Intervista ai Mathilde Montoro alle prese col primo (omonimo) EP
In occasione dell’uscita del primo EP abbiamo intervistato i Mathilde Montoro (che a dispetto del nome sono tre bei ragazzoni).
I Mathilde Montoro sono Nicola Mansueto (voce/chitarra), Giovanni Boscaini (basso) e Daniele Righetti (batteria/cori): un trio di soli uomini dietro ad uno pseudonomo femminile. Il vostro è un appellativo curioso in quanto suggerisce un soggetto vispo e oserei dire curioso, sulla falsa riga della protagonista del romanzo di Roald Dahl. Tuttavia il nome Matilde trae origine dal nome celtico Math-Hildj e significa “forte in battaglia”. Deriva dall’unione di math, ovvero “forza, potenza”, e hild, ossia “combattimento”. Dunque deduco che si tratti di un tipetto tosto. La vostra Mathilde che tipo è?
La nostra Mathilde sicuramente è un tipo curioso, disilluso ma combattivo con un forte spirito autocritico.
Nella vostra biografia dichiarate di esservi incontrati più volte prima di mettervi insieme. Come è scattata la scintilla che vi ha portato a celebrare questa unione musicale?
Come hai giustamente sottolineato abbiamo sempre suonato in formazioni differenti, col tempo ci siamo resi conto di essere molto affini dal punto di vista umano e con un forte affiatamento dal punto di vista musicale, così abbiamo deciso di cimentarci in un progetto tutto nostro e ad oggi siamo molto contenti della scelta.
Siete una band rock fuori dai “canoni tradizionali”: ambite ad un posizionamento fuori dallo spicchio d’ombra dell’underground?
Sinceramente non abbiamo mai pensato a come “posizionarci”, scriviamo canzoni senza curarci troppo del dopo ma più per l’esigenza che sentiamo nel momento in cui sviluppiamo le idee. Ovviamente la speranza è quella di incontrare un pubblico che si identifichi con quello che facciamo ma per noi non è la priorità.
Il vostro primo EP (omonimo) comprende quattro canzoni che in qualche modo sembrano intessere una storia. Qual è?
Potremmo dire che il filo conduttore è il rapporto con noi stessi. Oggi viviamo in un mondo frenetico, pieno di input e soprattutto con una fortissima sovrapposizione tra ciò che è reale con ciò che è virtuale e queto fa sì che si abbia sempre meno tempo per guardarci dentro, perdendo così di vista l’essenziale.
Con la vostra “Ai Guai” mi avete evocato un altro gruppo italiano che da qualche mese ha celebrato i trent’anni di attività: i Tre Allegri Ragazzi Morti. Forse me li ricordate per questa visione del mondo disillusa e per la spontaneità istintiva e quasi adolescenziale del testo.
Riflettevo sul loro percorso musicale con il passaggio da una c.d ‘major’ ovvero la BGM Ricordi, per poi arrivare a fondare la propria etichetta discografica indipendente ovvero “La Tempesta Dischi” (2000) da loro definita un “collettivo di artisti”. Che dite, ci stareste bene all’interno di questa label o vorreste fondarne anche voi una vostra?
Ti ringraziamo molto perché i Tre Allegri Ragazzi Morti sono tra le nostre band italiane preferite. Sicuramente sarebbe un onore per noi far parte del collettivo della “Tempesta Dischi” in quanto riteniamo che sia una label che ha dato spazio a progetti tra i più interessanti e creativi che abbiamo in Italia e pensiamo che il confronto con altre band sia fondamentale per la nostra crescita.
Per quanto concerne il progetto vi definireste dei tipi sentimentali o piuttosto “introspettivi”?
Entrambe le cose, sicuramente siamo persone molto introspettive ma abbiamo anche un lato sentimentale molto sviluppato, del resto pensiamo che questi due aspetti vadano un po’ di pari passo.
Avete scelto di registrare le parti ritmiche in presa diretta, quali sono le motivazioni della vostra scelta?
Volevamo che i brani suonassero live, che fossero diretti e senza fronzoli e la registrazione in presa diretta è la modalità più adatta. In più ci piaceva l’idea di tornare a fare musica come si faceva negli anni 60/70, quando non c’erano le possibilità che ci sono oggi di fare editing e se da un lato questo rappresenta una limitazione dall’altro a nostro avviso rende i brani più diretti e sinceri, come se fosse una fotografia che esprime quello che eravamo nel momento in cui abbiamo registrato.
Ponete una certa attenzione sul nome di Stefano Vanoni del Revolver Mastering che si è occupato di gestire le tracce dopo il vostro missaggio. Come è stato collaborare con questo professionista?
Con Stefano abbiamo collaborato per altri progetti e lo abbiamo coinvolto in quanto ci piace molto il suo approccio alla musica, riesce ad enfatizzare i punti forti dei brani senza stravolgerli.
Avete in programma un tour o delle date a supporto del vostro ultimo album?
In questo momento siamo in studio per registrare il nuovo album ma sicuramente nel 2025 faremo delle date che pubblicheremo sui nostri canali social.
Vi ringrazio per il vostro tempo e vi auguro in bocca al lupo per la promo della vostra “Mathilde Montoro”
Crepi il lupo e grazie mille per lo spazio che ci avete concesso.
SUSANNA ZANDONÀ
Better known as Violent Lullaby or "The Wildcat" a glam rock girl* with a bad attitude. Classe 1992, part-time waifu e giornalista** per passione. Nel tempo libero amo inventarmi strambi personaggi e cosplay, sperimentare in cucina, esplorare il mondo, guardare anime giapponesi drammatici, collezionare vinili a cavallo tra i '70 e gli '80 e dilettarmi a fare le spaccate sul basso elettrico (strumento di cui sono follemente innamorata). *=woman **=ex redattrice per Truemetal