Intervista all’autore Francesco Gallina
In occasione dell’uscita del libro “Adepti della Chiesa del Metallo” abbiamo intervistato l’autore Francesco Gallina
Ciao Francesco come stai? Come trascorri queste giornate in cui tutti noi siamo costretti a casa?
Ciao Monica. Innanzi tutto grazie per lo spazio che mi concedete e un saluto a tutti i vostri lettori. Beh, suppongo più o meno come tutti, ossia facendo ciò che è possibile e badando a seguire comportamenti virtuosi, data la gravità della situazione. Nel mio caso devo dirti che per me non è cambiato molto, dato che prima del Coronavirus trascorrevo i tre quarti del mio tempo a casa scrivendo al PC e ora… pure. Quello che è strano – o forse non lo è per nulla – è che questa assenza di scadenze da rispettare rende tutto un po’ meno avvincente, meno urgente. Di conseguenza anche meno “saporito”, ma suppongo sia inevitabile. Poi si ascolta musica, si guarda la televisione e si fanno incredibili scoperte. Finalmente sono riuscito dopo anni a spiegare la forma così strana di quell’attaccapanni che è vicino al mio letto. Pensa: era un tapis roulant.
Hai appena pubblicato “Adepti della Chiesa del Metallo”. Libro che ci fa conoscere il passato per vivere il Metal presente. Com’è nata questa “riflessione”?
La mia idea era quella di parlare a tutti e non necessariamente solo agli “Adepti” della nostra chiesa del metallo. Il discorso che ho voluto fare è infatti più ampio e va oltre la musica. Ho usato la descrizione del mondo del metal negli anni Ottanta viaggiando sul filo dei ricordi (anche con passaggi piuttosto divertenti, credo) come pretesto e come collante tra i capitoli, per parlare del presente e per cercare di intuire qualcosa sul futuro. Allargando il discorso alla nostra società nel suo complesso e affrontando argomenti non solo legati alla musica in senso stretto, ma anche alla cronaca, alla comunicazione, alla filosofia, alla critica, alla sociologia, all’estetica, alla storia, alla religione (paragonando le manifestazioni estetiche e comportamentali del metal all’assetto delle chiesa cattolica, ritrovando una serie di analogie strutturali tra i due mondi) e molti altri. Nel libro troverai citazioni di Pasolini, Don Gallo, Margherita Hack, Pietro Grasso, Elisabeth Noelle-Neumann per citarne alcune. Ma anche riferimenti a Totò e a Ficarra e Picone. Pensa che nonostante il titolo e la presenza della musica quasi in ogni passaggio, Amazon l’ha inserito nella categoria “Storia e Studi Sociali” e non appunto in “Musica”. A proposito, data la situazione causata dal Coronavirus e la conseguente chiusura di libreriee e case editrici, l’opera in questo momento si può comprare solo sulle piattaforme digitali come Amazon, oppure iBS, Mondadori e tutte le altre.
Siamo “colleghi” di webzine diverse, a te com’è nata la passione dello scrivere di musica? Quando hai iniziato?
La mia storia come scrittore, ammesso che mi si possa definire tale, è descritta nel libro. L’ho usata come base di partenza per parlare di comunicazione in campo heavy, parlando del passaggio dalle fanzine cartacee alle webzine e per descrivere l’etica che chi scrive di musica ai tempi del Web (ma anche a prescindere dal mezzo espressivo adottato) dovrebbe possedere e la sua struttura come recensore. Il libero accesso alla scrittura concesso dal Web ha democratizzato la questione, se così si può dire, ma ha anche abbassato la qualità media dell’analisi e della validità letteraria di quanto pubblicato. Senza con questo criticare il mezzo (anzi, esaltandolo), ma solo il suo uso. In sintesi: ho cominciato scrivendo per una fanzine a sedici anni, a diciassette sono passato a una rivista. Poi, all’inizio degli anni 2000 a una webzine e infine ai libri. Insomma: Dalla carta… alla carta.
In “Adepti della chiesa del Metallo” ti avvali di alcuni contributi: Giacomo Voli, Fabio Lanciotti, Antonio Keller e tanti altri, come sono nate queste collaborazioni?
Le collaborazioni esclusive riportate in quarta di copertina sono undici, ma anche altri come la musicologa Roberta Coppone, Davide Bruno (Metatrone) o Dani Macchi (Belladonna) hanno dato dei contributi e li ringrazio. Alcuni interventi sono stati possibili in quanto frutto di amicizie che ho sviluppato nel corso degli anni, altri vengono da personaggi che ho contattato per l’occasione, i quali mi hanno poi dato la loro disponibilità. Per quanto riguarda Giacomo Voli (Rhapsody of Fire) e Tony D’Alessio (Banco del Mutuo Soccorso) hanno scritto un contributo nel quadro di una lunga parte del libro dedicata al nefasto effetto dei talent sulla scena. A questo aspetto si legano anche quelli di Fabio Lanciotti e Antonio Keller nella loro qualità di discografici e quello di Giuseppe Scaravilli (scrittore e musicista dei Malibran). Flegias (Necrodeath, Cadaveria) è intervenuto a proposito dell’impatto del Web e degli effetti del suo uso sul mercato e sui possibili guadagni delle band. Fabio Rossi (scrittore e critico) e Tony Fontò (White Skull) hanno offerto il loro ricordo di concerti storici ai quali hanno partecipato, legandoli ai miei. Zorama (musicista, autore per Mina) è intervenuto nel quadro del discorso dell’asservimento delle radio alle case discografiche e infine Floriana Ausili (storica dell’arte) nel capitolo sulla sovrapponibilità dei modelli estetici della chiesa ufficiale con quelli del metal. Ultimo, ma non ultimo, Gianni Della Cioppa, forse il giornalista e scrittore metal più noto in Italia ha curato la prefazione. Tutti hanno accettato con entusiasmo e senza chiedere niente in cambio e per questo li ringrazio ancora pubblicamente.
Nel 2019 hai dato alle stampe “Donne Rocciose”, un bellissimo libro sulle donne rock ugualmente coinvolgente e appassionante. Da dove avevi tratto ispirazione?
L’ispirazione era venuta da una serie di scritti che nel corso degli anni avevo prodotto per Metallized.it, la webzine per cui scrivo ormai da quindici anni. Una volta messo insieme quasi per gioco il materiale che avevo scritto sull’argomento mi sono accorto che avrebbe potuto costituire la base per un libro sulla presenza delle donne nel mondo del rock e sulla loro importanza come modello femminista e per l’intera società. Ho riscritto e aggiornato ogni cosa, ho aggiunto parecchio materiale nuovo, ho dato un filo logico al tutto e ho sottoposto il progetto alla Arcana – probabilmente la casa editrice più nota del settore – che lo ha approvato praticamente seduta stante. Quello che mi preme sottolineare è che anche in questo caso il libro è basato sul rock e su una serie di donne che lo vivono o lo hanno vissuto in pieno, con la musica quindi massicciamente presente con biografie, dischi, aneddoti poco noti e altro, ma aspira ad andare oltre. Io interpreto la musica come il più potente e immediato veicolo di emozioni/informazioni che la mente umana abbia mai concepito e credo che quando se ne scrive, l’intermediazione letteraria vada usata al meglio delle sue possibilità. La musica è un’arte intrinsecamente sincretica e come tale non deve essere svilita raccontando meno di quello che si potrebbe. Almeno quando si usa un medium adatto come un libro.
Ora hai già in mente di scrivere un nuovo libro?
Guarda, per quanto riguarda la scrittura e la musica sono assolutamente compulsivo. Fosse per me non farei letteralmente altro H24. Avevo due o tre idee che mi giravano in testa per un possibile libro successivo già mentre cominciavo a scrivere questo. Tuttavia, dopo averne pubblicato due per complessive 750 pagine in nove mesi, credo sia meglio tirare un po’ il freno a mano. Farò finta di non pensarci affatto mentre continuerò a farlo senza ammetterlo, cercherò di distrarmi in ogni modo senza riuscirci e poi, dopo aver giurato su Steve Harris che non lo avrei fatto prima di un anno, mi sorprenderò con un paio di capitoli scritti senza averci fatto caso. Rimproverandomi aspramente, peraltro. Quel che è certo è che in ogni caso aspetterò un pezzo prima di sottoporre qualche bozza di testo alla casa editrice, proprio per non inflazionare il mercato.
Vuoi aggiungere dell’altro a questa chiacchierata e salutare i lettori di Tuttorock?
Intanto ringrazio loro per avermi seguito fin qui e l’intero staff di Tutto Rock, che poi è un esempio di webzine rette dalla passione cui faccio riferimento nel libro, per l’attenzione avuta nei miei confronti. Invito tutti a seguire la pagina di “Adepti della Chiesa del Metallo” su Facebook e a contattarmi direttamente per ogni curiosità in merito. Per il resto credo che lasciarvi con una frase estrapolata dall’introduzione del libro possa dare qualche idea sul modo in cui ho approcciato la scrittura di questo testo:
“Un viaggio per ricordare il modo in cui un ragazzo come tanti, proveniente da un piccolo paese o da una grande città, senza possibilità di contatti con le scene sottoculturali europee, sentisse la spinta insopprimibile di mutare dentro e fuori e ne subisse le conseguenze in termini di discriminazione e prepotenze. Per dare la giusta dimensione al nostro vivere quotidiano e guardarci allo specchio senza vedere solo un simulacro di noi stessi, ma recuperando la coscienza di come il potere della musica sia capace di salvarci ancora a patto di viverla davvero, di non confinarla soltanto in un’interminabile sequenza di bit e di restituirla alla sua dimensione più naturale.
La musica ci salverà, se la salviamo”.
Ecco, a me piacerebbe che tutti vedessero la musica o altre forme d’arte di pari potenza ed espressività per quello che sono: magnifiche possibilità di salvezza. Dei salvagente dell’anima su cui poter contare per tutta la vita.
Grazie Francesco per la tua disponibilità e conoscenza della Musica.
A cura di MONICA ATZEI
Insegnante, classe 1975, medioevista ed immersa nella musica sin da bambina. Si occupa per Tuttorock soprattutto di interviste, sue le rubriche "MommyMetalStories" e "Tuttorock_HappyBirthday". Scrive per altri magazine e blog; collabora come ufficio stampa di band, locali, booking e con una label.