KEMAMA – IL NUOVO PROGETTO ARTISTICO DI KETTY PASSA – L’INTERVISTA
Oggi vi parliamo di un progetto artistico interessantissimo, parliamo di Ketty Passa e I Kemama.
I Kemama , collettivo rock formato da Ketty Passa, Marco Sergi e Manuel Moscaritolo, hanno pubblicato i primi di giugno, esattamente il 4 giugno scorso, il loro lavoro di debutto dal titolo “Testa o croce“.
E’ un disco – come ci raccontano e come riferisce Ketty Passa stessa – “nato dal bisogno di essere scritto, dall’incertezza che chi vive di musica si è trovato costretto a vivere”, nato dalla sofferenza di 15 mesi di grandissima difficoltà per la Musica e per le categorie del settore spettacolo. L’Italia manca ancora di una Legge Nazionale sulla Musica che tutelerebbe artisti e lavoratori dello spettacolo, questa è cosa tristemente nota. Ci sono dunque temi e tematiche sociali che non possono essere lasciate indietro o peggio, trascurate e che i Kemama raccolgono e affrontano.
I Kemama sono nati, come progetto, durante l’emergenza sanitaria ed hanno unito nella loro avventura artistica anche Andy dei Bluvertigo, Cippa e Paletta dei Punkreas, Omar Pedrini e Andrea Ra, creando un “urlo collettivo” anticipato da due singoli “Codice rosso” e “Come un body shaming“.
Una menzione particolare per “Codice Rosso”, il brano è un vero e proprio inno contro la violenza sulle donne che durante l’emergenza sanitaria, la pandemia, ha vissuto un’impennata dovuta all’obbligo di restare in casa, spesso nelle mani del proprio carnefice, la violenza domestica ha vissuto davvero mesi esponenziali.
Li abbiamo raggiunti e intervistati:
Come è nato il progetto Kemama? Da cosa è caratterizzato e quando è nato?
Il progetto Kemama è nato nel 2020 – quando la musica si è fermata – ed è caratterizzato da un bisogno primordiale: togliere il fango dalle ruote di una macchina che non riusciva più a ripartire, causa Lockdown. I Kemama sono un trio di musicisti che dopo anni di collaborazioni sui palchi ed in studio hanno deciso di dare alla loro passione un unico nome.
Kemama nasce proprio nel momento in cui il mondo si ferma ed inizia il proprio viaggio allo specchio; lo stesso momento in cui, mentre dicevamo “andrà tutto bene”, ci rendevamo conto del disastro ambientale e sanitario a cui andavamo incontro. La prima faccia della medaglia di tutto questo sarebbe stata la possibilità di diventare la parte migliore di noi, affrontando i nostri demoni, colmando le nostre lacune culturali e facendo qualcosa che potesse salvare lo spirito “per quando saremmo tornati”, anche attraverso l’utilizzo dei social. L’altra faccia della medaglia avrebbe potuto allenare la nostra parte peggiore, scappando dai problemi proprio attraverso i social, con l’ossessivo bombardamento di informazioni “top trend” che non volgessero lo sguardo ai reali problemi, ma li facessero diventare motore scoppiettante di un egotrip e soggetto di talk show. Ecco, delle due temiamo che la seconda tendenza vada per la maggiore. Noi abbiamo ceduto inizialmente all’imbruttimento generale e al nichilismo passivo e ci siamo resi conto che solo parlando attraverso la musica avremmo potuto tornare attivi, cercando di condividere con tutti qualcosa di collettivo, senza pretesa di insegnare nulla e con la consapevolezza che la pesantezza non si ottiene parlandone delle cose, ma nascondendosi dietro bisogni leggeri, “anzi leggerissimi”.
Ci piacerebbe un mondo più coraggioso, più capace di dire le cose come stanno. Non possiamo sognarlo se non siamo noi i primi a mettersi in discussione.
Parliamo dell’EP di debutto “Testa o croce”, quali sono la linea comune e il filo conduttore?
Linea comune e filo conduttore coincidono: ogni elemento di questo disco rappresenta il mondo interiore di ognuno di noi e lo fa attraverso gli strumenti che abbiamo a disposizione. I testi sono un tuffo nel momento storico da cui, attraverso la musica, abbiamo cercato non farci abbattere ed un bisogno di raccontare l’esperienza di 3 millennials che si ritrovano appartenenti ad una generazione che “fa fatica” e che allo stesso tempo guarda il bicchiere mezzo pieno, ci si tuffa e ci sta a galla, nel momento peggiore che la storia degli ultimi 50 anni ricordi.
Temi attuali e denunce sociali nei testi. Ma vi chiedo, quale umanità scopriamo, dopo la pandemia? Un vostro pensiero su questo e sulla ripartenza della musica e spettacolo:
Un nostro pensiero credo sia quello che hanno tutti: c’è tanta voglia di ripartire ed abbiamo un po’ di sana paura, ma con quella ci abbiamo fatto pace da tempo per la vita che abbiamo scelto. Più che altro, ci amareggia la troppa ignoranza, la gente più non sa e più parla, crea fake-news e pone basi poco utili ad un mondo qual è quello degli eventi live, che è stato messo in solaio con la luce spenta e si è riempito di polvere. Dipenderà tutto da noi. La speranza ed il consiglio coincidono: mettiamocela tutta.
La musica, resilienza o resistenza? O entrambe?
La parola resilienza per l’uso “trend” che ha acquisito ci da lo stessa sensazione della parola “Rock’n’Roll”: a volte ne abusiamo. Diciamo che proprio perché sono due concetti che per stile di vita e voglia di fare portiamo avanti da sempre, alla fine li sentiamo nostri. Forse con la parola “resistenza” possiamo fare una degna crasi tra le 2 precedenti: resistere alla tentazione di cedere alle mode, restando fedeli alla nostre radici ed adattandole al nostro mondo attuale (Rocknroll) e rialzarsi anche nel momento peggiore attraverso le giuste vibrazioni (resilienza).
Parliamo di uno dei due singoli che hanno anticipato l’EP, “Codice Rosso”. E’ l’emblema del vostro messaggio?
Codice Rosso è la mosca Bianca del disco, da molti punti di vista. Inizialmente abbiamo pensato fosse rischioso uscire con un pezzo “collettivo”, che non ci definisse come trio. Poi ci siamo ricordati che il messaggio in questo progetto va di pari passo con la musica e che aveva senso seguire lo stomaco e l’istinto prima di ogni cosa conveniente. Ci mancava troppo fare qualcosa di “fisico”, così abbiamo trovato un metodo alternativo per creare qualcosa di aggregativo e per questo ringraziamo tutti gli ospiti di questi progetto, che dall’incipit supera la canzone. È un pezzo con atteggiamento “sociale” nato dalla tristezza provata davanti ai telegiornali nei primi mesi di lockdown e dal bisogno di limitare quel senso di impotenza che l’essere chiusi in casa ci ha fatto provare. Le statistiche sulla violenza domestica, la voglia di urlare qualcosa che durasse più di una diretta su Instagram ed il mio percorso in terapia (di Ketty) hanno portato alla nascita del testo dall’oggi al domani, mettendo sul tavolo il bisogno di raccontare una sensazione che da donna (purtroppo) conosco molto bene, un’empatia necessaria per il momento storico in cui ci troviamo ed il bisogno di un urlo collettivo che dicesse la stessa cosa a chi subisce una violenza: “sono quella voce che ti dice che non sei sola, non sei solo, si può dire NO in mille modi e la tua forza può tirarti fuori”. Codice Rosso è una canzone che prende il nome da una legge che nasce in tutela delle vittime di violenza, ma che ha ancora tanti limiti nella messa in pratica; soprattutto, è la colonna sonora di una richiesta di aiuto e di un bisogno di denuncia. Siamo abbastanza adulti da sapere che i problemi nella vita si creano quando non ci si parla. Prima di uscire come Kemama, volevamo uscire con le voci ed i volti che hanno aderito a questa enorme scritta su un muro che troppa gente ha trovato davanti a sè: “NOI CI SIAMO”. Speriamo che nel tempo la gente abbia voglia di condividere questo messaggio soprattutto con chi prova QUELLA sofferenza, senza pensare a chi siamo e quanti numeri abbiamo. Se i musicisti collaborassero a prescindere dal chi, il cosa salverebbe l’arte. Stare lontani, in questo senso, ha amplificato il valore dei numeri online, quindi, per ora, peccato.
La voglia di tornare “liberi”. Liberi da cosa e soprattutto, siamo veramente liberi?
Liberi da cosa? Liberi dal dubbio. Diciamo che noi musicisti siamo abituati a vivere un po’ sul filo del rasoio del “cosa succederà domani”, è una sana incertezza che in un modo o nell’altro ci siamo anche un po’ scelti e con cui conviviamo in una sorta di limbo adrenalinico, che l’ultimo anno ha mescolato in maniera ancora più incasinata. Siamo veramente liberi quando scegliamo di essere ciò che siamo – con tutti i pro e i contro del caso – e noi Kemama abbiamo puntato tutto su questo “salto nell’essenza”. Abbiamo trovato la nostra libertà esattamente nel momento della chiusura più totale, semplicemente aprendo le nostre porte interiori senza pensare al contorno, scoprendo il vero lato positivo: la luce nel nero più totale.
Alessandra Paparelli
Alessandra Paparelli speaker e conduttrice radiofonica, collabora e lavora con diverse riviste e giornali cartacei. Conduco il venerdì un programma di politica su RID RADIO INCONTRO DONNA 96.8 fm su Roma e nel Lazio. Scrivo e collaboro sul quotidiano in edicola La Notizia, pagina culturale, attualità, spettacolo (in edicola a Roma, Milano e Napoli).