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MATTEO PALERMO – Intervista all’artista pugliese

MATTEO PALERMO – Intervista all’artista pugliese

In occasione dell’uscita del singolo “Il Rito della Fiaba”, ho avuto il piacere di intervistare Matteo Palermo, artista pugliese originario di Palo del Colle.

Inizia a studiare chitarra all’età di 15 anni, dopo pochissimo inizia la sua attività live in band locali e progetti giovanili. Negli anni si specializza nel rock e nel blues, per poi studiare lo stile gipsy Jazz.

Tra il 2007 e il 2012 fa parte della band rock Z.E.D con la quale incide diverse pubblicazioni tra cui l’album “On My Way”, aggiudicandosi il Premio Nazionale della Musica Mimmo Bucci, con il brano “Emozioni”.

L’artista calca il palco in numerose occasioni importanti, come la partecipazione al Lecce Art Festival in onda su Rai Uno e le aperture ai concerti di Eric Martin (cantante della band americana MR Big), Uli John Roth (storico chitarrista degli Scorpions) ed Elio e Le Storie Tese.

Dopo queste esperienze live decide di abbandonare il progetto degli Z.E.D e nel Settembre 2017 pubblica il suo primo singolo da solista “LandStar”, seguito nel 2019 del primo EP “A coffee with Nietzsche”.

Successivamente escono altri tre singoli: “Queen of the hill”, “Love is imperfect” e “ Mr Weak” distribuiti da Sony Music Italia.

Nel 2023 inizia a lavorare anche sulla produzione di brani in italiano: “A piedi scalzi” (dedicato alle piccole vittime della guerra in Ucraina), “Devo Fare” e “Mi ci rivedo” entrambi prodotti in collaborazione con Luigi Rana, affermato produttore italiano.

Specializzatosi di recente in mixing & mastering engineer, attualmente è impegnato nella scrittura del nuovo album di prossima uscita.

Ciao Matteo e benvenuto su TuttoRock, circa due settimane fa è uscito il tuo nuovo singolo “Il Rito della Fiaba”, un brano nato quando e come?

Ciao, come va? Grazie a voi per l’attenzione. Il Rito della Fiaba è un brano che ho scritto anni fa ed è rimasto chiuso nel cassetto per parecchio tempo. Era un’estate particolarmente positiva e bella, stavo particolarmente bene e vissi tante esperienze positive. Quando terminò e tornai alla vita di tutti i giorni la magia mi sembrava spegnersi pian piano. È un po’ una specie di malattia estiva che vivo quasi sempre quando finisce la stagione. Poi sapete, vivo in Puglia, sarà forse per questo! Scherzi a parte, il ritorno alle difficoltà di tutti i giorni, le mancanze, le diatribe con sé stessi, mi portò a pensare che per stare bene dovevo avere la capacità di fare un passo indietro su alcune scelte. Questo si aggancia col messaggio principale del brano che sintetizzo nel verso “Sono vivo perché ho messo un sasso sul mio Io”. La nostra felicità deve stare in un perimetro collettivo per avere un senso, non solo in una sfera personale.

Che riscontri stai avendo?

Positivi, credo sia il singolo che stia andando meglio di tutte le mie pubblicazioni. Piace, forse perché ho trovato la mia identità artistica con questo brano. Gli ascolti vanno benissimo, sono soddisfatto e mi dicono di continuare su questa strada.

 Un singolo che andrà a far parte di un album?

Sicuramente sì, il mio prossimo obiettivo per il 2024 è l’album. Ho già delle produzioni pronte, devo scrivere il resto.

Parlami un po’ della bellissima copertina.

Piace anche a me tantissimo, rappresenta l’idea di me da ragazzino! Non so perché ma ho sempre dato l’idea di essere un bravo ragazzo, secchione sai? In realtà studiavo poco, perché ero velocissimo, facevo i compiti e poi via a suonare la chitarra fino a tarda sera! Sono sempre stato un po’ folle, nel senso che ho fatto e faccio tuttora scelte un po’ pazze che magari uno non si aspetta da me, in quanto sembro così ordinato come il ragazzino in copertina; invece guardo oltre quello che c’è intorno, devo sempre andare oltre le cose per stare bene e oltre ci sono gli altri per cui sono disposto a fare un passo indietro. I pesci fuor d’acqua sono l’apparenza estetica dei tempi nostri, il bello che ci appare ma non esiste veramente. Sono pesci destinati a ricadere in acqua ma a noi piace vederli volare. I castelli sono i nostri sogni! La copertina ci rappresenta tra sogno e realtà, dove quel ragazzino tutto composto ma con un disordine dentro vuole andare oltre per trovare la propria felicità insieme agli altri.

 Il video dov’è stato girato?

Nell’agro di Palo del Colle, la mia città d’origine in Puglia. Si trova in provincia di Bari. Mi piaceva l’idea semplice di rappresentare il sogno e la realtà che vivo nella mia terra.

A proposito di video, ho apprezzato tantissimo quello di “A piedi scalzi”, brano dedicato alle piccole vittime della guerra in Ucraina. Hai dimostrato anche in quel caso che la musica può ancora essere un veicolo per le nostre coscienze, cosa pensi della superficialità e della povertà di contenuti che si stanno facendo sempre più spazio al giorno d’oggi?

Credo che stia per fortuna per finire perché siamo arrivati al limite. Io penso che la musica mainstream oggi si sia appiattita tutta sul business economico. Non va bene! D’accordo che non si vive d’aria e bisogna saper fare business ma deve stare in equilibrio con la funzione sociale della musica. Perché, se non si è capito, il potere educativo della musica è di una potenza infinita. Un giovane, un adulto, un esser umano in generale vive dei sogni con delle colonne sonore di vita che si sceglie. Ci sono amori che nascono su una canzone, ci sono storie che si evolvono e scandiscono il tempo con la musica. I valori che trasmette un testo, i sentimenti, le emozioni, sono linfa. Se la musica non trasmette nulla, il nulla si proverà come stato emotivo. E che uomini e donne possono formarsi con il nulla? Io sono convinto che la discografia italiana se ne stia accorgendo e presto i guru della musica italiana incominceranno a rivedere testi e messaggi.  La musica è una disciplina e come tale educa ed indirizza la nostra esistenza.

Quando e come ti sei avvicinato al mondo della musica?

Avevo 12 anni e sognavo di suonare l’assolo di “The Final Countdown” con una chitarra di carta che mi ero disegnato e costruito. Mio nonno cantava, faceva le serenate e mi chiedeva di ascoltare le sue poesie. È stato sicuramente lui lo stimolo. Un bacio nel vento a nonno Stefano…

Dalla dimensione band a quella solista, quali sono le principali differenze che hai colto?

Sinceramente e per fortuna ho la mia band ed è come avere la band, con l’unica differenza che scrivo io le canzoni e forse è più veloce e più pratico anche se li coinvolgo molto nella produzione.

Un altro cambiamento riguarda il fatto che sei passato dalla scrittura in lingua inglese a quella in italiano, questa scelta ti permette di esprimere le tue emozioni in modo migliore?

Più che altro di essere più diretto, mi sono reso conto che effettivamente il progetto stava andando bene e dovevo chiarire il messaggio e magari tentare la scalata. Per farlo dovevo farmi capire più velocemente. Ma non rinnego nulla, anzi penso che ne farò altre anche in inglese.

Dei tanti concerti che hai fatto, ce n’è uno che ti è rimasto particolarmente nel cuore?

Sì, il rigenera Smart City, dove ho aperto a Cosmo e Motta. È stato il più bel concerto di sempre, pubblico meraviglioso, il palco era diventato un altro pianeta per me, il mio Rito della  Fiaba… 🙂

A proposito di concerti, hai già in mente un tour e, se sì, con quale formazione ti presenterai?

Sto mettendo su il nuovo spettacolo live, sicuramente ci beccheremo in giro. La band,Stefano Ninni alla batteria, Domenico Colangelo al basso, Vincenzo Bari alla chitarra, Ka Biase ai cori.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?

Il tempo speso con gli altri è speso bene, per condividere la mia musica poi ancora meglio. Vorrei mandare un grande abbraccio a voi e ai vostri lettori. Sono tempi difficili, i fatti di cronaca ci portano indietro nel buio ma noi siamo luce, più luce di loro, non molliamo! Un abbraccio di pace con tanti colori e viva la musica sempre. Una canzone al giorno e si va avanti meglio!
Ciao, Matteo

MARCO PRITONI