuffia, delle sequenze, ci sono passato ma adesso dico no, dal vivo 4 persone e 4 strumenti e giù tutta.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?

Grazie a te Marco, sono contento delle domande che mi hai fatto e va benissimo così!

MARCO PRITONI