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Intervista al trio DELPT

Intervista al trio DELPT

In occasione dell’uscita del loro primo irriverente album: “Un, due, tre… Stalla!” abbiamo intervistato i DELPT: Andrea Tataranno in arte “Delio Catetere”, Daniele Russo o “Johnny Clistere” e Sergio Tataranno detto “Ser Coloplastico”.

Cominciamo dal vostro nome: cosa significa “DELPT”? E’ l’acronimo di qualcosa?

Quando abbiamo iniziato a suonare assieme, durante gli anni universitari, abbiamo deciso di chiamarci Delio e le Pecore Tose in una sorta di reverenziale tributo agli Elio e le Storie Tese. Col passare del tempo abbiamo propeso per l’acronimo, sia per evitare fuorvianti assonanze, sia per la differente matrice musicale.

Leggendo la sigla per la prima volta mi è venuto in mente quello slang tipico della cultura internet, ovvero “DERP” un termine molto presente nei c.d “meme”, ampiamente utilizzato nella sottocultura internet con accezione beffarda di “idiozia”. Il meme in sé racchiude un concetto interessante (pensiamo che è stato Richard Dawkins a coniarlo nel suo libro “Il gene egoista”), ovvero quello di ironizzare sui comportamenti della cultura di massa attraverso immagini, gif e video, andando quindi a sostituire le antesignane vignette umoristiche presenti su quotidiani e riviste. Ascoltando le vostre canzoni ho avuto proprio questa percezione: ovvero che abbiate portato in musica il concetto della meme, dissacrando il naturale concetto di lirica o testo di una canzone. Cosa ne pensate?

Quello che dici è molto interessante e perfettamente in linea con la nostra “vision”. I concetti di ironia, grottesco e dissacrante fanno parte del nostro bagaglio culturale. Tutti e tre abbiamo frequentato il liceo e ancora oggi ricordiamo le lezioni su Calvino, su Pirandello e su Pietro Aretino. Purtroppo, il nostro status di boomer non ci consente di padroneggiare quanto vorremmo le infinite sfaccettature del mondo di internet; però, quando possiamo, ci lasciamo felicemente sedurre dal sottile humour dei meme o dagli stravaganti nonsense di TikTok.
Tornando alla musica, i nostri brani nascono con l’idea di raccontare una storia e come tutte le storie prendono ispirazione dalle persone, dagli stereotipi, senza accontentarsi di una semplice narrazione ma conferendole un carattere parodistico. Ad esempio, con “l’Elfo di Babbo Natale” abbiamo cercato di ridare dignità al bistrattato elfo, infaticabile fattorino del moderno Natale.

All’ ascolto percepisco “Un, due, tre… Stalla!” come un album goliardico che ha una forte retaggio dei primissimi anni ’80: da una parte il synth pop con le melodie tipiche della new wave genere Yazoo o Depeche Mode (“Supereroi”, la prima traccia richiama veramente l’attacco di “I Can’t Get Enough”)… dall’ altra avverto la componente stereofonica: un’eredità analogica delle vecchie sigle anime cantate dai “Cavalieri del Re”, autori di grandi successi per RCA: L’uomo Tigre, Yattaman, ma anche Siglandia: Ken il guerriero, Devilman… solo per citarne alcuni. Quali sono le vostre ispirazioni?

Hai centrato il punto! La musica dei DELPT nasce da una profonda passione per la musica, il mondo nerd, la synth pop e la new wave anni ‘80. Per quanto riguarda le nostre ispirazioni musicali, queste sono veramente molteplici: i Duran Duran e gli Spandau Ballet, i Tears For Fears, i Depeche Mode, Franco Battiato, i Righeira, tutte le sigle dei cartoni animati, i Cavalieri del Re di Riccardo Zara, le compilation “Bimbomix” della Baby Records.
Non abbiamo, invece, significative referenze riguardo ai testi; la scrittura ha quasi sempre un approccio goliardico e parodistico, e nella maggior parte dei casi si ispira alla vita reale, a momenti particolari a cui siamo legati, alle amicizie, ai personaggi incontrati e al loro vissuto o anche semplicemente agli avvenimenti familiari. Il resto è frutto di una dirompente fantasia!

Parlando di film, anime, fumetti e in generale cultura pop di quel periodo, cosa vi è rimasto più impresso?

Ti rispondiamo coralmente, perché qui ci sarebbe da scrivere per un saggio di narrativa. Ci siamo dovuti veramente impegnare per essere più sintetici possibile. Ovviamente la memoria ci riporta alle tante mattinate trascorse in casa (magari per colpa di una finta febbre) a guardare quei cartoni animati o quelle serie tv che andavano in onda soltanto durante le ore scolastiche, alle tante ore passate a smontare e rimontare i pezzi del Ciao e della Vespa, agli outfit obbrobriosi (fra tutti i Levi’s rossi a zampa di elefante e le Cult con la punta in metallo), agli scambi di figurine e di fumetti.
Parlando di cultura pop, come dimenticare il Walkman, la tessera di Blockbuster e le Polaroid. E poi i film… ancora oggi riguardiamo volentieri i Goonies, la Storia Infinita con la colonna sonora di Moroder, la saga di Ritorno al futuro, la saga di Indiana Jones e tutte quelle pellicole dissacranti come Scuola di Polizia, Top Secret! e Balle spaziali. Come direbbe il Presidente Scrocco: “Che lo sforzo sia con te!”.

Osservando la copertina di “Un, due, tre… Stalla!” si evince immediatamente che siete dei ragazzotti un po’ cresciuti e che abbiate ancora moltissima voglia di mettervi in gioco.
Qual è la storia dietro a questo scatto?

Effettivamente non siamo proprio dei giovincelli, anche se l’attitudine giovanile è rimasta nel tempo immutata. E finalmente a luglio di quest’anno, dopo una lavorazione di circa tre anni, siamo riusciti a pubblicare il nostro primo EP, “Un, due, tre… Stalla!”. Il titolo è nato per caso, mentre immaginavamo la copertina dell’album.
L’idea di partenza era quella di riuscire a rappresentare con un’unica immagine tutte le sfaccettature del nostro “mondo musicale”, dalla rusticità del nostro sound alla semplicità delle nostre melodie.
Ci siamo ritrovati nel giardino di Ser Coloplastico, davanti ad una casetta di campagna per bambini, con rastrelli e carriole; tre contadini, tre “coltivatori” della musica nella loro “stalla”. Et voilà: Un, due, tre… Stalla!

Le vostre canzoni sembrano seguire un flusso di pensiero senza interruzioni alla “Ulysses” di James Joyce. Mi sono immaginata un operaio che durante il turno fantastica su un mondo ideale dove poter evadere dalla monotonia, così nasce una canzone come “Bappa du”, in cui l’autore si convince che se il suo singolo diventerà un tormentone finalmente sarà libero dai social e metterà da parte qualche milione. Ma concretamente come nasce una canzone dei DELPT?

Noi viviamo in tre città diverse e lontane fra loro (Milano, Bologna, Roma). Fortunatamente, con l’ausilio dei moderni software, abbiamo potuto condividere le nostre idee musicali, costruendo un po’ alla volta la nostra identità artistica. Il processo di composizione/scrittura avviene più o meno in questo modo.
Quando arriva l’ispirazione (un suono, una melodia, un pattern di batteria, qualsiasi cosa possa accendere la scintilla), Delio realizza una base primordiale sull’IPad e poi la invia in chat con un titolo approssimativo.
Johnny si occupa della stesura del testo; anche in questo caso la prima bozza è spontanea, ma spesso è già “buona la prima”; registra la voce e gira il file in chat. Tutti insieme scartiamo ciò che non ci piace e identifichiamo le parti da elaborare. A questo punto interviene Ser, cercando di arricchire il brano con qualche armonizzazione o qualche fraseggio in più. Per alcuni brani il processo è stato molto veloce; per esempio, Bappa Du è stata realizzata in circa 15 giorni. Per altre, come Tempo, ci sono voluti diversi mesi prima di raggiungere la piena soddisfazione.

A che tipologia di pubblico si rivolge il vostro album? E a chi lo sconsigliereste?

Dal 2021 ad oggi, ovvero dalla pubblicazione del primo singolo “Matrimoni” a quella dell’EP, abbiamo constatato come l’audience si allargasse sempre di più. I primi fan sono stati i nostri coetanei, abituati a certe sonorità e intrigati dai molteplici riferimenti a film, cartoni animati e canzoni della loro infanzia; a questi, dopo la pubblicazione dell’Elfo di Babbo Natale, si sono aggiunti i bambini, che ci hanno fatto comprendere la bellezza della semplicità e del linguaggio universale.
Ci sentiamo di sconsigliare l’ascolto della nostra musica ai colleghi musicisti più intransigenti e oltranzisti, ai “detrattori seriali” e ai decadentisti.
La sfida per il prossimo futuro, invece, sarà quella di di conquistare il cuore (e le orecchie) dei Millenials e dei Centennials.

“Supereroi” la prima traccia è cantata insieme a Greta Cominelli, mi volete raccontare di questa collaborazione?

Le cose migliori sono sempre quelle che nascono per caso.
Mentre stavamo lavorando all’arrangiamento del brano, abbiamo fatto ascoltare il ritornello al nostro “consulente tecnico” di fiducia, il chitarrista e compositore Renato Caruso. In quei giorni il Maestro era spesso in sala di registrazione per ultimare i brani che avrebbero poi fatto parte del primo EP di Greta. La nostra canzone è piaciuta tantissimo a Greta e noi, con un po’ di sfacciataggine e con tanta speranza, le abbiamo chiesto se volesse prestarci la sua splendida voce. Il resto è storia. Oltre al suo cameo vocale, abbiamo potuto godere anche della sua carismatica presenza scenica all’interno del videoclip. Penso proprio che la soddisfazione sia stata reciproca, tant’è che contiamo di riaverla presto per un altro brano, magari già nel prossimo EP.

Qual è il vostro supereroe e che insegnamento vi ha lasciato?

Ser: il supereroe è per definizione una figura dotata di qualità sopra la media, che sia in grado di influenzare lo sviluppo immaginativo e sociale. Ogni età ha e ha avuto il suo supereroe, sarebbe riduttivo e di non semplice risoluzione identificarne uno in assoluto. Ma ne cito tre: Diego Armando Maradona, Freddie Mercury e Silvester Stallone. Parlando invece di “insegnamento”, è sufficiente citare i genitori, co-autori dell’integrità morale e della persona che sono oggi.

Johnny: il mio supereroe si sveglia presto tutte le mattine ed ha sempre qualche lavoro da fare, nonostante sia in pensione. Mi ha i trasmesso il valore della famiglia e del rispetto, e che tutto è possibile se si crede in sé stessi e ci si impegna a fondo per realizzare propri desideri.

Delio: i nonni, che mi hanno insegnato a leggere fra le righe, ad usare la fantasia e a vivere appieno la vita.

Grazie e in bocca al lupo per il vostro album!
Grazie a te per questa “coloratissima” intervista!

SUSANNA ZANDONÁ