MICHAEL PUTLAND – Intervista con i racconti backstage di un grande fotografo rock
Nel 1971 inizia a lavorare per la rivista musicale Disc & Music Echo e il suo primo incarico è fotografare Mick Jagger. Quello che Michael non poteva sapere allora è che quella sarebbe stata la prima di una lunghissima serie di foto scattate a Jagger e ai Rolling Stones, perchè da lì a poco sarebbe diventato uno dei fotografi preferiti dalla band e li avrebbe seguiti per anni in tour.
Non solo Rolling Stones comunque, ma, come recita la sua biografia: “dagli Abba a Zappa” che non è solo un simpatico modo di dire, è proprio vero. David Bowie, John Lennon, Paul Mc Cartney, The Queen, The Who, The Cure, Madonna… troppo lunga la lista per riportarla completamente, ma possiamo aggiungere un tocco italiano citando la copertina dell’ultimo cofanetto celebrativo di Vasco Rossi. Forse è comprensibile che in anni recenti si sia dedicato soprattutto al mondo del jazz.
Oggi, 11 dicembre 2016, Putland è a Bologna per presentare il volume “The Rolling Stones by Putland“, edito da LullaBit per un progetto realizzato in collaborazione con la galleria bolognese ONO Arte Contemporanea. Questa intervista è il risultato del nostro incontro.
©2016, Michael Putland, immagine tratta dal libro THE ROLLING STONES. By Putland, LullaBit, 2016
Sì, ho iniziato a 16 anni. Avevo uno zio fotografo e mi ha incoraggiato. Sono stato incredibilmente fortunato, dato che avevo due passioni: la musica e la fotografia, beh a parte le ragazze ovviamente! Ho iniziato ad andare a vedere e ad ascoltare musica che avevo più o meno 14 anni, in piccoli club, e dato che amavo anche la fotografia ho iniziato a portare la macchina fotografica con me e poi… odivao la scuola, veramente la odiavo, ogni secondo. Così iniziai a pensare di lavorare come fotografo, e stranamente quello non era un brutto periodo per quanto riguarda la disoccupazione e infatti in un paio di mesi ho trovato lavoro. Ed è iniziato tutto.
Mi è sembrato di capire dall’introduzione del libro che lo stile di vita “sex, drugs and rock’n’roll” da sempre associato ai Rolling Stones sia più mitologia che altro, ma a me sembra difficile da credere…
Hai avuto questa impressione? Forse perchè mi riferivo al fatto che io non ho mai fatto uso di droghe! E mi rendo conto che è difficile da credere ma è così, ok non posso dire proprio mai, magari in un paio di occasioni ho provato qualcosa! Ma per quanto riguarda la band, beh si sa, lo facevano tutti, ma devo dire onestamente che non era così plateale, con altre band mi è capitato di vedere cose di questo tipo, ma mai con gli Stones. Pensa che fumavano tutti, veramente tanto, ma io non ho mai visto gli Stones fumare in tour, forse una volta. E’ vero! Lo sai che adesso che ci penso è incredibile?
Quanti tour hai fatto insieme a Rolling Stones?
Ho fatto quelli del ’73, ’75, ’78, quello del 1981-82 iniziato al Phoenix Stadium con 90 mila persone. Quella data è stata pazzesca: io ero sul palco, dietro agli amplificatori, e riuscivo a percepire le vibrazioni di quello che stava succedendo nello stadio; ad un certo punto Mick, che era molto vicino a me, si è girato verso il pubblico è ha detto qualcosa tipo “Tutto OK laggiù?” e ho guardato verso lo stadio e ho visto tutta questa gente letteralmente impazzire. E’ stata un’emozione fortissima e ho pensato “Ma cosa deve provare Mick a sentire tutta questa incredibile energia?” Del resto anche lui è sempre stato incredibile sul palco.
Gli Stones sono dei soggetti facili da fotografare?
Hanno tutti delle facce meravigliose! Guarda la copertina del libro con Keith, guarda quella faccia, è difficile fare brutte foto a una faccia così! E’ merito loro non mio! Sono stato fortunato, un fotografo “normale” che incontra questi personaggi così iconici… Charly è molto bello ad esempio, ha una faccia favolosa da fotografare e Ronnie… beh è Ronnie! E’ molto simpatico e alla mano. Mi ricordo una volta a un concerto all’Earls Court a Londra, era il 1976, ero andato di fronte al palco, quando una persona della crew mi è venuta a chiamare dicendo “corri nel back stage presto presto!” e quando arrivai lì c’era la Principessa Margareth, sai chi è? La sorella della Regina… comunque volevano ovviamente che la fotografassi e dietro era buio quindi ho dovuto molto in fretta ad armeggiare col flash e non potevo vedere bene l’inquadratura, ma in qualche maniera ce l’ho fatta e il giorno dopo Ronnie arriva e tutto contento mi dice “Copertina dell’Evening Standard eh? Farai un sacco di soldi!”.
E per quanto riguarda le foto posate?
Mick in un attimo si mette in posa da copertina! Lui in particolare è così, mi chiede “Che cosa vuoi?” e in un attimo lo fa. L’ultima volta che l’ho fotografato da solo, credo fosse per Max Magazine qui in Italia (Nel libro c’è anche la foto del passaporto di Mick, fatta da Putland n.d.a.).
Ho letto che hai vissuto a New York dal 1977 al 1984… No, sono rimasto solo tre anni! Ok ma New York era così incredibile come si dice in quel periodo?
Era fantastica. Poco tempo fa mi è capitato di rivedere una foto… ricordo delle persone che mi erano venute a chiamare per andare a una festa e mi hanno detto di portare la macchina fotografica, suonava un band… che era composta da: John Cale dei Velvet Underground, Mick Ronson, David Byrne dei Talking Heads (Putland si sbaglia e dice dei Television) e infine Patti Smith! E questo era in un loft privato… dove c’erano circa 300 persone, ma era un loft! New York era così. Io amo vivere in campagna effettivamente, dove vivo ora, ma avevo appena aperto lì la mia agenzia fotografica Retna, e per tutto il tempo che è stata in attività tornavo a New York cinque o sei volte all’anno. New York è la città più festaiola che c’è (o c’era n.d.a.), la gente non usciva prima di mezzanotte, non ci pensavi neanche! E poi stavi fuori fino alle 3 o alle 4… Ricordo una volta che ero in un “after, after, after night bar”, erano le 6 e mezza di mattina e seduta al bancone c’era Nico dei Velvet Undergound – non ho fatto foto in quella occasione, è capitato poi più avanti – mi sono solo seduto vicino a lei e abbiamo iniziato a parlare e lei era piuttosto contrariata e mi ha detto “nessuno qui sa chi sono, mi sono seduta a cantare con il pianista ma nessuno ha capito ci sono!”. E’ così New York questa scena.
Hai fatto fotografie alle più grandi rock stars e al proposito vorrei chiederti due cose:
1) hai mai notato qualcosa che accomuna questi grandi personaggi, che spieghi perchè, al di là dei meriti artistici, siano diventati così famosi?
C’è qualcosa nei loro occhi forse. Quando ho fotografato Madonna prima che diventasse così famosa, più o meno quando uscì Like A Virgin nel 1984, vedevi la determinazione nel suo sguardo, ma è troppo semplice rispondere così, non so in effetti cosa risponderti, non so dirti perchè quando personaggi come Mick Jagger o Miles Davis entrano in una stanza si assiste a dei fenomeni “strani”, pare che tutto si muova intorno a loro…
2) Tu ora, per quanto riguarda la musica, fotografi principalmente in ambito jazz, ed è comprensibile che dopo tanti anni abbia avuto voglia di cambiare, ma è solo per questo motivo o perchè oggi non ci sono più le rock star di prima?
Non voglio sembrare il vecchio trombone che dice “perchè ai miei tempi…” ma veramente non vedo più dei Led Zeppelin, degli Who o dei Rolling Stones… non ne vedo. Ho fatto delle foto recentemente a una giovane cantautrice Annie Eve, che non è proprio rock’n’roll, ma penso sia fantastica e ha fatto un album bellissimo, ma non è decollata… forse ci sono dei personaggi là fuori ma sai, così come nel jazz, quando hai avuto un Miles Davis, come fai a fare di meglio? Nel rock’n’roll… dove vai dopo gli Who, i Led Zeppelin e i Rolling Stones? E’ stata un’era gloriosa.
Recentemente si è conclusa a Bologna la grande mostra “David Bowie Is”, un altro grande che hai fotografato, puoi dirmi qualcosa di lui, che per me è uno dei più grandi artisti mai esistiti?
Sono assolutamente d’accordo. Io non sono stato a vedere quella mostra e penso che la ragione sia perchè ho seguito tutta la sua carriera e non ho sentito il bisogno di rivedere la sua vita. Sono stato alla mostra dei Rolling Stones “Exhibitionism” a Londra solo perchè mi hanno invitato all’inaugurazione dato che ci sono anche alcune mie foto esposte, ma se non era per l’invito non credo sarei andato, pur amando i Rolling Stones così tanto… probabilmente perchè per te è come vedere la tua vita… esatto! Ma tornando a David Bowie, la sua scomparsa è stata una cosa del tutto inaspettata… io lo avevo visto in un famoso concerto al Friars Club di Londra (Bowie ha suonato lì nel 1971 e nel 1972, c’è anche una statua che lo raffigura di fronte al club n.d.a.) e ricordo che indossava una tutina. Un paio di settimane mi è stato chiesto di andare a casa sua per il giornale per cui lavoravo Disc And Music Echo, che è stato fondamentale per la mia carriera. Lui aprì la porta e aveva una sigaretta in una mano e un pennello da imbianchino nell’altra, vestito con la stessa tuta che indossava sul palco! Mi disse, vi dispiace se finisco di dipingere il soffitto? Però aveva un cappellino in testa… in tinta! Ho poi passato un piacevole pomeriggio con lui… ero con una giornalista, Rosalyn Russel, che lo conosceva e avevo dimenticato che in quella occasione lui ci suonò Ziggy Stardust, prima che uscisse.
E con l’immagine di David Bowie che imbianca il soffitto di casa, possiamo concludere questa piacevole conversazione con un vero gentleman che sa raccontare una vita straordinaria con estrema modestia e un aplomb squisitamente british. Thank you Mr. Putland.
ANGELA ZOCCO
Pics a corredo by NINO SAETTI
Credits: Grazie alla Galleria ONO Arte Contemporanea per la perfetta organizzazione.
L’intervista originale trasmessa su Radio Città Fujiko