JOSEPH PARSONS – Intervista al cantante e chitarrista
In occasione dell’uscita del suo nuovo album “AT MERCY’S EDGE” ho intervistato il cantante e chitarrista JOSEPH PARSONS.
Buongiorno Joseph, piacere di averti sulle pagine di Tuttorock, vuoi iniziare a raccontare ai nostri lettori come ti sei avvicinato alla musica? I tuoi primi ascolti? L’idolo che ti ha fatto scattare la decisione di intraprendere la carriera musicale?
Ti dirò che quando ho iniziato a suonare la chitarra e scrivere canzoni, era davvero solo per incontrare ragazze! Sono un introverso e la musica era un modo per farmi notare dagli altri. Avevo cantato nei cori della chiesa e suonato il piano sulle ginocchia di mio padre quando ero molto giovane, ma quando mi sono svegliato intorno ai 14 o 15 anni, la musica è diventata tutto per me. Un modo per capire chi ero, riflettere sul mondo intorno a me, in modo da poterlo capire. Quando ho scoperto Cat Stevens, Neil Young, Jethro Tull, Elton John, persino Lynyrd Skynyrd; ho scoperto nella loro musica tutte queste emozioni che mi sentivo dentro. Mi sono svegliato!
Una lunga carriera con tanti album, quello cui sei più legato e viceversa quello che non ti ha soddisfatto?
Bella domanda, poiché sappiamo che gli album sono come dei bambini per tutti noi artisti, dirò solo che li amo tutti. Penso che gli album siano anche un’istantanea di dove mi trovo in quel momento, quindi è una domanda difficile cui rispondere. Posso però aggiungere, che i dischi della band che ho adesso – dal 2008/2009 – sono i più onesti e musicalmente soddisfacenti. Tutti questi. L’omonimo album del 1999 è interessante. È un disco oscuro e turbolento che è stato MOLTO difficile da realizzare. Il processo è stato quasi emotivamente insopportabile. Quell’angoscia ed energia sono emerse in questo disco. Il nuovo “At Mercy’s Edge” è probabilmente quello la cui realizzazione mi ha più soddisfatto. La band è al suo meglio creativo e le canzoni sono semplicemente “nate” da noi. E’ stata una vera gioia produrre e mixare questo disco. Non tutti i dischi sono “divertenti” o facili da realizzare, ma questo lo è stato dall’inizio alla fine.
Anche sei album live, quanta importanza ha per te la dimensione concerto?
Gli spettacoli dal vivo sono una forma d’arte completamente diversa dalla creazione di album in studio. Sono sempre carico e con una grande voglia di suonare dal vivo: l’energia, lo zen del tour, gli aspetti tecnici, la famiglia che creiamo, la fratellanza – tutto questo è un’esperienza profonda e commovente. È difficile comprendere quanto alle nostre anime musicali manchi questo aspetto delle nostre vite creative.
Il tuo album l’ho trovato bellissimo, personalmente ho percepito richiami a Springsteen in Greed on fire, a Knopfler in Changes everything, Dylan in Mercy’s edge, sono autori che ti piacciono e ascolti?
Grazie mille. Sono un fan di ognuno di loro. Hanno segnato momenti diversi della mia vita. Springsteen, di cui non ero un grande fan finché non l’ho visto dal vivo, poi l’ho capito! Era un momento “Oh mio Dio, quindi è così che si fa”. Era la leggenda locale a Philadelphia. Ho davvero scoperto Dylan tardi, in “Infidels” all’inizio degli anni ’80, da “ragazzo”. (L’ho visto a Verona nel 1984 – ho provato a far parte dei suoi roadies!) Jokerman è ancora una delle sue tracce più profonde per me. Amo immergermi in profondità nei mondi dei mondi. Mi ha dato la licenza per andare ancora oltre gli schemi nella mia scrittura. Sono uno scrittore intuitivo. Non mi muovo molto bene nelle strutture. Se la strofa, il ritornello, la strofa, il ritornello si adattano a una canzone, bene. Ma non è il mio primo pensiero con la scrittura. Scrivere è come una trance per me e quando alzo lo sguardo e la canzone è finita, beh, forse c’è una struttura, forse no. Questo, secondo me, è il modo in cui penso alla scrittura di Dylan. Magari è un bene per la canzone, non per la radio, non per l’aspetto commerciale, ma è parte di un vero artista.
Living in the top down sembra una canzone spagnola, una specie di flamenco, mi ha colpito, come è nata?
È interessante per me che tu lo dica. Questo viene dal tempo che ho trascorso nel sud della California e dai viaggi pazzi a Tijuana o Rosarita Beach, in Messico. È il sapore di quei tempi fuorilegge che abbiamo avuto. È un grande momento lunatico della mia vita e spero che qualcosa di questo sia venuto fuori.
Avete usato la slideguitar? In Madness ho avuto la netta impressione che si mescolasse alle percussioni.
È una traccia così percussiva! È tutta incentrata sul ritmo composto da Sven, Ross e Freddi! Anche questo è il genio di Ross Bellenoit, ma non c’è la chitarra slide su questa traccia!
One more è una splendida ballata, a cosa ti sei ispirato?
Immagina, è mattina presto e ti stai appena svegliando, in quel momento vedi il tuo partner prepararsi per la giornata mentre sei ancora in uno stato di sogno. Ahhh.
Come hai vissuto il trasferimento dagli Stati Uniti alla Germania? Berlino è un poco la Nashville europea quale laboratorio musicale e ha una lunga storia, che effetto ti fa lavorare in una città così ricca di storia rock?
È interessante, penso che Berlino sia molto simile alla New York negli anni ’80. Un luogo crudo, creativo, sporco – VIVO! Tanta energia e cose che accadono, sempre qualcosa da vedere, sentire, gustare: è una città elettrica. Trasferirsi in Europa è stato facile, avevo sempre desiderato vivere qui e quando mio padre è morto nel 2007, ho sentito di poter lasciare gli Stati Uniti e iniziare una nuova vita. Mi sono sempre sentito più a casa qui. Penso che l’evoluzione del capitalismo in versione rapace abbia rotto il sistema. Ho visto che troppe persone sono rimaste escluse dalle promesse fatte. Il costo del nostro orribile passato non è mai stato saldato, e ora quel debito sta per scadere.
Pure in questo clima di incertezza, progetti futuri? Possiamo sperare di vederti in tour in Italia quando sarà possibile?
Speriamo di potere guardare questa pandemia nello specchietto retrovisore il prima possibile. Stiamo parlando di un tour di fine settembre / inizio ottobre 2021 con la band in Italia. Abbiamo già organizzato un tour europeo, quindi stiamo impegnandoci su questo obiettivo, con l’idea e la voglia di tornare in Italia.
MAURIZIO DONINI
Band:
Joseph Parsons | Voce, chitarra
Freddi Lubitz | Basso, chitarra e voce
Ross Bellenoit | Chitarra e voce
Sven Hansen | Batteria e voce
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https://www.youtube.com/user/josephparsons
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** ENGLISH VERSION **
Good morning Joseph, nice to have you on the pages of Tuttorock, would you like to start telling our readers how you approached music? Your first plays? The idol who triggered the decision to pursue a musical career?
I will say that when I first started to play guitar and write songs, it was really just to meet girls! I’m an introvert and music was a way to help draw others to notice me. I had sung in church choirs and played piano on my fathers’ knee when very young, but when I woke up at around 14 or 15, music became everything to me. A way to figure out who I was, reflect the world around me so I could understand it. When I discovered Cat Stevens, Neil Young, Jethro Tull, Elton John, even Lynyrd Skynyrd; all these emotions were tapped into and reflected in their music. I woke up!
A long career with many albums, the one you are most attached to and vice versa the one that didn’t satisfy you?
Well, since we know that albums are like children to all us artists, I’ll just say I love them all. And since I also think that albums are a snapshot of where I am at that time, it’s also a difficult question. I will say that the records from the band I have now – since 2008/2009 – are the more honest and musically satisfying. All of them. The 1999 self titled album is an interesting one. It’s a dark, turbulent record that was VERY difficult to make. The process was almost emotionally unbearable. That angst and energy came through on this record. The new one ‘At Mercy’s Edge’ was probably the most fulfilling to make. The band is at its creative best and the songs just ‘fell out’ of us. I really enjoying producing and mixing this one. A real joy. Not all records are ‘fun’ or easy to make, but this one was from top to bottom.
Even six live albums, how important is the concert dimension for you?
Live shows are a completely different art form than making albums. I am always charged up to play live: the energy, the zen of touring, the technical aspects, the family we create, the brotherhood – all of it is a profound and moving experience. It’s hard to overstate how much our musical souls miss this aspect of our creative lives.
I found your album beautiful, personally I perceived references to Springsteen in Greed on fire, Knopfler in Changes everything, Dylan in Mercy’s edge, are they authors you like and listen to?
Thank you so much. I am a fan of each of them. Yet, each of them at different times in my life. Springsteen – I wasn’t a big fan until I saw him live and then I GOT IT! It was a ‘Oh my, so this is how it’s done’ moment. He was the local legend in Philly. I really discovered Dylan late, on ‘Infidels’ in the early 1980’s as a ‘kid’. (I saw him in Verona in 1984 – I tried to join the road crew!) Jokerman is still one of his deepest tracks for me. I love a deep dive into the worlds’ woes. It gave me license to go even further outside the box in my writing. I’m an intuitive writer. I don’t fall into structures very well. If the verse, chorus, verse, chorus fit a song, great. But it’s not my first thought with writing. Writing is like a trance for me and when I look up and the song is done, well, maybe there is structure, maybe there isn’t. That, in my opinion, is how I think of Dylan’s writing. Song for the sake of the song, not the radio, not for any commercial aspect, a true artist.
Living in the top down sounds like a Spanish song, a kind of flamenco, it struck me, how did it come about?
That’s interesting to me you say that. This one comes from my time in southern California and the crazy trips to Tijuana or Rosarita Beach, Mexico. It’s the flavor of those outlaw times we had. It’s a great moody time of my life and I hope some of that came across.
Have you used the slideguitar? In Madness, I had the distinct impression that it mixed with percussion.
It’s such a percussive track! It’s all about the rhythm and you nailed it – Sven, Ross & Freddi! Although, that is the genius of Ross Bellenoit, there is no slide guitar on this track!
One more is a splendid ballad, what inspired you?
Imagine, the early morning and you’re just waking up and you see your partner getting ready for the day while you’re still in dream state. Ahhh.
How did you experience the move from the United States to Germany? Berlin is a bit of the European Nashville as a music laboratory and has a long history, how does it feel working in a city so rich in rock history?
That’s interesting, I think of Berlin much like New York City in the 80’s. Raw, creative, dirty – ALIVE! So much energy and things happening, always something to see, feel, taste – it’s an electric city. Moving to Europe was easy, I had always wanted to live here and when my father died in 2007, I felt I could leave the states and start a new life. I’ve always felt more at home here. I do think that the evolution of raw capitalism has broken the system. WAY too many people are left out of it’s promise. The cost of our horrible past has never been paid. That debt is coming due now.
Even in this climate of uncertainty, future projects? Can we hope to see you on tour in Italy when it is possible?
We are hoping to get this pandemic in the rearview mirror as soon as possible. We are talking about a late September/early October 2021 tour with the band in Italy. We already have a European tour set up, so we’re putting the energy out there we would LOVE to come back to Italy.
MAURIZIO DONINI
CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.