MARTA PISTOCCHI – Intervista alla violinista, cantante, attrice e comica milanese
Con Marta Pistocchi diventiamo tutti dei topolini, per vedere il mondo, la vita, da un diverso punto di vista. L’artista milanese esce con “Toponomastica”, un album molto particolare che è anche uno spettacolo teatrale e, raggiunta telefonicamente, ci ha raccontato molto della sua Milano, del suo album e del suo spettacolo.
Ciao Marta e benvenuta su Tuttorock.com. Come stai? Sei pronta per qualche domanda?
Ciao Fabio, molto bene grazie, ti aspettavo. Si sono pronta e speriamo di saprei tutte!!
Mi devi parlare di te, quindi dovresti essere preparata! Marta Pistocchi, un’ artista molto poliedrica, cantante, violinista ma anche attrice e comica. Varie forme d’Arte apparentemente lontane ma poi nemmeno così tanto. Come hai scoperto dei avere tutte queste qualità?
Li ho scoperti facendo! In realtà di partenza sono una musicista, la mia vera formazione è quella di violinista, quindi dopo aver avuto una formazione classica ho avuto una seconda formazione, quella della musica popolare, soprattutto balcanica, ho iniziato quindi a frequentare e a conoscere diversi musicisti rom e ho iniziato a suonare quel tipo di musica e per circa 10 anni ho suonato in una band di musicista rom. Poi ho scoperto il teatro comico, il teatro di strada e avevo voglia di suonare da sola, cosa che per un violinista è un po’ difficile, c’è sempre bisogno di un accompagnamento armonico. Avevo voglia quindi di sperimentare un qualcosa che mi faceva esprimere da sola, così con dei giochi che ho inventato con delle scarpe da tip tap, con strumenti addosso e una loop station è nato così uno spettacolo che si chiama Gran Cabaret di Madame Pistache e che è stato il mio primo spettacolo teatrale comico e musicale. Da questa esperienza è nata così la mia forma artistica, ho trovato un qualcosa che mi apparteneva molto e che sentivo molto mia e ho quindi proseguito per quella strada. Mi sono formata quindi come attrice comica, come clown musicale e nel momento in cui sono arrivate le canzoni, calcola che mi sono impegnata a scrivere canzoni quasi un po’ per gioco e ho cercato di veicolare il tutto per farne anche uno spettacolo teatrale. Quindi è stato un rilancio doppio, la prima cosa è stata di iniziare a scrivere le canzoni anche con le parole, perché in passato avevo scritto solo musica e mi sono praticamente improvvisata cantautrice, ma con l’idea di portare tutto in uno spettacolo teatrale e questa è la doppia valenza di “Toponomastica” che esce sia come disco, da cantautrice e cha ha già una sua completezza, ma che in realtà è soltanto metà della medaglia perché l’altra metà è lo spettacolo di teatro canzone, anche se è una definizione un po’ stretta perché si pensa subito a Gaber, Jannacci e a Dario Fò, grandissimi Maestri, grandissimi esempi dal quale sicuramente ho preso ispirazione, ma nel mio teatro si innescano moltissimi altri linguaggi teatrali, dove si usa molto il corpo fisico, il teatro fisico, la comicità anche fisica, un teatro canone un po’ inetichettabile e anche noi ancora non abbiamo capito se sia un pregio o un difetto, ma lo scopriremo con il tempo.
Concentriamoci ora sulla musica e sull’album “Toponomastica”. Come sono nati i brani e il significato del titolo.
Le idee dei brani sono nati dall’osservazione della mia città, Milano. Ho cominciato a scrivere le canzoni in un momento di disoccupazione, mi era saltata una tournee, avevo un inverno pieno di date e invece sono saltate tutte, ma non per il covid, parlo di un po’ di tempo prima. Come già ti ho detto io sono di Milano, una milanese doc con genitori milanesi, oramai caso più che unico a Milano, ma non è per campalinismo, assolutamente no, ma è un dato di fatto. Da queste osservazioni sono nate le mie canzoni, Milano viene sempre descritta, soprattutto da chi non vive a Milano, come una città veloce, sempre in movimento, che pensa sempre a fatturare, che è la città della moda, dell’immagine e io che vivo da sempre a Milano, a me questa descrizione non mi appartiene affatto e quindi esiste anche un’altra Milano, che è quella che frequento io e che frequentano le persone intorno a me che non è sotto le luci della ribalta ma è esistente, anzi direi che più che esistente è resistente, contro quella città vetrina che ci vogliono raccontare. Ho voluto raccontarla partendo dalle piccole cose, dalla quotidianità, quindi per esempio la linea 90/91 che è la linea che percorre la circonvallazione di Milano che quella che separa il centro della città alle periferie, è un autobus molto popolare e che ci sale qualsiasi tipo di persona, è uno spaccato di società perfetto. C’è poi un albero, il più antico di Milano che è in Piazza 24 Maggio, vicino ai Navigli, alla movida dei Navigli, ho raccontato la sua storia come un esempio di resistenza civile, gli alberi resistono alla vita di una grande città e oltre a resistere ci regalano bellezza, ossigeno e vita o ancora la storia di un murales che è nel mio quartiere e che rappresenta una santa popolare peruviana protettrice degli ultimi e dei disperati e carcerati che sono in uno dei quartieri più popolati di Milano, quindi piccole storie della mia città. Praticamente l’osservazione della mia città dal piccolo e da li arriva il titolo “Toponomastica” che nasce in realtà dalle prove dello spettacolo. “Toponomastica” è un gioco di parole e il vero significato della parola è dare dei nomi ai luoghi geografici e la parola topo. Noi in scena nello spettacolo sia io che Alessandro Sicari, il mio soci, siamo due topi e mettiamo in scena una conferenza di topi, quindi anche il pubblico viene coinvolto in questo gioco, nella quale viene spiegata la visione della città dal punto di vista dei topi, quindi metaforicamente dal basso, dalle piccole cose, dai particolari che sfuggono dalla fretta degli umani. Gli umani pensano di essere i veri padroni della città, ma realmente non si fermano ad osservare niente, quindi chi conosce veramente la città siamo noi, i topi. Ovviamente è una metafora della gente semplice, di chi abita nei bassifondi, le fogne, di chi sta veramente in strada.
Da quello che ho letto il tuo disco esce solamente in digitale, perché questa scelta?
Si, è vero ma in realtà ho stampato dei libretti che sono di un formato 10X14 che ricorda un po’ il formato di una mappa, dove ci sono i testi delle canzoni, i credits del disco e dello spettacolo e dove ci sono le indicazioni per scaricarsi i file musicali. Questo libretto è vendibile solo agli spettacoli, praticamente devi venire allo spettacolo e comprarli.
Quindi tu non sei favorevole a questo ritorno al vintage, al vinile!
Io la penso così, il vinile è una scelta interessante ma deve avere dietro una certa coerenza, prima di tutto devi essere un appassionato di vinili ed io ad esempio non ascolto musica in vinile, non sono una di quelle che vanno a cercare e comprare i dischi, quindi mi sembrava assurdo fare del mio disco il vinile, non era coerente con la mia scelta. La mia scelta è quella di arrivare a più persone possibili e il digitale è quindi una scelta obbligata in questo momento storico. Poi per chi vuole portarsi a casa un ricordo fisico, un oggetto fisico, c’è il libretto che ti lascia il ricordo di aver visto uno spettacolo.
Quando tutto finirà e potremo tornare a vedere concerti e andare al teatro, tu porterai il tuo in giro per l’Italia o per il momento solo a Milano?
No, io mi auguro di andare oltre Milano. Io racconto nel mio spettacolo di Milano perché è la mia città, ma potrebbe essere qualsiasi città del mondo, racconto di abitudini umane, della vita quotidiana. Il momento storico purtroppo non è felice quindi già uscire e debuttare con un progetto così, mi sento di dire che è un passo coraggioso. La musica e la cultura in generale stanno vivendo un periodo di grandissima crisi.
Tu come stai vivendo questo periodo? Hai idee positive a riguardo?
Cerco di essere ottimista, fa anche parte del mio mestiere. Non arrendersi mai, cercare di essere sempre propositivi ed ottimisti, anche se c’è da dire che si fa molta fatica. Siamo un settore che è sempre stato dimenticato dagli aiuti statali e il futuro quindi non è roseo, non possiamo far finta di niente. Chi vivrà vedrà, cerchiamo di andare avanti e io cerco di sensibilizzare il più possibile il pubblico ogni volta che ho occasione di esibirmi, parlo con il pubblico di questo e cerco di renderlo partecipo, anche se è quella parte di pubblico che è uscita di casa per vedermi in azione. La musica e la cultura ci rendono delle persone migliori e non dobbiamo mai dimenticarlo.
Tu hai anche una cultura musicale di base, essendo violinista. Quali sono le altre tue influenze in ogni settore oltre alla musica classica e balcanica e oltre a Gaber, Jannacci e Fò che mi hai citato prima.
Come ti raccontavo prima la mia più grande influenza è quella della musica popolare, sono partita appunto dal folklore balcanico e lì mi sono aperta un mondo sulla world music e faccio anche parte dell’orchestra di Via Padova, che una versione milanese della più famosa Orchestra di Piazza Vittorio e che mi ha dato occasione di conoscere tanti musicisti provenienti da ogni parte del mondo e la cosa che mi è sempre piaciuta è trovare dei ponti per unire i vari linguaggi musicali, di paesi del mondo anche molto lontani e che alla fine si riducono sempre a note e a ritmo ed è quindi facile trovare un linguaggio comune. Mi sono dedicata poi allo swing, al jazz, anche perché il mio strumento, il violino si presta molto a questo genere e ho sempre fatto generi che portano il pubblico a ballare, mi piace far ridere il pubblico almeno quanto mi piace farlo ballare, nei miei spettacoli cerco sempre quel rapporto con il pubblico, la gioia comune e il ballo e la risata sono due atti liberatori, Ho poi sempre amato e ascoltato il cantautorato, Jannacci, De Andrè, fanno parte di un mio substrato culturale più antico, di quando ero più giovane. Ho avuto anche per un anno una piccola esperienza con il rock, ho suonato in una band irish punk, ho cercato di esplorare ogni orizzonte musicale.
Ok grazie Marta, lascio a te chiudere l’intervista, un messaggio ad entrare nel tuo variopinto mondo musicale e teatrale e anche un invito a sorridere, visto che in questo periodo ce n’è bisogno.
Il mio invito principale è quello di essere curiosi, è una cosa che disco spesso al mio pubblico “Siate curiosi e incuriositevi delle cose che ci sono intorno a voi, di quelle cose che vi stuzzicano, aprite gli occhi e le orecchie e andate a cercare quelle cose che vi piacciono e che vi danno gioia”. Penso sia questo l’augurio, migliore che si possa fare ad una persona. La curiosità ci porta ad aprire la mente e il cuore. Venite a vedere Toponomastica perché sicuramente non ve ne pentirete perché è uno spettacolo pieno di contenuti, pieno di risate e di bella musica e sono sicura che non e ne pentirete.
FABIO LOFFREDO
Appassionato di musica sin da piccolo, ho cercato di esplorare vari generi musicali, ma è il metal, l'hard rock ed il rock progressivo, i generi musicali che più mi appassionano da molti anni. Chitarrista mancato, l'ho appesa al chiodo molto tempo fa. Ho mosso i primi passi nello scrivere di musica ad inizio anni 90, scrivendo per riviste come Flash (3 anni) e Metal Shock (ben 15 anni), qualche apparizione su MusikBox e poi il web, siti come Extramusic, Paperlate, Sdangher, Brutal Crush e Artists & Bands. I capelli mi si sono imbiancati, ma la passione per la musica è rimasta per me inalterata nel tempo, anzi molti mi dicono che non ho più speranze!!!!