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KREKY – INTERVISTA DOPO L’USCITA DELL’EP “HEAT THE RICH”.

KREKY – INTERVISTA DOPO L’USCITA DELL’EP “HEAT THE RICH”.

Pubblicato in data venerdì 1 dicembre u.s. per Romolo Dischi l’EP “Heat The Rich” di Kreky.
L’EP è distribuito da Believe (ufficio stampa Carlo Cammarella). L’artista sardo, di casa a Roma, ha risposto alle nostre domande:

Presentati innanzitutto ai lettori di Tuttorock. Raccontaci della tua provenienza artistica e dicci verso quali obiettivi è invece orientato questo tuo recente EP.

Sono Kreky, scrivo canzoni-canto-suono la chitarra, ultimamente provo a suonare il piano rigorosamente senza lezioni. In passato ho suonato nei Madden Waves e ora faccio parte del gruppo Kreky & The Asteroids. Questo EP non è orientato da nessuna parte, semplicemente mi sono tolto lo sfizio di fare un qualcosa che per vari motivi mi sono sempre vietato di fare, ovvero fare una roba punk/hardcore punk. E parlare di politica in musica.

Parlaci delle tue influenze stilistico musicali.

Nella roba che faccio di solito, ci sono vari ingredienti. Di solito elenco i R.E.M., Counting Crows, Springsteen, il sempre citato Ryan Adams (ecc.). Essendo questo un EP di differente genere, direi che all’interno ci sono i Minor Threat, gli Husker Du, i Misfits, il clima degli ultimi Turnstile e direi Dead Kennedys. Ma soprattutto c’è una spolverata dei Pearl Jam in salsa punk (tipo Mind Your Manners, Spin The
Black Circle, ma pure la rabbia cieca di Blood – magari a scriverlo, un brano come Blood).
Non c’è nessuna influenza degli H2O perché non ho ancora capito come mettere in pratica il PMA.

Come nascono le canzoni di “Heat The Rich”? In particolare da che cosa ti sei fatto ispirare nello scriverle?

Ho cominciato a scrivere l’EP iniziando da “Hyenas”, scritta dopo l’inizio dello sciopero della fame di Cospito. Non seguo molto la politica italiana – seguo principalmente quella sarda – e diciamo che ho perso l’abitudine di andare ai cortei qui a Roma, quindi la frustrazione del non poter condividere la rabbia di quei giorni si è tradotta in un brano. Inevitabilmente, queste sono cose che portano ad altre riflessioni. Sotto pandemia, ad esempio, credevo che tutto questo stare reclusi in casa – visto che per la stragrande maggioranza delle persone, le case non
sono regge o hotel di lusso, ma bene che vada sono 2 stanze bagno e cucina – ci avrebbe fatto capire quanto è crudele rinchiudere le persone dentro ad una stanza (tra l’altro, per motivi che spesso sono dovuti alle condizioni di vita a cui siamo soggetti) ed ancor peggio, per quelle che sono le condizioni del 41bis. E invece niente, ne siamo usciti più forcaioli e più stronzi, infarciti di fake news e alla ricerca di un capo più stronzo che possa guidarci verso un oblio peggiore. Tra l’altro, siamo sempre più soli, separati e dislocati, con i social network come unico collante umano e con l’algoritmo di qualsiasi servizio che sia a fornirci la conoscenza di cui dovremmo aver bisogno, senza alcuno sforzo di ricerca da parte nostra, dietro al quale si cela la tirannide di chi ha più capitale, che come in ogni campo, schiaccia chiunque non ne ha e proprio noi musicisti lo sappiamo bene: voglio menzionare infatti i sodali di Electric Capital, un piccolo nucleo di resistenza – che è solo una goccia in un oceano di acque sporche – che in questi 2 anni mi ha fatto sentire meno solo nella rielaborazione di una visione globale che riguardi trasversalmente la musica e la società tutta e con cui ho lavorato ad un’istantanea (parziale) sull’underground romano. Il frutto del nostro lavoro verrà finalmente alla luce con una rivista gratuita ed un evento presso il Wishlist Club a Roma il 15
Dicembre, dove suonerò con gli Asteroids. Evento inserito nel programma delle Scuderie del Quirinale con Electa Editore nella mostra “Favoloso Calvino”, allestita da Giulio Pantalei (dei Panta). Includo nelle menzioni anche Diego Cignitti – in arte Cigno – che tra un aperitivo e il suo “Morte e pianto rituale” mi ha fatto indirettamente capire che tocca a noi – nuovi vecchi – a scrivere di queste cose.
Per farla breve, dopo Hyenas, in una settimana ho scritto il resto dei brani. I temi non mancano, ecco.

Sei soddisfatto dei risultati artistici ottenuti con la realizzazione del disco oppure, con il senno di poi, c’è qualcosa che rifaresti in modo diverso?

È un EP di matrice hardcore punk, più è zozzo e meglio è. Abbiamo provato – con Valerio Fisik, il produttore – a fare un export con un sound quasi patinato mainstream anni 90’. Non era male, ma no. Ci piace lo zozzume punk anni 70/80.

Di che cosa parlano i testi dei diversi brani?

2 brani sono più personali – anche se pur sempre politici – e gli altri 3 sono proprio politici. Non credo che il testo di “Heat the Rich”, quello di “Brotherhood” o di “Hyenas” abbiano bisogno di grandi interpretazioni. Diciamo che è sempre più chiaro per quelli della mia generazione, ovvero i 30enni che – bene che vada – lavorano (in nero o con contratto, in aziende, in piccole o medie società, in cantiere, ristorazione, ecc.) che
siamo stati lasciati soli. Anche quei brandelli di resistenza nei grandi nuclei urbani, che esistevano fino a qualche anno fa, ora sono scomparsi. E alla fine, non è che ci abbiano insegnato poi molto. Cerchiamo di stare in piedi, tutti indiscriminatamente, su una distesa di fallimenti collettivi.

Tre dischi da salvare e/o da portare con te anche sulla più classica delle isole deserte.

Non so fare classifiche di questo tipo, davvero. Poi su un’isola deserta, uno credo voglia ascoltare qualcosa che si sposi bene con l’ambiente. Scriverò i primi che mi vengono in mente:
R.E.M. – New Adventures in HI-FI oppure Counting Crows – August & Everything After
Minor Threat – First Two Seven Inches ma ultimamente più Gorilla Biscuits – Start Again
Tazenda – Il Popolo Rock (questo sicuro).

Progetti futuri?

A fine Febbraio esce il disco nuovo, sempre sotto nome “Kreky”, ma registrato con qualcuno degli
Asteroids. Si spera di fare live, tanti. E poi si entra in studio a registrare il terzo album, che ho già scritto. Pure il quarto, in realtà.