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L’Italia del tango al XXV Latin Grammy Award: intervista a Fabrizio Mocata

L’Italia del tango al XXV Latin Grammy Award: intervista a Fabrizio Mocata

In occasione della nomination al XXV Latin Grammy Award, abbiamo intervistato il pianista Fabrizio Mocata, candidato nella categoria “Mejor album de Tango”

Buongiorno Fabrizio e complimenti per la tua candidatura al Latin Grammy Award nella categoria “Mejor Album de Tango”. Come hai reagito alla notizia? Te lo aspettavi? 

La notizia è arrivata in un giorno in cui ero un po’ giù di morale, ero a Mazara, a casa del mio amico Nino. La prima emozione è stata quella di grande sorpresa, seguita da una grandissima gioia. Sinceramente non me l’aspettavo proprio! 

Puoi dirci cosa significa per te rappresentare l’Italia nel mondo? 

Sono davvero felice di poter portare una goccia di cultura italiana nel mondo. Mi onora l’idea di poter rappresentare in qualche modo la mia nazione. 

Sei nominato a fianco di un altro grande nome della musica italiana: Laura Pausini, seppur la cantante rappresenti un altro genere che è quello più “popolare”. Ti senti in un qualche modo rappresentato o supportato dalla sua presenza, visto il fatto che entrambi portate la bandiera tricolore su un palcoscenico tanto importante? 

Non ho mai conosciuto personalmente Laura Pausini, abbiamo un percorso artistico molto diverso. Ad ogni modo è bello essere accomunati dal rappresentare l’Italia in una manifestazione di livello mondiale. Ci supporteremo a vicenda, sperando di portare in Italia un ambito premio! 

Il disco nominato porta il titolo Tangos “cruzados”. Cosa rappresenta per voi questa parola? 

Il titolo rappresenta l’incrocio, ma anche l’incontro. Un musicista italiano e uno argentino collaborano a un progetto registrato per metà in Italia e per metà in Argentina. Una parte nello studio “Liberty” in centro a Buenos Aires, l’altra metà nella campagna Toscana accanto casa di Leonardo da Vinci nel “Mulino del Ronzone”. I suoni fatti a Buenos Aires da Juan Libertella e in Italia da Sergio Zanforlin. La copertina nasce da una foto scattata a Buenos Aires da Mariano Beresiartu ed elaborata in Italia dal grafico Lorenzo Moriconi. Gli incontri e gli incroci non finiscono qui. 

Ti accompagni all’armonica dell’argentino Franco Luciani, musicista tra i più influenti nella scena mondiale del tango e folclore. Come vi siete conosciuti?  

Ci incontriamo nel 2019 sul prestigioso palco del Festival di tango di Granada per iniziativa di Horacio (Tato) Rebora, fondatore e direttore artistico. Ci siamo incontrati di nuovo nel 2022 e abbiamo deciso di sigillare la nostra collaborazione con questo lavoro discografico. 

Quali sono stati gli aspetti più stimolanti della collaborazione? 

Devo dire che abbiamo trovato un’intesa praticamente immediata. Questo ci ha permesso di lavorare su tanti aspetti emotivi ed empatici della musica. Abbiamo la stessa visione del Tango e la stessa forma di espressione, rispettosa della tradizione ma aperta alla sperimentazione e alla improvvisazione. 

Il vostro si può sicuramente definire un incontro di culture. Ci sono elementi comunicativi comuni tra Italia ed Argentina? 

Gli elementi in comune tra Italia e Argentina sono tantissimi. Una parte fondamentale nella nascita del Tango, si deve ai nostri emigranti che, tra fine Ottocento e inizio Novecento, si stabilirono in Argentina e in Uruguay. Anche il Lunfardo, la lingua del tango, è piena di termini di origine italiana. Il modo di cantare deriva dal belcanto italiano, come professiamo dal 2014 con Recital CanTango insieme a Fabio Armiliato, e le tematiche e le forme melodiche sono state profondamente influenzate dalla nostra tradizione musicale. Non è un caso che tutti i cognomi delle grandi figure del Tango siano italiani. 

Dei nove brani proposti solo due “Pazza e Sensibile” e “Cruzando Aguas” sono inediti, mentre tutti gli altri sono ri-arrangiamenti di pezzi che hanno fatto la storia del tango: da Jenny e Paul di Astor Piazzolla a El Choclo di Ángel Villoldo a El Llorón di Juan Maglio ed Enrico Cadícamo. Come mai proprio questa selezione? 

Avevamo registrato molti altri brani, anche altri brani originali. Abbiamo fatto questa scelta per declinare il Tango nelle sue forme, e ci siamo strettamente attenuti alla parola Tango e al suo significato. Oltre ai nostri brani originali, non è mancato il tributo al grande maestro Piazzolla. Sono seguiti due grandi classici che abbiamo incrociato invertendo i loro ritmi. Abbiamo voluto anche dare un tributo al tango ballato con Derecho Viejo. El llorón lo abbiamo scelto perché è un brano iconico del grande Hugo Diaz, di cui Franco è considerato l’erede. 

Come avete lavorato sui nuovi singoli al fine di renderli interessanti? 

Ogni brano è sempre una storia a sé. Semplicemente abbiamo voluto dare l’importanza e il messaggio che ogni brano teneva nella miglior forma possibile. L’autenticità genera sempre interesse. Se sai cosa dire, non hai bisogno di rifugiarti in sofisticazioni musicali. Musica nuda e cruda. 

Ci sono stati momenti di improvvisazione durante le registrazioni? 

Assolutamente sì. L’improvvisazione è uno degli elementi che ci caratterizza. Siamo musicisti che suonano sia Tango che Jazz, ed è per questo motivo che a Buenos Aires abbiamo anche voluto l’intervento del contrabbassista Pablo Motta, esperto anche lui nei due generi. 

In che modo ritieni di aver portato un contributo personale e innovativo a questo genere musicale? 

Qualche anno fa ho pubblicato un album che si chiama “Swango”. Nel disco, fatto praticamente tutto da brani originali, ho cercato una pulsazione ritmica diversa che mettesse insieme la marcatura del Tango e il movimento ritmico dello swing. Nasco infatti come Pianista Jazz, e penso di essere riuscito a trovare un equilibrio tra questi due generi che mi permette di poter dire di suonare Tango, ma in maniera completamente rivoluzionaria. 

Cosa ti affascina del tango come linguaggio artistico e perché lo hai scelto? 

Ho incontrato il Tango nell’anno 2000, attraverso la musica di Astor Piazzolla. L’incontro fu casuale, dovuto a un fisarmonicista con un buffo nome, Modestino Musico, che aveva gli spartiti del grande compositore. Da lì è stato tutto un percorso e una scoperta che continua ancora oggi. Sicuramente mi affascinano molto, oltre l’aspetto strumentale, i testi e la poesia del tango. 

Come definiresti il ruolo del tango nella musica contemporanea? 

Troppo spesso il tango si lega a una sola cultura e, nell’immaginario collettiva, al ballo. Penso che meriterebbe un ruolo più importante, e che possa diventare un genere universale. Non ha nulla da invidiare al jazz, nato a New Orleans e capillarmente diffuso in tutto il mondo. 

Quale è il tuo obiettivo come pianista? Come intendi “evolverti” negli anni a venire? 

Sono sempre aperto a incontri musicali e ad ampliare il mio bagaglio artistico. Mi piacerebbe molto lavorare a una colonna sonora per un importante soggetto. Mi piacerebbe, ogni giorno che passa, essere la copia migliore di me stesso. 

C’è un insegnamento a te caro che hai ricevuto come pianista di cui vorresti far dono ai nostri lettori? 

Sicuramente quello della libertà, ma anche della disciplina e della conoscenza. Ho avuto bravissimi maestri che mi hanno guidato nei percorsi accademici e di apprendimento. Atilio Stampone, già pianista di Astor Piazzolla e grande arrangiatore mi ha suggerito di non pormi limiti e di mettere le mie conoscenze al servizio del Tango. Una grande pianista che ho conosciuto e che mi ha insegnato molto è Teresita Gómez, simbolo della Colombia. Da lei ho appreso la profondità della musica e la capacità di poterla esprimere in maniera sonora. Ogni nota è vita, ci descrive nella nostra anima. 

Ti ringrazio per il tuo tempo e ti auguro il meglio per il tuo album. 

Ringrazio te per avermi prestato attenzione. Incrociamo le dita! 

SUSANNA ZANDONÀ