Now Reading
NDM – “NON SO SE AVETE PRESENTE” IL NUOVO EP DELLA BAND ROMANA

NDM – “NON SO SE AVETE PRESENTE” IL NUOVO EP DELLA BAND ROMANA

NDM.Promo

Intervista alla band romana NDM, un gruppo talentuoso e grintoso composto da Aldo Onori, voce e testi, Giulio Scipioni chitarra elettrica, Valerio Pistilli basso elettrico e Giulio Colletti batteria.
Fresco di uscita, il 13 novembre, il loro nuovo EP “Non so se avete presente” per Maninalto! Records, Edizioni Baldoria, l’ultimo lavoro di questa band indie rock romana ironica, graffiante, frizzante, sarcastica.
L’EP arriva dopo la pubblicazione del loro singolo “Indieota”, con cui il gruppo ha ottenuto ottimi riscontri di critica e pubblico, è composto da cinque brani che rappresentano molto bene e profondamente l’anima della band: un sound deciso ed estremamente energico, scrittura creativa con il dono dell’ironia, testi satirici e riflessivi con i quali gli NDM non hanno mai timore di esprimere compiutamente e con forza le proprie idee. Raccontarsi con ironia è il messaggio che la band trasmette e in cui ognuno può ritrovarsi e riconoscersi.

Oltre al testo provocatorio, anche il video che accompagna il brano non è da meno: un videoclip dissacrante e sarcastico, in bianco e nero. Inoltre, ricordiamo che il video è stato registrato da Giulio Ragno Favero presso il Lignum Lab Recording Studio, masterizzato da Giovanni Versari presso La Maestà Studio. Vanno giustamente menzionati per la grande creatività e lavoro, come vanno ricordati tutti i lavoratori dello spettacolo e della musica, in questo momento di grande difficoltà ed emergenza sanitaria.

Abbiamo raggiunto al telefono Aldo Onori, voce e testi della band. 
Facciamo chiarezza sulla musica “indie”, che cosa rappresenta oggi “essere indie”? Contrariamente a ciò che si pensi, l’indie non identifica un genere ma dovrebbe rappresentare tutti quegli artisti, famosi e meno famosi che si identificano e si raccolgono sotto etichette discografiche indipendenti, opponendosi allo strapotere delle grandi major. Cosa ne pensi? E’ diventato il “minestrone” che denunciate nel testo?

La caratteristica indie è o dovrebbe essere infatti quella di essere indipendenti a 360 gradi, una sorta di paradosso rispetto a quello che stiamo vivendo perché probabilmente di “indie” è rimasto solo il nome. Alla fine, sembra un gioco di regole e dogmi molto ben radicati ai quali sottostare per fare il gioco, di volta in volta, di quella “combriccola”.

Entriamo all’interno del brano “Indieota”: qual è il senso profondo della canzone?
E’ il primo singolo estratto dal disco, il testo è una provocazione riferita agli artisti indie – come accennavo prima – con i loro versi solo apparentemente profondi, ma privi di senso, così come di convinzioni molto poco convinte e radicate.

Quindi intendi che sia soltanto una moda, attualmente, quella di essere “indie”?
Non abbiamo la presunzione di parlare di moda ma quando iniziamo ad osservare diverse situazioni dove la confezione conta più del contenuto, qualche domanda in più bisogna farsela; l’arte in generale non dovrebbe percorrere questo tipo di direzione. Quando si parla troppo di moda e troppo di numeri, secondo noi non si parla più di arte. E’ un discorso dal quale vogliamo tirarci fuori ed è quello il senso del brano, una visione ironica e una provocazione verso questo mondo per alleggerire sicuramente l’attitudine. Fortunatamente non facciamo “di tutta un’erba un fascio” – come si dice di solito – perché ci sono anche tante altre situazioni molto interessanti che, fortunatamente, esistono.

Che cosa significa oggi, essere un cantante “alternativo”?
Oggi forse è quasi un’utopia esserlo, perché da un certo punto di vista siamo abituati quasi ad essere a contatto con uno show, da parte dell’autore. Sentirsi se stesso, restare se stessi, diventa più complicato. Dare una definizione di cantante alternativo è complicato, sarebbe già molto quella di non essere un cantante da karaoke perché è importante comunicare qualcosa e avere qualcosa da dire, rimanendo se stessi.

Che cosa è cambiato nel rock alternativo dalla fine degli anni ’90 ad oggi? Arrivarono band alternative come Afterhours o Marlene Kunz, alle quali si sono aggiunti poi – per esempio – i Baustelle e Tre allegri ragazzi morti, fino a coniare il termine “indie”:
Secondo il mio parere, c’è stato un cambiamento importante dal punto di vista dell’attitudine, anche se non credo sia solo colpa delle varie band che non sono riuscite poi a proporsi in una determinata maniera. Purtroppo l’ascoltatore, il fruitore musicale, da venti anni a questa parte è abituato a snellire moltissimo gli ascolti, tutto scorre molto veloce e deve fare breccia subito. E’ tutto molto rapido.

Siete sempre stati gli stessi all’interno della band, da quando siete nati nel 2012, oppure ci sono stati cambiamenti?
Nel 2012 eravamo in tre, io e Valerio facevamo già parte di un progetto rock andato poi a sciogliersi mentre nel 2017 abbiamo accolto nel gruppo il chitarrista Giulio Scipioni.

C’è un filo conduttore o idea comune tra tutti i brani che compongono l’EP? Come è nato?
Un filo conduttore è senz’altro il concetto di dualità rispetto alla realtà e alla vita, non sono brani che hanno la pretesa di portare un messaggio di verità assoluta. Anzi, ci discostiamo con forza da tutto ciò che è “assolutistico”. La visione della vita non po’ essere definita in binari giusti o sbagliati, nel concetto bene-male o cattivo-buono. Ci interessava e ci piaceva raccontare tutto questo in cinque brani, approfondendo concetti “terreni” e quotidiani; si perde forse qualcosa in termini di leggerezza ma si guadagna rispetto alla realtà e alla bellezza della vita, costituita da eventi positivi e negativi.

Il videoclip che accompagna il singolo Indieota è molto particolare, con un fantoccio. Come è venuta l’idea?

E’ un videoclip con immagini in bianco e nero, tra scimmie ammaestrate e clown e con richiami al teatro greco e romano; tutti elementi usati per sottolineare quanto il testo vuole trasmettere, quanto noi avevamo voglia di dire, ossia descrivere il “cantante alternativo”,
e presunto tale, come un circense che tira fuori testi finto-intellettuali, per consensi facili e per attirare pubblico. Il discorso poi di fare il “bel” videoclip dal punto di vista estetico, non ci ha mai interessato, pensavamo ad un messaggio non troppo esplicito ma in cui ogni fruitore musicale che lo osserva possa dare la propria interpretazione. Gli elementi del circo e le scimmie si ricollegano al messaggio che vogliamo lanciare, imput non troppo espliciti ma coinvolgenti.

Progetti prossimi, Covid permettendo e un tuo pensiero sulla crisi della musica:
Da questo punto di vista siamo molto disamorati e arrabbiati, la nostra linfa vitale erano inevitabilmente il live, il palco: privare persone, artisti, che fanno della musica la propria vita e attitudine, è soffocante, vi lascio immaginare. Siamo in un Paese in cui tutto questo dovrebbe essere naturalmente normato, dal punto di vista legislativo, siamo pur sempre il Paese delle arti in cui il Governo, ogni Governo, dovrebbe intervenire per tutela e dare sostentamento. Dobbiamo fare i conti con una realtà, a mio parere, che non ha le basi e la sensibilità per poter capire l’importanza di questo settore, di questo mondo. Si pensa alle altre categorie, giustamente, ma non si possono considerare la cultura, l’arte e la musica di seconda categoria perché oltre agli artisti ci sono le maestranze lavorative, ciascuno ha una famiglia. Anche a livello meramente psicologico, in un momento del genere non si può non dare importanza al settore.

Alessandra Paparelli