Intervista a Matteo Carmignani in occasione del singolo “Come plastica in mare” …
“Come plastica in mare” è il nuovo singolo di Matteo Carmignani, cantautore toscano che aveva suscitato molta attenzione con il suo esordio “Le Curve del buio”. Il nuovo singolo introduce a “La Certezza e l’Illusione”, album in arrivo a breve. Gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Qual è il significato dietro il tuo nuovo singolo “Come Plastica in Mare” e come si collega al tuo prossimo album “La Certezza e l’Illusione”?
Descrive gli ultimi istanti di un dialogo con la vita e con chi si ama, è l’immagine dell’addio, dell’abbandono, che, come la plastica in mare, ci lascia soli a fare i conti faccia a faccia con la vita che se ne va e con ciò che è ancora in sospeso e sentiamo il bisogno di risolvere. Uno scambio struggente di sguardi tra paura e rassicurazioni, tra il trattenersi ed il lasciarsi andare.
È un brano a cui tengo molto e per me è davvero l’anticamera perfetta al passaggio musicale che c’è tra il mio primo disco e “La certezza e l’Illusione” che raccoglie canzoni che raccontano del tempo che passa, del nostro rincorrerlo tra il guardare avanti verso un futuro incerto e il voltarsi indietro e rivedere ciò che eravamo.
Cosa ti ha ispirato a scrivere questa canzone e qual è il significato dietro il titolo?
Non ho avuto ispirazioni particolari, ma il concetto del tempo che passa e di ciò che lasciamo di noi lungo la nostra starada, come dicevo prima, è un tema su cui sto lavorando da un po’. Per me è un messaggio di speranza e di responsabilità verso la vita che viviamo e le nostre scelte, nella consapevolezza di voler lasciare un pezzo di noi nel cuore e nell’anima di chi ci è accanto.
Come descriveresti il tuo percorso musicale dall’esordio con “Le Curve del Buio” fino a “La Certezza e l’Illusione”?
“Le curve del buio” è un disco sulla memoria, sul riscoprirsi attraverso un viaggio introspettivo nel quale ho fatto una sorta di autoanalisi figlia del bisogno di esorcizzare pezzi di vita che dovevo ancora digerire. “La certezza e l’illusione” è un’evoluzione sul mio percorso, sia musicale che di scrittura. È un disco che racconta ciò che siamo e a che punto è la nostra vita. Divisi tra come ci eravamo immaginati e quello che siamo oggi. Racconta il nostro dimenarsi tra il bisogno di equilibrio e la tentazione dell’abbandonarsi al nulla, tra certezze e illusioni appunto, e che sempre di più si alternano scambiandosi le une con le altre. È un disco sul nostro rincorrere il tempo alla ricerca del bisogno di un vivere reale, che si contrapponga a questo momento storico destabilizzante, nel quale il superfluo e l’apparenza oggi più che mai diventano l’indispensabile e dove l’illusorio prende il posto al reale.
Cosa ti piace di più nell’essere un musicista e cantautore?
La possibilità di condividere ciò che sento attraverso una forma d’arte. La musica, così come le altre arti, dalla poesia alla pittura, alla fotografia, sono specchi che riflettono il sentito e la percezione individuale di ciò che ci sta intorno. Trovare poi chi si rivede all’interno del tuo racconto e ne percepisce il valore riempie l’anima e ti fa sentire meno solo in un mondo così individualistico e superficiale. La musica ha sempre avuto il valore di collante empatico tra chi la scrive e chi l’ascolta. Oggi però tutto questo si è un pò perso ed è tutto più leggero…
Quali sono le tue influenze musicali principali e come si riflettono nella tua musica?
Sono cresciuto con i cantautori italiani come Guccini, De André, De Gregori, Luigi Tenco, Lucio Dalla, ma il primo a fulminarmi fu Franco Battiato e il suo “La voce del padrone”. Ha una forma di scrittura visiva che incanta. Ho ascoltato tanto anche Neil Young, Bob Dylan, Nick Cave, Glen Hansard, mi piace Lou Reed e i Velvet, John Lennon e i Beatles. Ho sempre avuto un debole per Jim Morrison, come cantante, come autore e come artista poliedrico, tra cantato e recitazione, per me era un alieno.
Poi i miei gusti sono cambiati tanto, passando dai Led Zeppelin, Deep Purple, i Pink Floyd al suono di Bristol dei Portishead, dei Massive Attack e poi Bjork, Beck, David Bowie. Ultimamente ascolto spesso musica per pensare e per concentrarmi, le cose più frequenti che mi ritrovo ad ascoltare sono Bohren & Der Glub of Gore, i Cigarette After Sex, Low, M83, The Evpatoria Report, Brian Eno, Sigur Ròs, gli Archive, Mogwai, e gli Apparat e tanta musica post rock e ambient.
Conosco poco la musica italiana attuale, non ascolto la radio, seguo UMG, Motta, gli Zen Circus, Emma Nolde, Giorgio Canali, i Toys Orchestra, Cristina Donà, Paolo Benvegnu, Riccardo Senigallia e pochi altri.
Quali sono i tuoi obiettivi futuri come musicista e artista?
Mi piacerebbe avere l’opportunità di arrivare alla gente attraverso i live, ma vedo che suonare dal vivo con progetti cantautorali è sempre più difficile. C’è poco interesse da parte dei gestori dei locali a proporre qualcosa di diverso dalle cover band, ed è così un po’ ovunque; sono veramente pochi gli spazi dove proporsi. Anche trovare musicisti che vogliono unirsi a progetti come il mio è impresa ardua. Ho avuto la fortuna di essere riuscito a coinvolgere Roberto Ragno, Erika Tosato e Marco Ferrante, musicisti che hanno dedicato tempo e passione alla mia musica, arrivando a studiarsi i brani e riproporli insieme con me con una formazione inconsueta per me, con piano, violoncello e batteria contaminati da elettronica e sequenze. Mi piacerebbe dare continuità a tutto questo portando la mia musica a chi vuole ascoltarla e spero di riuscirci.